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17/11/2018 06:00:00

Ecco come la mafia punta sulle scommesse on line

"Follow the money", così, seguendo quello che era il motto di Giovanni Falcone gli investigatori sono riusciti a ricostruire finanziamenti e investimenti di una rete criminale ramificata in tutta Italia che gestiva un enorme giro miliardario di scommesse on-line.

Da queste indagini mercoledì è scattato il mega blitz che ha portato all'arresto di 68 persone. Tre le procure coinvolte, quelle di Catania, Bari e Reggio Calabria, coordinate dalla Direzione nazionale antimafia. Diversi i gruppi criminali che si spartivano e controllavano con modalità mafiose, il lucrosissimo mercato della raccolta illecita di scommesse su eventi sportivi e non. Si parla di un volume di giocate superiore a 4,5 miliardi di euro su diverse piattaforme online.

Agli arrestati sono stati sequestrati beni in Italia e all'estero per un valore di oltre un miliardo di euro. Ottanta le perquisizioni in tutto lo stivale. Questa la maxi operazione coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e che ha coinvolto Guardia di Finanza, Polizia, Carabinieri e Dia. I reati contestati sono tutti riconducibili all'associazione mafiosa, al trasferimento fraudolento di valori, al riciclaggio ed autoriciclaggio, all'illecita raccolta di scommesse online ed alla connessa fraudolenta sottrazione ai prelievi fiscali dei relativi guadagni. 

Tutte le consorterie criminali unite intorno a questo business -  Da cosa nostra siciliana alla ’ndrangheta in Calabria, fino alla camorra campana e i clan emergenti in Puglia. Per la prima volta un unico business ha messo assieme attorno allo stesso tavolo tutte le consorterie criminali. Ma la regia, stavolta, era nelle mani degli esponenti pugliesi dei clan mafiosi Parisi e Capriati.«Gli ingenti guadagni originati dall’attività organizzata di raccolta delle scommesse – dicono in procura a Catania –, sono stati reintrodotti dalle compagini criminali nel circuito economico legale mediante l’acquisizione di svariate attività commerciali, la maggior parte delle quali operative nel gaming avente la loro sede non solo in Italia ma anche all’estero». Il centro gravitazionale del circuito illecito era rappresentato dalle società riconducibili a marchi noti, come 'Planetwin365', 'Revolutionbet' e 'Bet1128', «per le quali è stata accertata la soggiacenza  - continuano gli investigatori – a condotte e modalità operative di stampo mafioso o comunque finalizzate ad agevolare gli interessi delle “famiglie” Santapaola-Ercolano e Cappello, operanti nella provincia di Catania, Tegano operante nella città di Reggio Calabria, Piromalli-Pesce-Bellocco, operanti nella piana di Gioia Tauro, la famiglia Martiradonna facente parte del clan Parisi, operante nella provincia di Bari».

Le Fiamme Gialle hanno individuato una cinquantina di agenzie coinvolte tra Catania, Siracusa e Messina e hanno calcolato che in Sicilia c'erano profitti per cento milioni di euro con un giro di scommesse per 1,3 miliardi di euro.

La torta delle scommesse in rete, veniva spartita quasi equamente tra i clan. Poi venivano reinvestiti in patrimoni immobiliari e posizioni finanziarie all'estero intestati a persone, fondazioni e società, tutte schermate grazie alla complicità di diversi prestanome. E proprio per rintracciare il patrimonio accumulato ed effettuare i sequestri è stata fondamentale la collaborazione di Eurojust e delle autorità giudiziarie di Austria, Svizzera, Regno Unito, Isola di Man, Paesi Bassi, Curacao, Serbia, Albania, Spagna e Malta.

Determinanti sono state le dichiarazioni di un pentito, un professionista delle scommesse, che ha operato con i clan reggini, catanesi e baresi per lo sviluppo e l'imposizione sul mercato di varie piattaforme di gioco. È stato lui a svelare le nuove frontiere degli affari criminali e il profilo dei nuovi picciotti chiamati ad esplorarle. 

Le indagini andavano avanti da tre anni e nel 2016 hanno avuto un punto di svolta quando gli agenti hanno ottenuto la certezza di trovarsi davanti a esponenti della ’ndrangheta nel corso di uno dei controversi viaggi verso il santuario della Madonna di Polsi, nel Reggino, dove i boss si davano ogni anno appuntamento. L’intero «pellegrinaggio » era stato organizzato secondo la classica modalità ’ndranghetista, prevedendo «un passaggio, in segno di rispetto, davanti alle Case Circondariali di Reggio Calabria “San Pietro” e “Arghillà” nonché nei pressi dell’abitazione del boss Roberto Roberto Franco», scrivono i magistrati nell’atto d’accusa. Tutto alla luce del sole, utilizzando per il trasporto dei «pellegrini » un autocarro scoperto, «allestito in modo adeguato alla circostanza (impianto di amplificazione, generatore elettrico, etc..)».

"Io cerco i nuovi adepti nelle migliori università mondiali e tu vai ancora alla ricerca di quattro scemi in mezzo alla strada che vanno a fare così.. Bam, bam!!". In una intercettazione agli atti dell'inchiesta così diceva un indagato. "Io cerco quelli che fanno così, invece: Pin, pin!! Che cliccano! Quelli cliccano e movimentano... E' tutta una questione di indice".