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23/02/2020 06:00:00

Paura del Coronavirus? Risponde Alessandro Manzoni

L’epidemia ormai s’è diffusa a Milano. Il rapido propagarsi del morbo e la figura irrintracciabile del cosiddetto “paziente zero” aumentano inevitabilmente la diffidenza tra la gente: in città è scoppiato il panico.

Durante le ricerche delle origini del contagio, è stato prelevato da casa sua e portato via con la forza un uomo di mezza età, Guglielmo Piazza, che alcuni testimoni hanno visto nei pressi di Porta Ticinese proprio dove è stata ritrovata una strana sostanza giallastra. Che si presume possa essere l’effettiva causa della terribile pandemia che tiene tutto il paese attanagliato dalla paura.

Quella che avete appena letto, sembra una cronaca scritta negli ultimi giorni. Nel clima in cui siamo immersi, anche se colpiti dalla “strana sostanza giallastra”, ci lasceremmo abbagliare da qualsiasi spiegazione pur di dare un nome, un cognome e un colpevole a quello che sta accadendo in Italia, e nel resto del mondo. Ma no, non è stata scritta in queste ore, e nemmeno in questo secolo. È la trama della Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni, che racconta ciò che successe tra le mura milanesi al tempo della peste del 1630.

La sfiducia collettiva e il sospetto reciproco cominciano ad annebbiare la vista, ieri come oggi. E tutti, a questo punto, oltre che essere potenziali vittime del virus, diventano anche potenziali untori. Vicino ai ristoranti o ai negozi cinesi, in metro o sopra l’autobus, per le strade affollate appena qualcuno prova ad accostare la mano al naso e poi starnutire: ecco che abbiamo trovato le nostre nuove porte ticinesi, perfetti alibi per la nostra irrequietezza e, in senso letterale, ignoranza.

Bisogna stare attenti, però, perché, come scrive Manzoni, «è un sollievo il pensare, se non seppero quello che facevano, fu per non volerlo sapere, fu per quell’ignoranza che l’uomo assume e perde a suo piacere, e non è una scusa, ma una colpa; e che di tali fatti si può bensì esser forzatamente vittime, ma non autori».

L’autore dei Promessi Sposi ci ricorda in queste ore il nostro senso di responsabilità individuale. Niente giustifica un evento come quello accaduto a Trapani, dove un commerciante di origini cinesi, è stato additato come l’untore della città o il sensazionalismo di certi giornali che ai già 76 casi accertati di contagio, accresce esponenzialmente il numero, trovando il coronavirus ovunque.

Dovere civile di ciascuno di noi è sostituire l’allarme e la tensione personale con il nostro senso di comunità, che ci spinge a leggere obiettivamente i dati rilasciati dal CNR (Centro Nazionale delle Ricerche): l'infezione causa sintomi lievi/moderati (una specie di influenza) nell'80-90% dei casi. Nel 10-15% può svilupparsi una polmonite, con sicure prospettive di guarigione per la maggior parte dei pazienti. Solo il 4% richiede il ricovero in terapia intensiva. Il rischio di complicazioni aumenta con l'età, su persone sopra 65 anni, con patologie preesistenti.

Guglielmo Piazza e altri sedicenti untori furono condannati «al taglio della mano, ad essere squarciati a brani con tenaglie roventi, rotti sulla ruota e sgozzati dopo sei ore di agonia». Se vi sembra una situazione improbabile e impossibile da replicare, basta guardarsi dietro di qualche decennio, pensare alle fine fatta dagli ungitori di spagnola o dagli ebrei pestilenziali.

Che la situazione non peggiori più di quanto non lo sia già, è l’impegno che ognuno dovrebbe iscrivere in sé stesso. Rispettare le misure di prevenzione previste dal governo, che prontamente sta rispondendo alla crisi; vivere la propria quotidianità senza inquietudini e catastrofismi. Per non essere, ancora una volta, vittime dell’incurabile virus della nostra stessa Storia.

Marco Marino