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15/02/2017 08:20:00

Il processo per voto di scambio a Vito Cimiotta. Parla un amico: "Non ricordo alcun patto"

 Pietro Cavasino, giovane avvocato, figlio del giudice Antonio Cavasino, è stato l’ultimo teste citato dalla Procura nel processo che davanti al giudice monocratico Lorenzo Chiaramonte vede imputato il 32enne consigliere comunale e avvocato marsalese Vito Cimiotta, accusato di aver promesso un “beneficio” (due posti di lavoro al bar dell’ospedale di Marsala) al fine di ottenere voti. A causa dell’indagine, Cimiotta si è autosospeso dal Pd.

Pietro Cavasino ha detto di far parte del gruppo di “amici storici” di Cimiotta, affermando, come gli altri amici ascoltati nel corso del processo, che a lui non risulta che tra l’allora aspirante consigliere comunale (eletto nel Pd, poi autosospesi e infine transitato nel Psi) e i due amici aveva promesso un posto di lavoro al bar del nuovo ospedale di Marsala ci fosse un patto di “do ut des”. Il posto di lavoro, che poi non ci fu (in uno dei due casi per scelta dello stesso amico disoccupato), non sarebbe stato, insomma, vincolato al voto.

“Era solo un nostro pensiero – ha detto Cavasino rispondendo alle domande del pm Silvia Facciotti - che alla base dell’offerta di un posto di lavoro a Francesco Bruscino quest’ultimo ritenesse che Vito Cimiotta volesse il suo voto, ma io e altri amici non abbiamo mai saputo di un patto sinallagmatico. Non ricordo, infatti, un patto: voto in cambio del lavoro al bar del nuovo ospedale di Marsala. Del resto, Bruscino, amico d’infanzia e parente di Cimiotta, dopo alcuni giorni di tentennamento, decise di votare per un altro nostro amico, Abrignani, anche lui candidato al Consiglio comunale. E poi non volle quel posto”.

Rispondendo alle domande del pubblico ministero, Pietro Cavasino ha cercato di precisare meglio quanto a suo tempo dichiarato agli investigatori (sezione di pg della Guardia di finanza della Procura) e quando il rappresentante dell’accusa lo ha incalzato ricordandogli che aveva detto “posto di lavoro, in cambio del voto”, il teste ha ribadito che quello era solo un suo “pensiero” e comunque la sintesi di quanto spiegato “nell’arco di almeno cinque minuti”.

Cavasino ha, inoltre, affermato che in quella campagna elettorale il “gruppo di amici storici”, ex compagni di scuola, si era diviso in due. Alcuni erano per Cimiotta, altri per Gianpaolo Abrignani, altro amico comune, che però era in una lista che sosteneva il candidato sindaco Massimo Grillo. Il 10 aprile ci sarà l’autodifesa di Vito Cimiotta, che è difeso dagli avvocati Stefano Pellegrino e Arianna Rallo.