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25/01/2023 06:00:00

40 anni fa la mafia uccideva il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto 

40 anni fa Cosa nostra uccideva il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto. Era la sera del 25 gennaio 1983 quando i killer di “Cosa Nostra” lo freddarono con decine di colpi davanti l’abitazione paterna di Via Antonino Carollo a Valderice, dove si recava quando preparava i processi e gli atti giudiziari. Il corpo del giudice fu trovato solo la mattina seguente da un passante, fino ad allora nessuno aveva avvisato la polizia.

A nove giorni dall'arresto del boss, capo di Cosa nostra Trapanese, Matteo Messina Denaro, la provincia di Trapani ricorda una delle tante vittime che hanno pagato con la vita la loro dedizione al dovere, al proprio lavoro fino in fondo, per servire lo Stato. Così è stato per Giangiacomo Ciaccio Montalto. Giustizia, legalità e l’alto senso dello Stato erano i valori più semplici, naturali e per lui familiari, che lo hanno accompagnato per tutta la sua esistenza.

La carriera in magistratura - Figlio di Enrico, giudice di Cassazione, entrò in magistratura nel 1970 e divenne Sostituto Procuratore della Repubblica di Trapani. Nei primi anni della sua carriera fu pubblico ministero nel processo al “Mostro di Marsala”, Michele Vinci, accusato di aver rapito e poi fatto morire in un pozzo tre bambine, tra cui la nipote. Ma è nel 1977 che la carriera di Ciaccio Montalto si indirizza su filoni d’indagine scottanti; si trova infatti ad indagare sui mafiosi trapanesi e sui rapporti con il mondo imprenditoriale e le banche. Fu tra i primi ad indagare sul traffico di eroina e commercio di armi dei clan, ma anche sulla sofisticazione di vini, sulle frodi comunitarie e gli appalti per la ricostruzione del Belice dopo il terremoto del 1968.

Le inchiesta sulla mafia - Montalto indagò sui corleonesi che in quegli anni iniziavano la scalata ai vertici di Cosa nostra. Loro alleati erano i Minore, tra cui Antonino (Totò), Calogero, Giuseppe e Giacomo, coinvolti in varie indagini come il finto sequestro dell'industriale Rodittis ed il sequestro del finanziere Luigi Corleo. Nel '79 Montalto chiese un mandato di cattura per Antonino Minore che fuggì da Trapani per evitare di essere arrestato. Giangiacomo Ciaccio Montalto portò davanti alla Corte di Assise diversi mafiosi locali; nell'ottobre del 1982 spiccò quaranta ordini di cattura per associazione mafiosa contro mafiosi e imprenditori collusi, che però furono tutti scarcerati per insufficienza di prove nel giro di qualche mese. Deluso dal risultato delle sue inchieste, decise di chiedere il trasferimento non come resa, ma per continuare il suo lavoro alla Procura di Firenze. In Toscana, dove i Salvo, gli esattori di Salemi, avevano trasferito le loro società e dove c’erano diversi mafiosi alcamesi e palermitani non ci arriverà mai. Ciaccio Montalto nonostante le minacce subite non aveva nè scorta nè auto blindata. Lasciò la moglie Marisa e le figlie Marene, Silvia ed Elena.

Le condanne all'ergastolo di Totò Riina e Mariano Agate - Furono almeno tre i killer, lo hanno freddato con decine di colpi. Ma quella sera oltre alla violenza della mafia ci fu l’indifferenza di chi poteva vedere e udire qualcosa e ha fatto finta di nulla. Il corpo di Montalto fu trovato, come detto, solo la mattina seguente da un passante, fino ad allora nessuno aveva visto nulla avvisato la polizia. erano gli anni in cui, nonostante i morti ammazzati e le stragi, c’era chi sosteneva che a Trapani la Mafia non esisteva. Ciaccio Montalto, ha combattuto contro una mafia che iniziava ad interessarsi agli appalti pubblici e a cambiare volto, una mafia che preferiva rimanere sommersa. Le indagini e il processo sulla sua morte portarono ad una condanna all’ergasto per Totò Minore e i mafiosi Ambrogio Farina e Natale Evola, che furono assolti in corte d’appello nel 1992; nel 1995 le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia hanno consentito l’individuazione dei veri mandanti dell’omicidio Montalto: Totò Riina e l’alleato storico Mariano Agate che con la frase “Ciaccinu arrivau a stazione”, sentenziò la morte del magistrato. Nel 1998 e poi negli altri due gradi di giudizio furono condannati all’ergastolo.

L'auto sbagliata - Nel racconto dell'omicidio del giudice Ciaccio Montalto, ci rientra la storia dell'auto sbagliata. Quella mattina, saputo dell'omicidio, alcuni giornalisti, tra cui Vincenzo Vasile dell'Unità, partono per Valderice con una vistosissima, gialla, Fiat 128 Coupè, quella di Vasile; prima di arrivare a Valderice l'auto sbanda e rimane in bilico in un dirupo, i giornalisti a bordo sono illesi e riescono a scendere dall'auto e a incamminarsi a piedi, arrivando fino a Trapani. Dopo ver fatto diverse tappe tra Palazzo di giustizia, Comune, Polizia e Carabinieri per raccogliere informazioni, i giornalisti si ritrovano in un bar per un pranzo veloce. La tv è accesa, c'è il telegiornale, e lì i giornalisti ascoltano il questore di Trapani, Gonzales dire: "Abbiamo individuato l'auto dei killer. Stranamente non l'hanno data alle fiamme". Scorrono le immagini e compare la Fiat 128 di Vasile, quando il giornalista arrivò sul luogo dell'incidente, trovò la sua auto attorniata da poliziotti della scientifica. Avevano trovato l'auto sbagliata. Qui il racconto completo della storia dell'auto sbgliata di Attilio Bolzoni:

Le iniziative a Valderice e Trapani A Valderice, con inizio alle ore 10:00, celebra il 40° anniversario della morte del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, assassinato dai sicari di “Cosa Nostra” nel 1983. Come ogni anno, la memoria del magistrato verrà commemorata con una corona che sarà deposta nel luogo dell’eccidio. Alle 10:30 seguirà un incontro sulla legalità con le scuole del territorio al Molino Excelsior. A Trapani questo pomeriggio alle 17:30, a quarant'anni dall'uccisione di Giangiacomo Ciaccio Montalto, appuntamento con "Parliamone di mafia!", confronto - dibattito tra i giovani e chi lotta contro la mafia, presso la Sala Sodano di Palazzo d'Alì.