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09/09/2019 06:00:00

Vito Nicastri conferma tangenti e crimini. Arata gli risponde: "Sei un bugiardo"

Il re dell’eolico Vito Nicastri continua a parlare con i giudici e lo fa anche nell’incidente probatorio davanti a Paolo Arata, l’ex parlamentare di Forza Italia e poi responsabile del programma della Lega sull’ambiente.

Nel corso del confronto Paolo Arata grida all'indirizzo di Vito Nicastri “Sei un bugiardo”. Il Gip Nicastro lo blocca e gli intima di non aprire più bocca altrimenti sarà cacciato dall'aula. E’ stato un incidente probatorio ad alta tensione per Vito e Manlio Nicastri, padre e figlio accusati di essere stati i fautori del «sistema malato» fatto di mazzette con commistione della politica di alto rango all'indirizzo degli uffici regionali per sveltire le pratiche sul redditizio investimento negli affari dell'eolico.

Vito Nicastri, 62 anni, (qui potete leggere la sua storia)ascoltato per ore, è ritenuto la mente di questo business illecito. Il «re dell'eolico» ha confermato in toto quanto detto nei tre interrogatori di garanzia subito dopo l'operazione della Dia di Trapani. Nell’indagine e agli arresti finirono appunto Arata, il figlio Francesco, oltre che Alberto Tinnirello, dirigente dell'assessorato regionale all'Energia, e Giacomo Causarano, funzionario dell'assessorato regionale al Territorio.

Nicastri ha parlato del suo rapporto con Paolo Arata, ribadendo di avere pagato tangenti. Arata-Nicastri era diventato oramai un connubio potentissimo tanto da penetrare come lama rovente nel burro nel cuore della burocrazia regionale, ammorbidita da laute mazzette sempre secondo la tesi ricostruita dagli inquirenti e confermata da Nicastri. Lo spregiudicato «re dell'eolico» avrebbe versato tangenti per velocizzare le autorizzazioni che portassero alla realizzazione degli impianti di biometano di Calatafimi, nel trapanese, e di Francofonte, nel siracusano.

"Spregiudicatezza", “loschi affari”, “strategie criminali per arricchirsi”. Sono queste le parole dei giudici del Riesame sulla figura di Paolo Arata.  Arata “ben consapevole dello spessore criminale di Nicastri ma anche della sua abilità nel settore” ha accetto di entrare in affari con un uomo a cui era stato confiscato un patrimonio miliardario per le sue connivenze con i mafiosi trapanesi.

Quando il “re del vento” finì di nuovo nei guai giudiziari, Arata si rese conto di quanto fosse complicato e rischioso avere un socio così ingombrante, eppure il rapporto di affari non si è mai interrotto. Non si fermò neppure di fronte al casuale rinvenimento della telecamera con cui gli agenti della Dia spiavano l'abitazione di Nicastri ad Alcamo. Anzi i figli, Manlio Nicastri e Francesco Arata, fecero controllare da un elettrauto di fiducia per scoprire ci fossero delle microspie in macchina. Sì, c'era una cimice.

"Gli Arata - scrivono i giudici del Riesame - tuttavia lungi dal desistere, continuarono imperterriti a intrattenere il rapporto societario occulto con Nicastri Vito, in palese, grave e prolungata frode della normativa in tema di misure di prevenzioni patrimoniali”.

Nicastri era per Arata indispensabile, l'uomo giusto per penetrare attraverso il pagamento di tangenti nella burocrazia. Era l'assessorato regionale all'Energia a dovere dare il via libera agli impianti, ma qualcosa si è inceppata. È lo stesso Nicastri a raccontarlo quando ha deciso di collaborare con i magistrati.