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10/01/2021 00:15:00

Scrive Filippo Ingrosso, infermiere di Castelvetrano, sulla pandemia e l'uscirne migliori

 Quasi tutto il 2020 l’ho passato lontano da casa, rassicurando la mia famiglia per telefono, chiedendo loro di stare in casa quanto più possibile e invitandoli alla prudenza. Ad oggi, non so per quante settimane o mesi del nuovo anno mi toccherà fare lo stesso.

Mesi passati da solo, chiuso in casa, sentendomi spesso un privilegiato per avere l’opportunità di poter lavorare e “svagarmi” fuori dalle solite quattro mura.

Sembra lo scenario di un film, magari poco avvincente o scritto male, in realtà è stata semplicemente la sintesi del mio 2020.

Di contro, il dover spiegare a tutti quanti che ciò che stava accadendo era vero, che è vero e continua ad essere reale.

Ho sempre pensato che la fortuna più grande per i miei conterranei sia stata di trovarsi in Sicilia fin dall’inizio di questo caos, aver vissuto da lontano l’improvvisa emergenza Covid. Se questa avesse preso il largo dalla Sicilia piuttosto che dalla Lombardia, tutto sarebbe stato diverso; dopotutto si sa, la Sicilia non si trova esattamente ai primi posti per quanto riguarda la Sanità. Il numero di contagi, le vittime, gli operatori sanitari in prima linea: numeri allarmanti in condizioni normali si sarebbero moltiplicati all’ennesima potenza, ma forse nessuno avrebbe sottovalutato l’emergenza.

Appare incredibile ma sono molti a credere che quanto visto negli ultimi mesi sia stata una montatura, una messa in scena mediatica attuata al solo scopo di metterci paura, magari con la complicità degli stessi operatori sanitari.

Che fosse una montatura lo avremmo voluto tutti quanti, tutti quelli impegnati in prima linea, tutti quelli costretti a restare in casa e rimanere lontani dai propri cari; lo avrebbero voluto soprattutto gli 80000 morti per Covid nel 2020. Loro avrebbero voluto sul serio che si fosse trattato di una montatura per continuare a vivere ancora, un mese o un secolo poco importa, ma almeno non morire così. 80000 morti per Covid, da soli in ospedale, lontani dai propri affetti, con un tubo giù per la gola o dentro un casco nella migliore delle ipotesi, basterebbero a convincere chiunque che non si sia trattato di una montatura, e invece no.

Abbiamo assistito alla fiera dell’assurdo nel momento in cui, alla riapertura di tutto, ci siamo dimenticati di quanto fosse accaduto nei mesi precedenti. Nessuna mascherina, nessun controllo, “non ce n’è coviddi!”.

E nel momento in cui siamo ripiombati nuovamente nell’incubo, il mantra di essere in dittatura ha cominciato a farla da padrone. Dittatura perché? Perché ci si chiedeva e ci si chiede buon senso e intelligenza? Perché ci hanno privato del Natale?

In ogni caso, abbiamo trascorso un Natale migliore rispetto a coloro che lo hanno vissuto dentro un’urna cineraria, o pronati con un tubo in trachea, o rispetto a quelle famiglie che quest’anno a tavola hanno messo un posto in meno.

In questo scenario desolante, la luce in fondo al tunnel era rappresentata dal vaccino; in effetti, un vaccino efficace arriva, anzi più di uno. Attraverso gli sforzi congiunti di case farmaceutiche, aziende di biotecnologie, ricercatori ed esperti del settore abbiamo avuto la fortuna di poter abbattere i tempi di preparazione e produzione e di avere a disposizione più di un vaccino sicuro e testato in tutte le sue fasi, con un’efficacia superiore al 90%. Era quello che volevamo, ma la realtà appare si mostra ben diversa.

Questo vaccino visto da sempre come unica via di fuga dall’incubo viene visto con sospetto.

Nonostante l’Agenzia Italiana del Farmaco si sia impegnata a più riprese a chiarire qualunque dubbio in merito a tempi e modalità di produzione dei vaccini, tutto ciò non va bene e la soluzione a questa emergenza appare sgradita, viene aizzata ad arte da chi parla a vanvera pur non avendo le competenze, perché fa tutto parte della messa in scena mediatica. Gli esempi positivi, come coloro che da sempre si sono spesi senza sosta in quest’emergenza, vengono spesso screditati.

La cosa raccapricciante è, non soltanto non aver rispetto di chi questa emergenza si è trovato obtorto collo a viverla in prima persona, rinunciando per mesi alla normalità del contatto familiare o alle feste in casa, ma infangare o rinnegare quegli 80000 morti.

Rinunciare all’unica possibilità di salvezza in questa tragedia, dopo aver buttato all’aria per mesi gli sforzi fatti in precedenza semplicemente per non aver voluto indossare una mascherina, è da irresponsabili. Aggiungo, da irresponsabili e da folli.

Ci è stato chiesto di provarne ad uscire migliori, ma con somma delusione noto che di migliore rispetto a prima ci sia ben poco; tuttavia, nulla è perduto e si è sempre in tempo per dimostrare il contrario.

Ho avuto la fortuna, in quanto operatore sanitario, di essere stato già vaccinato; nel giro di poco tempo, questa opportunità verrà estesa anche ad altre fasce di popolazione, fino a completare l’intero processo entro l’anno.

Ciò che mi sento di chiedervi è di non far cadere nel vuoto questa possibilità, di non essere superficiali, di fidarvi della Scienza e di chi lavora per la Scienza. È l’unica possibilità che abbiamo per metterci alle spalle quest’incubo, vero, reale e non fittizio, altrimenti non ci libereremo più della mascherina.

Se non volete farlo per voi stessi, fatelo per gli affetti fragili che vi stanno vicino.

Filippo Ingrosso