E' il messaggio di Annarita Savalli, la giovane trapanese che un anno fa ha perso la madre, Maria Anastasi, vittima della violenza del padre, Salvatore Savalli, sotto processo davanti al Tribunale di Trapani con l'amante presunta sua complice Giovanna Purpura. L'occasione per parlare della sua vicenda personale è stata la marcia organizzata a Trapani proprio per ricordare la morte atroce di Maria Anastasi, uccisa a colpi di zappa, e poi bruciata viva nelle campagne tra Trapani ed Erice. Annarita vuole che nessun altro viva la sua tragedia: "Date ascolto a chi denuncia". Lei, per esempio, non è stata ascoltata. Più volte, come ha raccontato durante il processo, aveva denunciato l'inferno che viveva la sua famiglia, vittime di un padre talmente violento da portarsi anche l'amante a casa, riducendo la moglie in uno stato di schiavitù. "Se mi avessero dato ascolto, probabilmente. mia madre sarebbe ancora viva". Annarita in particolare aveva denunciato ai carabinieri nel 2011 che suo padre picchiava lei e gli altri familiari tutti i giorni anche per motivi banali. "Ma non sono stata creduta", aggiunge. Anche perchè la madre "temendo che con la denuncia le cose potessero ulteriormente peggiorare, aveva smentito le mie affermazioni agli stessi carabinieri". Nessuna omissione dunque da parte delle forze dell'ordine, ma magari si sarebbe potuta accendere la spia di qualcosa che non andava in quella famiglia. Stessa scena un anno dopo: "Andai in questura, con mia sorella più piccola, Simona. Anche il quel caso non fui creduta. Ricordo anzi che un poliziotto ci disse che rischiavamo di finire in una casa famiglia di Catania". Simona Savalli, a sua volta, si recò alla stazione dei carabinieri di Locogrande, ma fu congedata: "Sei minorenne". Sui ripetuti "no" alle richieste di aiuto delle giovani donne di casa Savalli indaga la Procura di Trapani, dopo che queste dichiarazioni sono stare rese durante il processo. Ecco perchè Annarita Savalli insiste nel lanciare questo messaggio: "Se qualcuno non vi crede, parlatene dappertutto, andate anche in Procura, se i poliziotti non vi ascoltano". Lei non è stata ascoltata. Salvata dai nonni ("Loro si sono presi cura di me e mi hanno sottratto alle violenze del signor Savalli"), non chiama il padre per nome e per lui si augura l'ergastolo: "Ci sottoponeva a noi tre figli a continui maltrattamenti, con pugni e calci". In udienza la ragazza ha raccontato che il padre era solito picchiare la moglie. Anche nell'ultimo periodo di convivenza, quando era già in stato di gravidanza, la donna avrebbe subito delle percosse da parte del coniuge. "Mamma era infastidita dalla presenza in casa di Giovanna. Sospettava che lei e mio padre avessero una tresca. Gli ha chiesto da quanto tempo andava avanti e lui l'ha picchiata con calci e pgni". "Mia madre - ha aggiunto Anna Rita Savalli - non faceva capire nulla. Non denunciava per tutelare noi figli. Tante volte ha fatto le valigie ma poi non ha mai avuto il coraggio di andare via".