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06/02/2020 00:05:00

Scrive Giacomo Laudicina, qualche riflessione sulla nascita del Comune di Misiliscemi

Giorni fa ho letto alcuni articoli riguardanti l’istituzione di un nuovo Comune nella nostra Provincia che dovrebbe avvenire per scorporo dal Comune di Trapani.


Orbene, premesso di non avere alcun interesse diretto o finanche politico sulla questione, desidero esprimere le riflessioni che seguono.
Pochi anni fa e precisamente nel 2017, un politico allora in auge, aveva avanzato l’idea di unificare i comuni di Trapani, Erice, Valderice e Paceco. La “Grande Trapani”, si diceva.
Fusione che poteva contare su una popolazione di circa 130 mila abitanti e con il preminente fine di "aumentare il peso specifico di una realtà che sarebbe potuta diventare la quarta città della Sicilia".


Devo riconoscere che poteva essere un’idea di grande progettualità ed un volano per un maggiore sviluppo economico, non solo per Trapani ma anche per l’intero territorio. Era altresì una via per rimediare alla esclusione della Provincia di Trapani dal novero delle “Città Metropolitane”, istituite con la Riforma degli Enti locali (L. n. 56/2014 – c.d. Legge Delrio), ed attingere a maggiori trasferimenti finanziari ed ulteriori benefici organizzativi che lo Stato e le Regioni devono destinare a tale tipologia di Enti.
Uno dei punti cardine della Legge sopra richiamata era quello dell’istituzione di nuovi Comuni, ma in un’ottica di unione e fusione di Comuni già esistenti e non di certo per scorporo o scissione.


In buona sostanza, le modifiche normative in tema di enti locali parrebbero essere, almeno secondo il parere di chi scrive, in totale controtendenza con ciò che si vorrebbe fare oggi con l’istituzione di un nuovo Ente locale per scorporazione.
Sempre secondo il parere di chi scrive, il miglioramento dei servizi necessari agli abitanti delle borgate periferiche dell’istituendo ente andrebbero risolti in altro modo e non mediante la soluzione prospettata che alla lunga potrebbe rivelarsi fallimentare.
A tal proposito, è bene ricordare che circa 40 anni fa nella nostra Provincia è già avvenuto qualcosa di simile.
Erano altri tempi con possibilità economiche e prospettive di gestione del tutto differenti.


Infatti con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 23/2011 i trasferimenti erariali cosiddetti generali sono via via diminuiti e progressivamente sostituiti, in massima parte, con un sistema di fiscalità comunale basato essenzialmente su quattro principali imposte: IMU, TASI, TARI ed addizionale comunale Irpef.

Vi sono tuttavia altre imposte e tasse di scopo ma che danno un gettito nel complesso marginale.
Conseguenza ne è che la maggior parte dei piccoli Comuni, non potendo più contare sui copiosi trasferimenti generali dello Stato e delle Regioni, si trovano in una situazione al limite del dissesto finanziario e con i cittadini che si sono visti ridurre fortemente i servizi erogati e/o la qualità degli stessi.


Alcuni Comuni, in estrema sintesi, hanno addirittura evidenziato non poche difficoltà nel pagamento delle retribuzioni nei confronti dei propri dipendenti.
Senza voler andare troppo lontano, già nel 2016 la Corte dei Conti Regione Sicilia segnalava che il Comune di Petrosino, nato dallo scorporo di una parte del territorio di Marsala e Mazara, presentava “una costante crisi di liquidità che, nel medio e lungo periodo, fa sorgere dubbi sulla reale sostenibilità delle spese e sulla salvaguardia degli equilibri di bilancio”.
Non sarà quindi attraverso la divisione che i circa novemila abitanti del nuovo comune otterranno maggiori servizi, oppure migliori e più efficienti.
Sotto concorrente profilo, l’analisi della questione fin qui esposta merita un raffronto con quanto emergente su scala nazionale.
Ed infatti, per ovviare a crisi di liquidità ed alla difficoltà di erogare adeguati servizi ai cittadini, molti Comuni hanno già scelto la strada della fusione.


Nel corso del solo anno 2018 sono state approvate 19 fusioni di Comuni per un totale di 42 Comuni soppressi. Per contro, non risulta per lo stesso anno,  esserci stata nessuna scorporazione.
La fusione è finalizzata all’abbattimento dei notevoli costi fissi legati al funzionamento della macchina amministrativa.
Inoltre, la fornitura dei servizi essenziali richiede, giocoforza, un’adeguata copertura finanziaria che può essere attuata mediante l’inasprimento delle entrate tributarie locali; ricorrendo all’indebitamento; ovvero attraverso la richiesta di sostentamenti regionali o statali.
Tuttavia, il ricorso alle predette fonti di finanziamento è soggetto a vincoli che non si possono, per legge, superare.
Per ovviare a detti vincoli finanziari imposti dalla legge basterebbe adottare un semplice principio di economia, ossia: più grande è l’impresa più bassa sarà l’incidenza del costo.


Tale ottica aziendale può essere anche mutuata alle istituzioni pubbliche attraverso quelle che vengono chiamate “economie di scala” e le cui azioni sono finalizzate al principio dell’efficienza. Principio che nel settore pubblico è spesso carente.
E’ quindi l’aspetto dimensionale che, in primis, condanna i piccoli comuni a essere inefficienti, ragion per cui è legittimo pensare a soluzioni diverse in grado di abbattere le spese medie necessarie per garantire un determinato livello di sostentamento.
Non sarà quindi attraverso la scissione dal comune di Trapani, a parere di chi scrive, che i circa novemila abitanti del nuovo comune otterrebbero più servizi.


I componenti dell’Assemblea Regionale Siciliana saranno a breve chiamati a pronunciarsi sull’istituzione del nuovo Comune, ma nel farlo non possono (rectius, dovrebbero) esimersi dal tenere in debito conto le osservazioni mosse dalla Corte dei Conti in merito alla situazione finanziaria in cui versano i Comuni siciliani ed in special modo quelli medio-piccoli e, soprattutto, dovrebbero esaminare se la procedura di scorporo verrà attuata nel rispetto del cosiddetto principio di invarianza della spesa, il quale non va riferito al singolo Comune ma all'insieme degli enti coinvolti.
In caso contrario qualcuno, ad esempio il Comune di Trapani, potrebbe prima adire la Corte dei Conti poi la Consulta, rimandando sine die l’istituzione del Ente locale.

Dott. Giacomo Laudicina - Marsala