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28/02/2017 06:00:00

"Abitare i margini", per elaborare con i media una pedagogia civile contro la mafia

 Imperdibile occasione di riflessione e confronto, il Seminario Nazionale “Abitare i Margini”, organizzato dal Settore Formazione di Libera, celebra quest’anno, nella Capitale, la sua Decima Edizione. Michele Gagliardo, Elisa Crupi e Giuseppe Parente ne ripercorrono la genesi e il cammino nella prefazione ad “Abitare la scuola per costruire legami di giustizia”: “Siamo partiti dai margini, dalla necessità di riaffermare il ruolo della scuola nelle situazioni più difficili. Per individuare, insieme, priorità e modelli di intervento, per costruire una scuola del riscatto, per realizzare efficaci percorsi di educazione alla cittadinanza, per praticare una ‘pedagogia della resistenza’ “. Da qui la necessità di penetrare nelle profondità della proposta educativa mafiosa, per elaborare e sviluppare una vera e propria pedagogia civile. Di indagare a fondo le relazioni esistenti tra mafie ed economia, per capire come i due sistemi si tengono insieme, quale progetto di uomo e di mondo perseguono. Di riportare la scuola e i docenti ad un ruolo centrale nella costruzione di un modello di sviluppo sociale e solidale, fondato sulla giustizia, l’uguaglianza e la libertà. 

Del resto, basta scorrere solo alcuni dei temi che,dal 2007 al 2017,hanno caratterizzato ”Abitare i margini” – ‘Dall’illegalità diffusa alla pedagogia civile’, ‘Riscoprire l’educazione, vivere la giustizia’, ‘Una scuola impegnata tra crescita e sviluppo’ – per avere contezza di questo decennale itinerario di ricerca.

Destinato ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, il Seminario, quest’anno, oltre ad una sparuta rappresentanza di dirigenti, ha visto la presenza di oltre un centinaio di partecipanti, così suddivisi: 29 insegnanti della primaria, 24 della secondaria di primo grado, 49 della secondaria di secondo grado, 3 educatrici. 33 provenienti dal Sud (9 dalla Campania e dalla Puglia, 8 dalla Sicilia, 4 dalla Calabria e 3 dalla Basilicata) 38 dal Centro (15 dal Lazio, 10 dall’Umbria, 7 dalle Marche, 4 dalla Toscana e 2 dalla Sardegna) 34 dal Nord (10 dal Veneto, 8 dal Piemonte, 7 dalla Lombardia, 5 dalla Liguria, 3 dall’Emilia e 1 dal Friuli).

Per la pregnanza delle tematiche trattate, per l’indiscutibile autorevolezza dei relatori, per l’ampiezza e la qualità del dibattito, il tentativo di restituire una sintesi esaustiva dei lavori è davvero mission impossible. Va detto subito, però, che, se l’obiettivo del Seminario era quello di procedere ad una disamina critica delle produzioni mediali su mafie e antimafia, per fornire ai docenti impegnati nei percorsi di educazione alla legalità, strumenti di decodifica delle stesse, esso è stato, in buona sostanza, raggiunto. Sia per ciò che attiene alle produzioni ‘alte’(cinema,TV, letteratura, fotografia, etc.) che a quelle ‘basse’(dai neo-melodici messicani che cantano le gesta dei narcotrafficanti ai neo-melodici partenopei che celebrano le imprese delle ‘paranze’, dalla pubblicità alle catene di ristoranti). Marcello Ravveduto – docente di Public and Digital History presso l’Università di Salerno – ne ha dato plastica rappresentazione, elevando ad oggetto principale della sua analisi una pietra miliare: “Il Padrino”. Opera letteraria di Mario Puzo, da cui Francis Ford Coppola ha tratto l’omonimo film. Che, in rapida, inarrestabile successione, genera tutta una sfilza di B-Movie, serie televisive, slogan pubblicitari – per Ikea, Pepsi Cola, Sky, etc. – produzioni musicali (con centinaia di migliaia di visualizzazioni) e – addirittura! – intere catene di ristoranti (dalla Spagna alla Grecia al quartiere ‘Palermo’ di Buenos Aires). Ravveduto ha comunicato i dati registrati – autentico scoop, ottenuto con un profilo ‘fake’ – seguendo la rete d’amicizie, i dialoghi e le imprese dei minori delle ‘paranze’, inneggianti a Bin Laden, Cutolo, Escobar. Carlo Andorlini – formatore sui sistemi collaborativi e sull’innovazione sociale – s’è chiesto, invece, “Cosa significa, oggi, ‘Stare sui margini’?”. Ha raccontato dati di realtà ed esperienze maturate in giro per l’Italia che anticipano il nostro, imminente futuro: il 25% dei giovani tra i 18 e i 25 anni pratica il baratto, 1 su 4 viaggia con il Car Sharing. A Brescia c’è un Banco di Comunità, nel quale si mette reciprocamente a disposizione parte del proprio tempo, per rendere gratuitamente un servizio. A Milano è nata l’App ‘Last Minute’: permette ai clienti, a fine giornata, l’acquisto del pesce pregiato rimasto invenduto. A Firenze è sorta la badante di condominio. A Torino la ‘Caritas’ ha promosso il Progetto “Fa bene”:i volontari scongiurano lo spreco, curando la raccolta e la distribuzione, in giornata, degli alimenti rimasti sul banco di numerosi esercizi commerciali, a persone che vivono sulla soglia della povertà assoluta e s’impegnano, in cambio del sostegno alimentare ricevuto, a svolgere attività rivolte alla cittadinanza. Tutte esperienze che segnalano nuovi legami di comunità fondati sulla solidarietà e sulla collaborazione. Che cercano di scavalcare i margini – magari con la mongolfiera che campeggia nel nuovo ‘logo’ – per costruire nuove responsabilità.“Best Pratics”da disseminare ovunque:nuova frontiera dell’Antimafia Sociale.

Con Enzo Monteleone – sceneggiatore e regista: “Mediterraneo”, “Marrakesh Express”, “Il Capo dei Capi” – s’è discusso del rischio – sperimentato non tanto a Trieste o a Milano quanto in determinati contesti, specie in Sicilia – di eterogenesi dei fini delle fiction di mafia: troppi adolescenti, infatti,subiscono ancora il subdolo fascino del male, trasformando spietati killer in eroi positivi (vedi ‘Pocket Coffee’, nel “ Capo dei Capi”).

Con Miki Marmo – presidente “Vedogiovane” e “Associanimazione” – dopo la sua puntuale definizione di “Immaginario” (“scenario, mutante nel tempo, di modelli di vita, aspirazioni, valori, miti, riti e simboli”) su come, nel ‘Tempo dello Spaesamento’, siano proprio i media a determinare o ad adattarsi ai gusti del pubblico: ecco perché occorre fornire ai ragazzi strumenti di analisi critica. Giacché, “così come per noi, un tempo, la pratica della scrittura, non era il miglior viatico per diventare scrittori, ora, per i nostri studenti – Nativi Digitali – il fatto di utilizzare di più i media, non significa certo che riescano a decodificarne i messaggi”. Flavia Montini – settore Comunicazione di Libera – infine (dopo aver evidenziato che “un essere umano ricorda il 10% di quel che vede, il 20 di ciò che ascolta, il 50 di ciò che vede e ascolta e l’80% di ciò che vede, ascolta e fa”) servendosi di una video-inchiesta su un campo Rom, di spezzoni della serie tv “Gomorra”,del film di Marco Tullio Giordana “Lea”e della trasmissione di Carlo Lucarelli,“La Tredicesima Ora”, ha indicato ai docenti che utilizzano le variegate produzioni mediali, un itinerario possibile: a) Visione guidata e confronto di opinioni tra gli studenti; b) Stessa storia riproposta più volte con strumenti diversi ; c) Visite presso luoghi simbolici; d) Incontro con un testimone o con parenti di vittime di mafia. “Organizzare ‘scientificamente’ i percorsi didattico-educativi, significa trasformare la semplice visione di un film in una preziosa occasione di sperimentazione didattica e di crescita umana e civile”,così il responsabile nazionale della Formazione di Libera, Michele Gagliardo. Che, invitando tutti a partecipare, il 21 Marzo, alla Giornata della Memoria e dell’Impegno (quest’anno si svolgerà a Locri e sarà dedicata alla Speranza e alla Bellezza) ha chiuso l’incontro, proponendo di far adottare ad ogni classe un Nome e una Storia: di donne e bambini vittime di mafia, di caduti nella pericolosa e, spesso, solitaria battaglia per la difesa dell’ambiente.

E,a questo punto,potrebbe concludersi anche questo stringato resoconto.Non senza prima far cenno, però, alle produzioni dei sei gruppi di lavoro, suddivisi per gradi di scuola, tutte all’altezza degli input dei relatori. Per ragioni di spazio, più che sugli interventi che ogni gruppo ha progettato, vorrei spostare il ‘focus’ sull’interrogativo dal quale i docenti, veri protagonisti dell’evento, hanno preso l’abbrivio. Quelli della Primaria, arrovellandosi su: “Come parlare di argomenti ‘forti’ ai bambini?” . Quelli della secondaria inferiore – con la testa a Denise e a sua madre, Lea, calabrese, trucidata a Milano dalla ‘famiglia mafiosa’ del marito – tormentandosi: “Quale ruolo per una mamma, nel contesto mafioso?”. Quelli delle superiori, infine, accalorandosi: “Quali contenuti, metodi, tempi di realizzazione, strumenti? (Film o docufiction? Serie tv o video autoprodotto? Videoclip o parodia?).

Tre splendide giornate romane di lavoro che, con altri colleghi (di Lecce, Genova, Treviso) s’era deciso di suggellare con una proposta a Libera: non ce n’è stato più il tempo. Quindi, la lancio io, da qui, anche per loro: avviare una campagna di sensibilizzazione per introdurre nel curricolo delle scuole di ogni ordine e grado, un Sapere irrinunciabile nella Società dell’Immagine e della Conoscenza: la ‘Media Education’. Per dare agli allievi le competenze necessarie a governare le nuove tecnologie senza esserne dominati.

G.Nino Rosolia