Quantcast
×
 
 
12/10/2018 06:00:00

"Camuffò la lottizzazione abusiva a Torrazza". Perchè è stato condannato Michele Licata

Ha tentato di camuffare il progetto di costruire un mega resort con tanto di campo da golf e lido in una zona protetta. Ha tentato di spacciare degli alberghi per opifici per il trattamento di prodotti caseari. Se ne è infischiato delle norme urbanistiche che regolamentano le zone protette. Migliaia di file scoperti nei pc degli architetti di fiducia sono stati fondamentali per smascherare ciò che stava realizzando illegalmente Michele Licata a Petrosino, nella zona di Torrazza.

C'è scritto questo e altro nelle motivazioni della sentenza con cui l'ex re della ristorazione e del turismo a Marsala è stato condannato a due anni e mezzo di reclusione e al pagamento di diverse migliaia di euro di danni per la lottizzazione abusiva a Torrazza.
Dopo questa sentenza sono stati rinviati a giudizio anche i tecnici di Licata. Alla sbarra, davanti al giudice monocratico Matteo Giacalone, sono finiti gli architetti Giovanni Giuseppe Cammarata, tecnico “storico” di Licata, Gianluigi Pirrera e Gian Piero Lentini, progettista dello stabilimento balneare, e il costruttore Giuseppe Sciacca. Il progetto è quello del resort con tanto di campo da golf e lido esclusivo che la Roof Garden di Licata stava realizzando furbescamente a Petrosino. Siamo in zona Torrazza, Margi Nespolilla, una area protetta, di altissima importanza ambientale. Una vicenda che abbiamo raccontato sin dall'inizio su Tp24.it, sin dal primo mattone sospetto.
Una vicenda ricostruita dal giudice che smonta la difesa di Licata.

QUEI TERRENI COMPRATI DALL'IMPRENDITORE IN ODOR DI MAFIA
Comincia tutto nel 2009, quando la Roof Garden di Michele Licata compra i terreni di Torrazza dalla Cormorano, per 490 mila euro. La Cormorano era di Calcedonio Di Giovanni, ritenuto molto vicino alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, a cui sono sequestrati beni per 100 milioni di euro.

E' questo il primo atto della lottizzazione abusiva, la prima mossa di Licata per tentare di realizzare un resort di lusso senza averne le corrette autorizzazioni. La lottizzazione abusiva consiste nell'unione di tre progetti sulla carta diversi, ma poi facenti parte di un unico disegno imprenditoriale (e anche speculativo di una zona protetta). Il campo da golf con sei buche e club house, gli edifici (sulla carta opifici) da adibire ad alberghi e il lido sulla spiaggia di Torrazza. Il giudice esamina tutti i passaggi, e motiva perchè c'è stata la lottizzazione abusiva, in cosa consiste, smaschera i tentativi di Licata di aggirare vincoli ed estendere autorizzazioni.

Licata ha tentato di costruire un resort di lusso con campo da golf e stabilimento balneare partendo dall'acquisto di terreni in zona a verde agricolo e ricadente nei margi Nespolilla, un'area protetta dalla convenzione Ramsar.
Si era fatto autorizzare la costruzione di due edifici spacciandoli sulla carta per opifici, ma quelli che sono stati cominciati a costruire sarebbero diventati alberghi. Un altro progetto era quello del campo da golf, adiacente al primo. E poi c'era il lido, anche questo, sulla spiaggia di Torrazza, ricadente nella stessa zona.

IL LIDO
Il caso del resort che vuole costruire Michele Licata viene fuori soprattutto grazie a quello che succede in riva al mare, sulla spiaggia di Torrazza. Lì, a cavallo delle elezioni amministrative del 2012 viene realizzato un lido dalla società di Licata. E' in spiaggia, ma ricade in una fascia di proprietà della Roof Garden. Comincia tutto da qui, dalle proteste dei cittadini che si sono costituiti in comitato, dagli esposti in procura per la stagionalità del lido. Lo stabilimento balneare infatti aveva ottenuto la concessione stagionale nel 2012. Finita l'estate doveva essere smontato. La concessione scadeva il 31 ottobre, mma a novembre la struttura, con basi in cemento, era ancora lì. La nuova amministrazione guidata dal sindaco Gaspare Giacalone, tra i promotori del comitato per Torrazza libera, intima a Licata di smontare tutto, questo non avviene e il lido viene sequestrato dall'autorità giudiziaria. Durante il processo i difensori di Licata hanno sostenuto che le accuse nascono per colpa dell'amministrazione Giacalone, una sorta di accanimento, una ragione politica insomma. Così non è, e il giudice non ravvisa comportamenti inopportuni dell'amministrazione Giacalone.

I PROGETTI NASCOSTI NEI PC
La Procura indaga, e nel 2013 sequestra tutto. Il sospetto è quello della lottizzazione abusiva. Quello che dietro agli opifici ci fosse in realtà il progetto per trasformare la zona in un enorme complesso turistico. I tecnici incaricati dalla procura hanno avvalorato questa tesi spulciando i file contenuti nei pc degli ingegneri ingaggiati da Licata per mettere in pratica il fattaccio. Oltre 50 mila documenti sono stati trovati in un pc inserendo come parola chiave “Michele Licta” i numeri delle particelle, “Torrazza”, “Margi”, “Nespolilla”, “Roof Garden”.
In particolare, nel pc dell'architetto di fiducia di Licata, Cammarata, vengono trovati dei file che confermano le modifiche al progetto degli opifici, quello dichiarato, in qualcos'altro. Le modifiche consistevano nella previsione di una tramezzatura interna che in uno degli edifici, originariamente dichiarati e autorizzati come opifici, avrebbe consentito la creazione di 16 camere. Nell'altro edificio ci sarebbero state 12 camere, tutte con bagno. Scrive l'ingegnere che ha esaminato i file che tutte le “modifiche” sono compatibili con la struttura, e questo fa ritenere che questa destinazione era già prevista nella prima fase di progettazione e che non si trattava di una modifica sopraggiunta. Vengono inoltre trovati dei file con i rendering di tutta la zona di Torrazza, così coma la si voleva trasformare. Uno di questi è datato 17 dicembre 2010 ed è l'elemento provante che c'era già dall'inizio l'intenzione di mettere in atto una lottizzazione abusiva.

COS'E' LA LOTTIZZAZIONE ABUSIVA
Il giudice in sentenza spiega cos'è la lottizzazione abusiva, e smaschera il tentativo di difesa di Licata. L'imprenditore marsalese sosteneva di avere tutte le autorizzazioni. Aveva le autorizzazioni per dei progetti sulla carta diversi da quello che stava invece realizzando. Progetti che, sempre sulla carta erano indipendenti, ma racchiudevano un unico intento imprenditoriale. Il giudice spiega che la legge che definisce la lottizzazione abusiva “prevede il divieto di lottizzazione di tereni a scopo edilizio prima dell'approvazione di strumenti urbanistici quali il Piano regolatore generale o il programma di fabbricazione”. Ci vogliono poi piani di lottizzazione votati in consiglio comunale, cosa che non è avvenuta. Il giudice spiega anche che il reato di lottizzazione abusiva “non offende soltanto il bene strumentale del governo e della programmazione del territorio, ma il bene finale rappresentato dal territorio stesso, inteso come ambiente, come luogo fisico in cui la collettività vive ed opera e che direttamente influisce sulla qualità individuale e sociale di vita”. Tutto ciò è ancora più importante per una zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale.


Licata – scrive il giudice – ha cercato di dimostrare la legittimità dell'autorizzazione edilizia per lo stabilimento balneare e la legittimità del permesso di costruire dei due “opifici”. Ma “la legittimità del singolo provvedimento amministrativo non determina affatto il venire meno della fattispecie di lottizzazione abusiva, allorchè i provvedimenti in questione abbiano determinato una trasformazione edilizia o urbanistica dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici”. Rileva il giudice che i tre progetti sono stati presentati separatamente e in tempi diversi per mascherare le cose, “camuffare il più possibile ciò che sarebbe stato realizzato”. In più l'investimento iniziale per comprare i terreni è stato ingente e certamente Licata non lo aveva fatto per dei semplici opifici, visto che la produzione casearia non è sua materia.
In questa parte in basso della sentenza il giudice smaschera Licata. Dice tutto su un imprenditore che ha agito con spregiudicatezza.