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09/11/2025 06:00:00

Agrigento Capitale della Cultura tra bocciature e polemiche

Per fortuna poche certezze ci sono nella vita, si, è vero, ma una di queste riguarda gli anni, che sono fatti, comunque vada, di 12 mesi, e vale per tutti, e vale dappertutto, anche qui ad Agrigento, Capitale Italiana della Cultura 2025, dove tutti guardano il calendario e sospirano. È già novembre, manca poco. Meno di 60 giorni. E finirà questo strazio.

Perché, a onor del vero, l’unica cosa che in questa "Capitale" procede con la cadenza svizzera di un cronoprogramma è il tempo che passa. Lo dice, nero su bianco in 198 pagine, la Corte dei Conti che ha letteralmente bocciato l’operato della Fondazione Agrigento Capitale della Cultura 2025, dell’amministrazione comunale e della Regione Siciliana.

Dovrebbe essere l'anno della rinascita, del riscatto e del tripudio turistico, ma a sessanta giorni dalla chiusura, l'iniziativa si è trasformata in un fallimento che persino i giudici contabili hanno trovato "noioso" da analizzare. La relazione della Sezione di Controllo per la Regione Siciliana, depositata il 28 ottobre, è un affresco impietoso. I magistrati rilevano una "molteplicità di profili di criticità afferenti alla fase organizzativa, programmatoria ed attuativa". Sussistono "rilevanti profili d'incertezza" e "significativi profili di confusione e di commistione" tra i 44 progetti del dossier e le attività finanziate dalla Regione.

Il problema più grave riguarda gli oltre 6 milioni di euro di fondi, quasi tutti pubblici. Si lamentano "rilevanti ritardi nella rendicontazione delle somme utilizzate" sia per i finanziamenti statali (Ministero Cultura) che regionali. In pratica, Agrigento ha incassato i milioni, ma non è chiaro come li abbia spesi, e questo blocca la disponibilità di ulteriori fondi. Dei 44 progetti previsti dal dossier di candidatura, solo quattro risultano conclusi. Trentuno sono operativi, ma ben 17 sono ancora "in allestimento" e cinque in fase di affidamento. Un ritardo che porta a dubitare dell'effettiva realizzazione degli obiettivi. La Corte non vede "elementi utili a dimostrare il conseguimento degli obiettivi" indicati nel dossier, come la coesione sociale, lo sviluppo economico o la valorizzazione del territorio. La Capitale della Cultura, insomma, è scivolata via "senza lasciar traccia o vantaggio per alcuno".

 

Il fallimento della "leva culturale": zero controlli sui risultati turistici

 

Il vero schiaffo della Corte arriva sul cuore dell'iniziativa: la sua capacità di generare risultati concreti e non solo fumo. L'obiettivo primario era valorizzare la cultura come "leva culturale per la coesione sociale, l'integrazione, la creatività, l'innovazione, la crescita, lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo".

Ma l'aspetto più rilevante per il pubblico non siciliano è l'assenza totale di verifica sugli esiti. La Corte lamenta che "non sussiste alcuna evidenza istruttoria sulla utilizzazione di strumenti dedicati alla verifica di congruità dei costi contrattuali [...] ed alla verifica dei risultati (positivi e/o negativi) collegati all’avviamento ed alla realizzazione dei singoli eventi". Parliamo di presenze alle singole manifestazioni, grado di soddisfacimento degli stakeholders, e, soprattutto, incremento della mobilità territoriale di matrice turistica. L'articolo di giornale, riprendendo la logica dei giudici contabili, lo riassume chiaramente: Agrigento "non si è raggranellato un visitatore in più in tutto l’anno rispetto al 2024".

La Corte dei Conti tornerà a valutare "i risultati effettivamente conseguiti a chiusura dell’iniziativa". L'appuntamento è al 31 dicembre 2025.

 

L'Hydra burocratica: il dossier di candidatura e il fallimento della "razionalità organizzativa"

 

I giudici contabili non si sono limitati a un’alzata di spalle sui conti non rendicontati. Hanno affondato il bisturi nella "razionalità organizzativa" della Fondazione, trovando non una struttura efficiente, ma una sorta di Hydra burocratica. La Corte evidenzia come la gestione fosse caratterizzata da una "carente razionalità organizzativa e inefficienza gestionale". Tradotto per chi è abituato all'efficienza settentrionale: non c’era un piano chiaro, e le responsabilità erano talmente diluite da rendere impossibile capire chi dovesse fare cosa.

Il dossier aveva promesso una rivoluzione strutturale: rigenerazione urbana, opere pubbliche, l'idea di fare sistema. Ebbene, la Corte non ha trovato "alcuna evidenza istruttoria positiva sul coordinamento tra le attività progettuali (a finanziamento statale e regionale) con le altre attività indicate nel dossier di candidatura". La Fondazione gestiva il cachet degli artisti, ma le infrastrutture e i progetti di lungo termine continuavano a navigare nel loro eterno limbo. La cultura non ha fatto da locomotiva; è stata al massimo un vagone deragliato che viaggiava su un binario completamente diverso da quello degli altri fondi. È la solita storia siciliana: l’annuncio è un successo, l’attuazione è solo un dettaglio fastidioso.

Nonostante la sonora bocciatura, il sindaco di Agrigento, Francesco Micciché, è riuscito a trovare un flebile spunto di ottimismo: "Non è mia intenzione negare le criticità sollevate, tuttavia le conclusioni della Corte alimentano un margine di miglioramento". A soli 60 giorni dal gong finale, il primo cittadino vede la relazione come un "stimolo a completare i progetti". Un po' come dire che il ritardo è un incentivo a correre, quando la corsa è già finita.

 

L’Interrogazione Parlamentare: il "Boomerang" finisce in Parlamento

 

C'è un dettaglio che non può sfuggire all'occhio disincantato di un osservatore non siciliano. La Corte dei Conti, pur rilevando il fallimento atomico, nota anche un "miglioramento del quadro gestionale". Ma attenzione, questo non è merito della città dei Templi. I benefici sono arrivati grazie alle "migliori professionalità provenienti dall'alta dirigenza dello Stato" ovvero a coloro che hanno portato un "rilevante contributo all'efficienza amministrativa". Tradotto dal legalese: la gestione è migliorata perché, dopo mesi di caos, sono arrivati i tecnocrati del "continente" a mettere una toppa. Un esempio è l'ex prefetto Maria Teresa Cucinotta, che ha preso il posto dell'ex presidente Giacomo Minio a gennaio.

Se la Corte ha fornito il referto, la politica non poteva restare a guardare. Ed è qui che entra in scena l'onorevole Ida Carmina (M5S), che ha subito annunciato il deposito di una interrogazione parlamentare. La sua mossa è il tentativo di trasformare l’agonia di Agrigento in un affare di Stato, chiedendo al Governo un monitoraggio straordinario sulla gestione e l’uso dei fondi.

L'atto di accusa della deputata è diretto: Agrigento 2025 è stata "un’occasione mancata, segnata da ritardi, sprechi e una governance inadeguata". Carmina lo dice chiaro: bisogna evitare che il progetto si trasformi in un "boomerang" per l'immagine della Sicilia, chiedendo di valutare l'attivazione dei servizi ispettivo di finanza pubblica e di adottare iniziative per "salvaguardare l’immagine" della Capitale. La politica, in sostanza, si aggrappa al vagone dei tecnocrati per salvare la retorica istituzionale.

 

Il Miracolo di Agrigento: come la Corte dei Conti ha terminato 16 progetti in una settimana

 

Il finale, per fortuna, riserva il colpo di scena più tipicamente siciliano: il miracolo.

Solo pochi giorni fa, la Corte dei Conti certificava la chiusura di appena quattro progetti del Dossier. Qualche giorno fa, invece, la Fondazione Agrigento 2025, per bocca della presidente Maria Teresa Cucinotta e del DG Giuseppe Parello, annuncia trionfante che i progetti conclusi sono diventati venti (più venti in corso). Un boom di efficienza che non può non far pensare: ringraziamo i giudici contabili! È bastata la minaccia di una bocciatura di 198 pagine per far partire cantieri, aprire infopoint e completare i lavori nell'ex carcere di San Vito, progetti che – non a caso – ora vengono sbandierati come "rimasti al territorio".

Qui siamo nella città di Pirandello, e quindi possiamo certificare il paradosso: la bocciatura, alla fine, è quasi un successo, e la Fondazione promette che "tutti i progetti saranno completati entro dicembre". La mostra di Banksy (attesa per dicembre) e la Sisters Academy (già in corso) sono il cachet culturale messo in vetrina per distogliere l'attenzione dal disastro di sistema.

 

La Sicilia e la nobile arte di fallire (con protocollo)

 

E così, a due mesi dal termine, Agrigento Capitale della Cultura 2025 non è una storia di successo, ma di successo giudiziario. La Corte dei Conti ha fissato la data del prossimo esame finale, ma il verdetto è già scritto nel fallimento del coordinamento e nella disarmante assenza di metriche turistiche.

 

Il flop della Capitale della Cultura non aggiunge visitatori, ma rinforza l'unica narrazione che resiste: l'annuncio è un successo, la sua attuazione è solo un dettaglio fastidioso. Forse, come suggeriva il governatore Schifani, la Sicilia sta vivendo davvero un "momento magico". Magico, sì. Perché in Sicilia, anche il fallimento può sparire nel nulla, coperto dal prossimo annuncio, dalla prossima emergenza. La nobile arte di non cambiare nulla, pur avendo firmato tutti i protocolli. E in questo, Agrigento è stata davvero "Capitale".



Cultura | 2025-12-06 21:22:00
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