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20/11/2017 07:00:00

Morte Totò Riina, nessun elemento dall'autopsia. Trasferimento della salma in Sicilia

16,00 - La Procura di Parma ha firmato il nullaosta per il trasferimento della salma del boss mafioso Totò Riina, morto nella notte tra il 16 e 17 novembre nel reparto detenuti dell'ospedale emiliano. Riina sarà sepolto nel cimitero comunale di Corleone, dove già si trovano Michele Navarra, Luciano Liggio e le ceneri di Bernardo Provenzano: il gotha della mafia corleonese che ha "dettato legge" dal dopoguerra. Il carro funebre è già nella sezione di medicina legale dell'ospedale pronto per caricare la salma ed in attesa di partire per Corleone.

A Parma sabato pomeriggio Ninetta Bagarella e i figli, Salvo e Maria Concetta, avevano salutato per l'ultima volta Totò Riina: una visita di poco meno di 30 minuti nelle camere mortuarie dell’ospedale. Poi i familiari (l’avvocato Luca Cianferoni li ha attesi all’esterno dell’edificio) sono andati via senza rilasciare dichiarazioni ai giornalisti presenti.

Quindi l'ok del pm, con la salma che verrà portata a Corleone, dove non ci sarà un funerale pubblico. Nel cimitero di Corleone aleggiano anche i misteri della tomba in cui furono trovati due scheletri: uno dei due crani ha un buco, segno di un colpo di arma da fuoco. Quel cadavere sarebbe di Calogero Bagarella, ucciso nella strage di viale Lazio e cognato di Riina. Un cadavere sepolto di nascosto e in fretta e furia. Al cimitero, e forse a quei due scheletri senza nome, sarebbe legato anche l’omicidio nel 1976 dell’impresario di pompe funebri Francesco Coniglio.

07,00 - Nessun elemento particolare sarebbe emerso dall'autopsia sul corpo di Totò Riina, il capo dei capi della mafia siciliana morto ieri all'ospedale Maggiore di Parma. E' stata eseguita dal medico legale Rosa Gaudio, disposta dalla Procura di Parma quasi come atto dovuto. Per completare gli accertamenti la consulente ha due mesi: le arriveranno gli esiti degli esami che concorreranno a delineare la causa della morte di un 87enne con più patologie, sottoposto a due interventi recenti. Nessuna sorpresa, dunque, dai primi rilievi. Mentre si attende il nulla osta della Procura per il trasferimento della salma in Sicilia, che potrebbe arrivare lunedì, l'ultimo saluto a Totò Riina è stato dato a Parma da due dei suoi quattro figli, Salvo e Maria Concetta, e dalla vedova Ninetta Bagarella: è durato 30 minuti, scortato dalla Polizia. Hanno dovuto attendere la fine dell'autopsia, poi hanno reso omaggio al familiare nelle camere mortuarie dell'ospedale, dove era ricoverato da dicembre 2015, nel reparto detenuti. 

I familiari gli hanno dato l’ultimo saluto a Parma. Ma il sonno eterno Riina lo dividerà con i «fratelli di sangue» di una vita: i boss Michele Navarra, Luciano Liggio, Calogero Bagarella e Bernardo Provenzano, il gotha della mafia corleonese. Una volta ottenuto il nulla osta del pubblico ministero Umberto Ausiello, la salma del capo dei capi sarà trasferita a Corleone e seppellita al cimitero comunale, dove riposa anche Placido Rizzotto, il sindacalista della Cgil ucciso nel '48 proprio dai sicari di Liggio, i cui resti furono ritrovati soltanto nel 2009 in un anfratto di Rocca Busambra. Non è la prima volta che dai loculi di Corleone riemergono misteri e contrasti. Nella tomba che fu di Bernardino Verro, sindaco socialista ucciso dalla mafia, furono infatti ritrovati due corpi, di cui uno con un foro nel cranio che con ogni probabilità appartiene a Calogero Bagarella. Creduto latitante per anni, il cognato di Totò Riina sarebbe stato in realtà seppellito di nascosto e in tutta fretta insieme a un altro cadavere a oggi sconosciuto, dopo la morte avvenuta nella strage di viale Lazio del 1969. E forse, anche a quei due scheletri inumati uno accanto all’altro, sarebbe legato anche l'omicidio nel 1976 dell'impresario di pompe funebri Francesco Coniglio, che dei misteri del cimitero corleonese era stato il custode per anni.

Intanto Ninetta Bagarella, sorella di Calogero e vedova di Riina, ha raggiunto ieri a bordo di una Panda l'istituto di Medicina Legale di Parma per dare l’ultimo saluto al marito, insieme al figlio Salvo. «Fatemi camminare, non vi voglio neanche vedere», ha detto a muso duro ai cronisti prima di infilare una porta sul retro dell’ospedale. Ma pochi minuti prima aveva ingaggiato un duro corpo a corpo con la stampa anche Maria Concetta Riina. «Non posso parlare, ho dei figli minori, tre bambini piccoli che vedono la foto della madre sui giornali», ha continuato a schermirsi la più grande dei quattro figli del boss. Anche per lei, come la madre e il fratello, nessuna lacrima ma tanta rabbia. «Forse voi non avete capito. Ho dei figli da tutelare, per cortesia smettetela», ha ripetuto accerchiata dai fotografi. «Terremo in considerazione se e è civile quello che state facendo - ha tuonato - vi denuncio tutti». Nessuna parola neppure sul messaggio postato l’altro ieri su Facebook, in cui invitava al silenzio. Ma la donna ha precisato ieri sullo stesso social network che «la foto sfondo del mio profilo Fb non vuole affatto essere un messaggio mafioso, bensì la richiesta di rispettare questo mio personale momento di dolore!». Poco prima di raggiungere l’ospedale, la donna era stata in Procura a Parma, dove era stato conferito l'incarico per l'esame medico legale per cui la famiglia avrebbe nominato un proprio perito. Insieme a lei anche il difensore del boss di Corleone, Luca Cianferoni, che snervato dalla ressa dei giornalisti, ha rimbrottato un’inviata che aveva posto all’assistita una domanda sul mancato pentimento di Riina. «Ma come si permette - ha replicato l’avvocato - qui c'è un cadavere, ve ne dovete andare. Questa non è stampa. Questo è scandalismo». Più tardi, Cianferoni ha denunciato in una nota «l’aggressione dei media», e l’intenzione «di inoltrare immediato esposto agli Ordini professionali e ogni altra azione in ogni sede». E ha aggiunto che di Riina «è tempo adesso che se ne occupi la storia. Sono tutti da studiare gli atti processuali che lo riguardano: sarebbe importante che lo facessero giovani studenti di storia contemporanea, forse molto più che studenti di legge». Dall’autopsia del cadavere del boss, trasferito prima dell’arrivo dei parenti dalla sezione di medicina legale alla camera mortuaria, non sarebbe emersa nessuna sorpresa. Riina sarebbe morto di morte naturale. Ma per i risultati definitivi non occorreranno meno di sessanta giorni. Si era creduto ieri mattina che il nulla osta per il trasferimento della salma del boss, potesse arrivare in giornata. Ma attorno alle 15,30, appena conclusa l’autopsia, il medico legale incaricato dalla Procura di Parma, Rosa Gaudio, ha chiarito che i tempi sarebbero stati più lunghi. «Farò la mia parte - ha detto il medico - e invierò il tutto al pm Umberto Ausiello, poi sarà lui a dare il nulla osta quando lo riterrà opportuno». Il trasferimento, secondo alcune voci trapelate da fonte ospedaliera, non dovrebbe avvenire prima di lunedì. A dare l’ultimo saluto a Riina, non c’erano però soltanto i familiari. Insospettiti dalla presenza di alcuni uomini che stazionavano insieme a giornalisti e operatori davanti all’istituto di Medicina legale di Parma, i carabinieri hanno identificato alcuni di loro. Ma si trattava di un falso allarme. Ai cronisti incuriositi, due degli “ospiti a sorpresa” hanno spiegato di essere dei semplici curiosi, anche loro siciliani. «Sono un siciliano che si trova dentro l'ospedale di Parma, ho saputo che c'è stato questo evento e sono qui per curiosità», ha detto uno di loro, spiegando di provenire di essere nato a 50 chilometri da Corleone. «Tutto quello che si dice sulla stagione della mafia – ha commentato - io non l'ho mai sentito. Ci sono state delle stragi, c'è stata quella di Falcone e poco prima ci sono passato per quella strada, potevo incapparci pure io». Poi il personale tributo al defunto. «Qui c'è una persona che è morta – ha detto - è stata condannata: basta. Per me è morto un papà, che ha quattro figli». E che ora dormirà a Corleone insieme ai quattro amici di sangue di sempre.