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20/10/2017 15:19:00

Trattativa, il boss Graviano si rifiuta di rispondere ai Pm

 Si è avvalso della facoltà di non rispondere il boss mafioso Giuseppe Graviano che oggi era stato chiamato dai pm a deporre al processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Graviano, collegato dal carcere di Terni dove è detenuto, lo ha annunciato al Presidente della Corte d’assise Alfredo Montalto.

Prima di annunciare di volersi avvalere della facoltà di non rispondere, il boss mafioso Giuseppe Graviano, ha chiesto di non essere ripreso dalle numerose telecamere nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. "Sa che sono state fatte delle intercettazioni dei suoi colloqui in carcere con Umberto Adinolfi, e questo è uno dei motivi per il quale è stato chiamato in questo processo - gli ha detto il Presidente della Corte d'assise Alfredo Montalto - Chiamata che, peraltro lei si aspettava, perché aveva detto si aspettava di essere chiamato per "colpire in tutte le maniere senza alcuna remissione". Ma prima la devo avvertire che è indagato per lo stesso reato e ha la facoltà di non rispondere". A quel punto è arrivata la risposta immediata di Graviano: "Presidente, mi avvalgo della facoltà di non rispondere"."Diamo atto che Graviano, informato della facoltà riconosciutagli dall'articolo 210 del codice di procedura penale, dichiara che intende avvalersi della facoltà di non rispondere", aggiunge poi il Presidente Montalto. Proprio ieri c'era stato in aula uno scontro tra accusa e difesa su una frase intercettata allo stesso Graviano. Lo scontro era avvenuto fra il consulente della difesa di Marcello Dell'Utri e i consulenti della procura sulle intercettazioni delle conversazioni tra il boss Giuseppe Graviano e il detenuto Umberto Adinolfi ascoltate dalle microspie in carcere, nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Esperti interpellati dal legale di Dell'Utri, sotto processo per la Trattativa, hanno riascoltato le conversazioni captate in carcere e smentiscono che Graviano abbia mai pronunciato la parola "Berlusca". Invece, i periti della procura e della Corte d'assise confermano che la parola era proprio "Berlusca".