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03/12/2017 06:00:00

Marco Rizzo: "21 giorni sull'Aquarius per raccontare le storie di chi scappa dall'Africa"

Marco Rizzo, giornalista e scrittore di Trapani,  ha scritto tra gli altri "Peppino Impastato, un giullare contro la mafia". Rizzo ha trascorso un po' di giorni sulla nave Aquarius, dove ha fatto il "ladro di vite”. Ci racconta la sua esperienza su questa nave?

Sono stato ospite con Lelio Bonaccorso su questa nave che si occupa di soccorrere migranti nel Canale di Sicilia. Io sono giornalista e sceneggiatore, Lelio è un disegnatore, abbiamo lavorato tante volte insieme e realizzeremo un fumetto per Feltrinelli che uscirà a Maggio. Siamo andati a rubare storie tra i migranti, gli operatori e in verità mettiamo anche le nostre stesse esperienze che poi verranno riportate in questo volume dal titolo "Salvezza".

Marco, una cosa è parlare di immigrazione, di naufragi, di migranti e soccorsi in mare, una cosa è vederli dal vivo, tra l’altro siete stati testimoni di  importanti operazioni di recupero di persone in mare.

Siamo stati a bordo per un totale di 21 giorni e negli ultimi giorni ci sono stati quattro salvataggi molto numerosi che in totale hanno portato al recupero in mare di oltre 800 persone. Solamente nell’ultimo 421, di cui 171 donne, il che rappresenta un record su un barcone di legno. A bordo c’erano tantissimi bambini, gente ammalata e una donna incinta che appena sbarcata a Catania le si sono rotte le acque. Altre situazioni delicate le abbiamo avute nei giorni precedenti, a bordo abbiamo avuto una ragazza deceduta poco prima di imbarcarsi sul barcone. Chi ha viaggiato con lei ha deciso di portarsi dietro il cadavere per darle una degna sepoltura e abbiamo vissuto anche due giorni di tensioni con la fantomatica guardia costiera libica che arriva in acque internazionali e assume ormai il comando delle operazioni nonostante il coordinamento internazionale dei soccorsi sia a Roma. Sabato scorso è uscita la notizia che durante le operazioni di soccorso sono morte diverse persone e noi abbiamo contezza di una settantina di cadaveri.

Marco Rizzo, come cambia la sua sensibilità, come affronta la scrittura alla luce di quanto vissuto con questa esperienza così forte?

Devo dire che non è la prima volta che mi occupo di migranti. Ho visitato tanti centri di accoglienza del nostro territorio tra Trapani e Marsala. Noi siamo stati da questo punto di vista un territorio record sia in termini di accoglienza, sia in termini di tempistica per fornire i permessi di soggiorno e purtroppo anche in termini giudiziari con la vicenda di Don Librizzi che sporca la macchina dell’accoglienza. Quello che posso dire è che, essere lì sul primo punto di contatto è particolarmente tragico, ma quando le persone arrivano nei nostri centri, si sono già sentiti al sicuro perché sono stati soccorsi dalle navi delle Ong o della Guardia Costiera Italiana. Lelio e io siamo stati testimoni di storie davvero forti e incredibili. Non era facile raccogliere queste storie in contesti diversi. Ci siamo permessi di rubare queste vite, perché le persone che abbiamo, materialmente, anche noi tratto in salvo, tirandoli su dai gommoni, hanno stabilito un rapporto di fiducia e ci hanno regalato le loro storie, dicendoci: “Raccontatele perché in Europa la gente deve sapere perché scappiamo e che cosa subiamo in Libia”.