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05/03/2017 18:32:00

Caso Consip, tra giustizia, politica e morale

 di Leonardo Agate. Entrare da osservatore nel caso Consip é come avventurarsi in un esteso ginepraio.

La Consip é l'ente centralizzato di acquisti della pubblica amministrazione. La sua costituzione fu dettata dall'esigenza di appaltare a livello nazionale gli acquisti, in modo da risparmiare sulla spesa complessiva. Un certo risparmio di spesa c'é stato. Fin qui tutto bene. Solo che la magistratura indaga da mesi su reati che sarebbero stati commessi negli appalti effettuati.

I carabinieri fecero mettere le microspie negli uffici dell'ente per ascoltare i discorsi che si facevano là dentro. L'inchiesta fece passi avanti, poi ebbe uno stop imprevisto. Gli intercettati ebbero notizia che erano sotto controllo della magistratura e dei carabinieri, e l'amministratore delegato della Consip, Alessandro Marroni, fece disinstallare le microspie. Interrogato dai carabinieri da chi fosse stato informato delle indagini segrete, dichiarò che ne era stato avvertito dal presidente della Consip, Luigi Ferrara, che a sua volta era stato messo in guardia dal comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette.

Nonostante l'intoppo delle tolte microspie, l'indagine della magistratura e dei carabinieri ha continuato, e si é arrivati da qualche mese all'iscrizione nel registro degli indagati di persone di notevole livello imprenditoriale, politico e istituzionale.

Sono stati iscritti nel registro degli indagati, tra altri, il papà di Matteo Renzi, Tiziano, l'ex sottosegretario e ora ministro Luca Lotti, il comandante dell'arma dei carabinieri generale Tullio Del Sette, l'imprenditore partenopeo Alfredo Romeo. I titoli delle accuse, diversi da indagato a indagato, vanno dal traffico di influenze illecite, al favoreggiamento, alla rivelazione del segreto istruttorio e alla corruzione. L'imprenditore Romeo si trova già nel carcere romano di Regina Caeli.

Come osservatore, che vorrei essere imparziale, non so cosa pensare, e quale giudizio complessivo dare. Per questo la cosa migliore mi sembra che sia quella di scindere i vari aspetti dei fatti, che si intersecano e si confondono vicendevolmente.

1. Innanzi tutto c'é la presunta innocenza di ogni indagato fino a una eventuale sentenza definitiva di condanna. I vari indagati citati devono quindi essere considerati innocenti fino alla sentenza, che avrà bisogno dei tempi dello svolgimento dei processi, di solito lunghi in questo paese. Finora la parola di chi ha accusato gli indagati vale quanto quella degli indagati che si dichiarano innocenti.

Questo é l'aspetto giudiziario.

2. E' chiaro che gli avversari di Matteo Renzi, ex presidente del Consiglio, e intenzionato a ricandidarsi, si sono scagliati e continuano ogni giorno a scagliarsi contro quella che loro chiamano la cricca del giglio magico, chiamato ormai anche tragico e marcio. Attacchi simili hanno fatto i pidini, per qualche mese, per le vicende del comune di Roma, amministrato da Virginia Raggi pentastellata. Ogni partito politico tenta, come sempre é avvenuto, di trarre vantaggio dalle disavventure degli avversari.

Gli avversari stavolta chiedono la testa del ministro Luca Lotti, come prima gli altri avversari chiedevano le dimissioni della sindaca Raggi. Ma il ministro Lotti é solo indagato, non condannato, e giuridicamente può continuare a sedersi sulla poltrona di ministro.

Questo é l'aspetto politico.

3. Se qualcuno degli indagati, che ricoprono cariche pubbliche, ritiene di fare un passo indietro dimettendosi, é un fatto che attiene a sue personali decisioni, che non gli possono essere imposte da altri. Anche con il sospetto, da parte di molti, che un ministro abbia commesso un reato, finché non venga condannato in seguito a un processo, può continuare a fare politica. Solo lui può decidere se abbandonare il campo oppure no. Devo dire che di abbandoni volontari di cariche pubbliche ne ho visti pochi, nella storia vecchia e recente.

Questo é l'aspetto morale.

Fatte le superiori distinzioni dei tre aspetti della questione, non so come giudicare complessivamente i fatti.

In tutta questa storia, a parte la mia incapacità da dare oggi giudizi, mi restano in testa un paio di domande cui non so dare risposta. La prima domanda riguarda il fatto che il comandante dell'arma dei carabinieri generale Del Sette, già iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento e rivelazione di segreto istruttorio, avrebbe cessato l'incarico verso metà dello scorso gennaio. Il governo Gentiloni, invece di trarre un sospiro di sollievo dalla scadenza dell'incarico del generale indagato, l'ha prorogato nell'incarico per un altro anno.

La seconda domanda riguarda il fatto che l'amministratore delegato di Consip, Marroni, che ha rilevato la fonte degli avvertimenti in seguito ai quali ha fatto bonificare dalle microspie, poste dai carabinieri, i suoi uffici, non risulta denunciato come calunniatore da parte di coloro che lui ha contribuito a fare iscrivere nel registro degli indagati.

E' davvero un brutto ginepraio.