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21/09/2018 10:08:00

Il portavoce del premier Conte guadagna quasi quanto mille redditi di cittadinanza...

 Rocco Casalino, il grillino capo ufficio stampa e portavoce del premier Giuseppe Conte, prende uno stipendio di 169 mila euro l’anno, superiore a quello di Conte, che è di 114 mila euro.

Sono numeri identici a quelli dei predecessori, ma non nei totali: a conti fatti, lo staff della comunicazione di Conte occupa 7 persone più Casalino, per un totale di 662 mila euro all’anno, cioè 33 mila euro in più rispetto alla squadra di Enrico Letta e oltre 130 mila in più di quella di Paolo Gentiloni. Alla Casa Bianca, per fare un confronto, le retribuzioni massime nello staff arrivano a 179.700 dollari all’anno, circa 153 mila euro al cambio attuale. In Russia, invece, fino al 2014 Vladimir Putin guadagnava meno del suo portavoce (l’equivalente di 84 mila euro contro i quasi 200 mila del comunicatore), ma già dal 2015 il presidente ha alzato la sua retribuzione che adesso sarebbe pari a circa 300 mila euro». Giorgio Mulè (Forza Italia): «È l’equivalente di 900 redditi di cittadinanza». Attacchi anche dal Pd e, in Rete, dai militanti grillini. Palazzo Chigi, con un comunicato, ha precisato che Casalino ricopre due ruoli - portavoce e capo ufficio stampa - e questo ha permesso un risparmio di 90 mila euro l’anno. Scrive Alessandro Sallusti sul Giornale:

Ma allora i soldi ci sono, altro che storie. Se un governo può pagare il portavoce del premier Conte 170mila euro, cioè più del premier stesso e se la segretaria di Di Maio può guadagnare 70mila euro, vale a dire più di un primario ospedaliero, se tutto questo è possibile non vedo perché sia necessario mettere le mani nelle tasche dei pensionati o aumentare l’Iva. In realtà le cose stanno diversamente. Di soldi non ce ne sono, o meglio ce ne sono per loro (la nuova casta, famelica quanto e più della vecchia) ma non per mandare avanti il Paese. Ed è inutile che Di Maio e compagni se la prendano con l’Europa che ci impone il rigore, perché davanti a simili inutili sperperi chiunque storcerebbe il naso.
Dicevamo che di soldi non ce ne sono, almeno non a sufficienza per mettere in pratica le faraoniche promesse elettorali. Di Maio si sta comportando come quel padre che ha solo diecimila euro sul conto ma promette al figlio che se promosso gli comprerà la Ferrari. E quando il bravo pargolo, in questo caso l’elettore, passa a riscuotere, il padre allarga le braccia e invece che ammettere di essere stato un imbroglione si giustifica dicendo che il direttore della banca è uno stronzo che non gli concede fiducia.
Con una aggravante. Perché il padre in questione (Di Maio) si è messo in società con un tizio (Salvini) che al suo di figlio (elettore) ha promesso una villa a Saint-Moritz pur avendo anche lui pochi spiccioli sul conto. Pur mettendo in campo tutta la buona volontà è evidente che nessun direttore di banca (l’Europa) potrà mai concedere nuovi fidi a una simile società, per di più se viene a sapere che i segretari dei due sono allegramente più pagati di lui, che sgobba da mattina a sera.
A noi l’Europa sta antipatica quanto a Di Maio, ma noi italiani, un giorno o l’altro, dovremmo smetterla di pensare di essere sempre  i più furbi di tutti. Lo stesso Beppe Grillo ebbe a dire: «L’Italia è il paese dei più furbi. Ieri ero a Roma, sono salito su un autobus e ho timbrato il biglietto: tlic-tlac. Il guidatore si è girato e ha detto: Cos’è questo rumore?». Adesso che tocca a lui pagare il biglietto piagnucola come un bambino. Ancora una volta viene da dire che aveva ragione Montanelli quando sosteneva che gli italiani non si dividono in furbi e fessi ma sono l’unico popolo che è contemporaneamente furbo (quando governa) e fesso (quando vota).