
La Procura si oppone all'assoluzione del giornalista Borrometi per diffamazione
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Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa, Fabio D’Anna, si oppone all’assoluzione del giornalista Paolo Borrometi nel processo ai danni del signor Franco Mormina e presenta appello contro la sentenza del Tribunale ibleo.
Con sentenza del 16 gennaio 2023, il giudice onorario Laura Ghidotti ha assolto in primo grado il giornalista dal reato di diffamazione aggravata. Erano i primi giorni di dicembre 2018 quando Borrometi, sul giornale on line “La Spia”, a più riprese, definiva il signor Franco Mormina quale “capomafia di Scicli”, denunciando mediaticamente la presenza dello stesso all’inaugurazione di un “centro scommesse”, invero un internet point, poi sottoposto a sequestro preventivo dai Carabinieri ma subito annullato dallo stesso Tribunale di Ragusa.
«Ritengo che durante il dibattimento sia stato dimostrato che il signor Borrometi, nonostante la laurea in giurisprudenza, avrebbe attribuito al signor Mormina la qualità di appartenenza alla mafia senza tener conto che lo stesso risultava essere stato assolto da simili accuse dalla magistratura», fa sapere l’avv. Michele Savarese, legale della persona offesa. «Il mio assistito non riporta infatti alcuna condanna per mafia, del resto nel nostro stato di diritto è solo la magistratura che può decretare se un soggetto appartenga o no alla criminalità organizzata, non certamente la Polizia giudiziaria le cui valutazioni devono essere sottoposte al vaglio dei giudici.
Possiamo quindi ritenerci soddisfatti dell'appello presentato dal Procuratore della Repubblica il quale ha inteso rimarcare le risultanze dei testi chiamati dalla difesa dell’imputato: “In particolare - scrive il Procuratore D’Anna - la teste Cocuzza Filippina - attuale Prefetto di Trapani - ha riferito di essersi attivata a seguito del clamore mediatico scaturito dalla diffusione, anche a livello nazionale, della notizia, ma nulla di più ha aggiunto rispetto a quanto emerso dalla lettura della sentenza della Corte d’Appello circa la presunta appartenenza del Mormina a organizzazioni criminali di tipo mafioso. Di analogo fumoso tenore le dichiarazioni del teste Giarrusso (Mario Michele, n.d.r.) che nulla hanno aggiunto al materiale probatorio acquisito”».

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