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15/05/2020 06:00:00

I permessi per non lavorare. Ecco perchè è stato licenziato il consigliere di Marsala Marrone

Aveva provato a raddrizzare il tiro. Ma il giudice non c’è cascato. Così per Alfonso Marrone, consigliere comunale di Marsala, protagonista di una delle vicende più singolari degli ultimi anni nella politica marsalese, “le aule di giustizia” che invocava dai banchi di Palazzo VII Aprile sono diventate inospitali.


Marrone è stato licenziato due anni e mezzo fa dalla casa di cura Morana, dove lavorava come caposala dal 1990, perchè si assentava da lavoro con i permessi per assolvere compiti istituzionali, invece si sbrigava le proprie faccende. I fatti sono stati scoperti dagli investigatori privati ingaggiati dall’azienda, e raccontati da Tp24. Contro il licenziamento Marrone aveva fatto ricorso al giudice del lavoro, che gli ha dato torto in primo grado. Ha fatto ricorso anche in appello, e anche qui il giudice gli ha dato torto e confermato la legittimità del licenziamento. Non solo, il Giudice d’appello bacchetta anche la linea difensiva di Marrone, difeso dal collega consigliere comunale Ivan Gerardi, e smonta punto su punto tutte le sue giustificazioni, arrivate addirittura con un anno di ritardo. Appunto, un tentativo maldestro e disperato per sistemare le cose.

LA CONDANNA
Nei giorni scorsi sono uscite le motivazioni di questa sentenza di secondo grado, da cui emerge che Marrone è stato anche condannato, non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a quello del contributo unificato. Una circostanza assai rara nei confronti di un lavoratore che fa causa contro il licenziamento.
Nel 2017, Marrone avrebbe più volte disertato, facendo altro, le riunioni delle commissioni consiliari per le quali aveva chiesto permessi specifici al datore di lavoro, che per questo, nel novembre 2017, l’ha licenziato. Provvedimento che nell’ottobre 2018 è stato ritenuto “legittimo”, e quindi confermato, dal giudice del lavoro del Tribunale di Marsala, che nella sua ordinanza parla di “abuso del diritto”, “condotta contraria alla buona fede” e “disvalore non solo contrattuale, ma anche sociale”. Il magistrato scrive che risultano effettivamente fondate le contestazioni “quantomeno in relazione alle giornate del 26, 27 e 28 giugno, 26 luglio 2017”.


GLI EPISODI
Sono diversi gli episodi contestati al consigliere comunale. Giorni in cui si è assentato da lavoro presentando la giustificazione di andare ad “espletare” le funzioni istituzionali. Marrona, a differenza di quanto fa nel processo di primo grado, tenta di dare delle nuove versioni, delle giustificazioni più dettagliate. Ma non solo sono state smentite dalle investigazioni private, e non contestate in primo grado, ma anche confermate dal giudice di secondo grado. Marrone ha sempre sostenuto di aver utilizzato i permessi “nel pieno rispetto delle finalità istituzionali connesse al suo ruolo di consigliere e capo gruppo consiliare in seno al Comune di Marsala”.
Ma i fatti sembrano essere diversi.
Qualche esempio. Il 26 luglio 2017 Marrone ottiene un permesso per “l’espletamento delle attività istituzionali” tra le 11 e le 14. In primo grado dice di “essersi recato presso l’Ente”, cioè il Comune. In appello la versione è diversa. Dice di essersi recato recato non “presso l’Ente” ma in realtà “in via Crispi n.16 per incontrare il consulente fiscale, ….., per ottenere un parere in merito alla contabilità armonizzata e all’imu agricolo … in vista dell’approvazione del Regolamento comunale inerente tali temi” e, infine, “presso l’abitazione dell’Assessore Accardi”. Ecco Marrone non è andato presso l’ente, come aveva dichiarato un anno prima, e ha cambiato versione dopo che i documenti degli investigatori hanno evidenziato il contrario, anche perchè alla riunione di commissione Marrone era assente. Il giudice sottolinea che Marrone non è riuscito a spiegare il cambio di versione dei fatti.


Altro episodio, 26 giugno 2017. Marrone ottiene un permesso da lavoro dalle 12 alle 14 sempre per “assolvere funzioni pubbliche”. Solo in secondo grado dice che non c’è stata la riunione di Commissione per “mancato raggiungimento del numero legale ”, e che si sarebbe “recato presso la propria abitazione per approfondire le delibere circa il debito fuori bilancio richiesto dalla Cooperativa Delfino…..”. In realtà la riunione di commissione quel giorno si è tenuta dalle 9 alle 10, e Marrone era assente. E’ stato invece visto andare via da lavoro poco prima di mezzogiorno, e andare a casa, dove è rimasto almeno fino alle 14 come ha confermato l’investigatore privato ingaggiato dall’azienda. Tra l’altro avrebbe dovuto partecipare alla riunione della Commissione “Politiche Sociali” (convocata per le ore 10,30 e terminata alle ore 12,10) ma non è andato delegando il compito istituzionale ad consigliere.
Il giudice ha ritenuto “del tutto inconducente il tentativo di dimostrare con un teste di aver “approfondito le questioni relative al debito fuori bilancio vantato” da una tal “cooperativa Delfino” non potendosi, in ogni caso, considerare un siffatto impegno atto equipollente all’assolvimento “delle …funzioni pubbliche” o “di compiti istituzionali”. Insomma, starsene a casa anche a studiare gli atti non rientra tra i permessi consentiti. Tra l’altro, sottolinea il giudice, che Marrone non ha neanche preparato nessuna documentazione relativa a questo debito fuori bilancio e non ha fatto sapere neanche come, da chi e quando Marrone avrebbe avuto notizia del mancato raggiungimento del numero legale relativo alla seduta di Commissione convocata per le ore 9,00 “e, in che termini, tale circostanza avrebbe inciso sulla sua decisione di chiedere ed ottenere (due ore dopo) il permesso qui in contestazione”.


Il giorno dopo, il 27 giugno, Marrone si assenta di nuovo da lavoro, con un permesso dalle 12 alle 14.
In appello dice di aver “incontrato il Sindaco dalle ore 8.15 alle ore 9.15 al fine di definire le questioni oggetto della seduta consiliare inaspettatamente posticipata” e di aver “comunicato i sopravvenuti impegni istituzionali con messaggio inviato al responsabile del personale della Società, alle ore 7.06 del 27 giugno 2017…”.
I giudici smontano questa giustificazione definendola “palmarmente contraddittoria, del tutto inconsistente e viepiù smentita dalle risultanze processuali acquisite”.


Infatti non risulta che venne “inaspettatamente posticipata” una “seduta consiliare” della quale “sarebbe stato (agevole) onere del Marrone dimostrarne l’esistenza mediante la semplice produzione del prodromico atto di convocazione”. Quel giorno Marrone non svolse neanche una seduta di commissione. Dalla relazione investigativa, invece, risulta che Marrone, in realtà, “non andò al lavoro quella mattina” e che “uscì alle 11.24 per recarsi dal gommista” dove rimase fino alle ore 12.10 per, poi, recarsi a casa.
Altro caso il 28 giugno, sempre 2017. Marrone in appello cambia versione rispetto a un più striminzito “assolvimento” dei compiti di capo gruppo consiliare del primo grado. Dice che ha partecipato quel giorno ad una riunione indetta per affrontare la questione dei tributo presso lo studio di un medico e terminata la riunione si è recato presso Assicurazioni Generali “per avere chiarimenti sulle segnalazioni pervenute all’agenzia in merito alle modalità di pagamento della tassa sui rifiuti. Compresa la natura delle stesse, il sig. Marrone ha approfondito le ragioni che hanno condotto allo scioglimento dell’Aipa, allo scopo di dissolvere i dubbi sorti tra i contribuenti”. La difesa di Marrone rimanda addirittura al verbale di una seduta consiliare per capire “l’importanza dell’argomento”. Ma anche qui il consigliere comunale viene smentito. Intanto il giudice parla di “prospettazione difensiva, intrinsecamente contraddittoria, del tutto inconsistente e viepiù smentita dalle risultanze processuali acquisite”. E infatti le investigazioni hanno accertato che il consigliere comunale “uscì verso le 9,40 dalla clinica per andare col proprio motociclo presso la via Mazzini, per entrare in un palazzo...; dunque uscì verso le 11.02 per andare presso un’agenzia di assicurazioni; successivamente, verso le 11,30 tornò presso la propria abitazione, dove vi rimase sino alle 14, ora di fine servizio…”. Insomma, per oltre due ore è rimasto a casa. Sperava di passare una mattinata tranquilla, non sapeva che c’era chi aveva capito il trucco.

 

UNA DIFESA CONTRADDITTORIA
Marrone tenta di dare giustificazioni soltanto un anno dopo le contestazioni sollevate dal datore di lavoro e l’arrivo in tribunale del caso del suo licenziamento. Il giudice d’appello lo definisce “un estremo tentativo di giustificare i fatti contestati” e una “difesa contraddittoria”.
Perchè Marrone soltanto nel ricorso in appello dà delle versioni dei fatti più dettagliate, ma comunque, come abbiamo visto smentite.
Ecco cosa scrive il giudice
“Trattasi, ad ogni evidenza, di prospettazione difensiva del tutto nuova rispetto a quella tracciata e seguita fino all’emissione del provvedimento conclusivo della fase sommaria; prospettazione difensiva, si osserva, che, se, da un lato, si disvela intrinsecamente contraddittoria (apparendo per lo più un estremo tentativo di giustificare in altro modo i fatti contestati) dall’altro, non è comunque idonea (per le ragioni che ci si appresta ad esporre) a scalfire sotto alcun profilo, tanto, la fondatezza degli addebiti, quanto, la correttezza delle conclusioni cui è pervenuto il primo Giudice nella sentenza reclamata”.

Quelli su Alfonso Marrone sono fatti certamente pubblici, che riguardano le condotte di un consigliere comunale, e di come questo ha utilizzato i permessi per assentarsi da lavoro. Permessi che, ricordiamo, vengono rimborsati dal Comune, e quindi dai cittadini, al datore di lavoro del consigliere.
Marrone è stato licenziato, in più per gli stessi fatti, è pendente anche un processo penale davanti al Tribunale di Marsala per truffa e falso.