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01/07/2017 15:07:00

L'altro Islam

Nel clima di paura e mutua diffidenza che l’estremismo islamico ha mostrato di saper creare, capita ancora di imbattersi in notizie che rinfrancano gli animi e fanno bene al giornalismo. È il caso, ad esempio, del bell’articolo redatto domenica scorsa dalla giornalista Viviana Mazza e pubblicato sul Corriere della Sera dedicato alla disamina di quel fenomeno poco conosciuto ed ancor meno reso noto all’opinione pubblica che è l’islam liberale. Prendendo spunto dalla fondazione in Berlino di una moschea che accoglie le istanze del pensiero critico e dell’uguaglianza di genere, l’autrice informa opportunamente le lettrici ed i lettori dell’esistenza del movimento liberale “Muslims for Progressive Values” (Musulmani per i valori progressisti), senza alcun dubbio minoritario, ma attivo e creativo.

Sono dell’avviso che il cammino che conduce alla costruzione di una laicità intesa nel suo senso più pieno passi anche, se non addirittura soprattutto, dal consolidamento delle prospettive liberali in seno alle realtà religiose: immaginare un superamento di queste ultime nella direzione di una società capace di prescinderne può rappresentare un auspicio per molti versi condivisibile, ma attualmente irrealizzabile. Lo spirito religioso, nell’inevitabile molteplicità ed ambiguità della sue accezioni, informa ancora di sé anche il secolarizzato Occidente europeo che, dal canto suo, è chiamato a prendere atto di questa realtà in luogo di eluderla. In tal senso, incoraggiare tutte quelle iniziative e quei movimenti che si adoperano affinché in seno alle diverse religioni venga coltivato uno spirito critico improntato ai valori della laicità e della convivenza, rappresenta non soltanto un auspicio, ma un dovere civile. Le religioni, per un periodo che si prospetta di non breve durata, non si estingueranno ancora, nemmeno in quell’Europa che sembrava averne superato le logiche non di rado infantili ed identitarie: l’unica via percorribile, a giudizio di chi scrive, è che le diverse fedi intraprendano un cammino di maturazione che ne de-assolutizzi le prospettive autoreferenziali e ne riduca le pretese veritative. Ciò che è necessario superare, pertanto, non è la spiritualità religiosa, comunque essa si configuri, ma il dogmatismo che non di rado la sostanzia, sclerotizzandola ed impoverendola.

Ecco perché l’attivazione presso l’Università di Ginevra di un percorso formativo orientato in prospettiva storico-critica e destinato in primo luogo agli imam della comunità islamica francofona della Svizzera non può che essere accolto con favore e con cauto ma motivato ottimismo.

Dato che, con ogni probabilità, le religioni non sono ancora destinate ad abbandonare lo scenario sociale e culturale europeo, l’auspicio è che esse possano intraprendere un percorso evolutivo imperniato sulla capacità di rilettura critica e di relativizzazione dei propri contenuti. A ben guardare, si tratta di un percorso più complesso, ma potenzialmente più arricchente, rispetto a quello del mero “superamento” del religioso: un cantiere ancora in allestimento, ma al quale gli spiriti più audaci presenti in seno alle diverse realtà di fede stanno incominciando a lavorare. E questo lavoro, credo, va sostenuto e incoraggiato anche da quanti non hanno del mondo e delle sue intricate vicende una visione religiosa.

Alessandro Esposito, pastore valdese

 



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