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21/04/2021 06:00:00

A Vita per il centro storico c'è ... nuova vita 

Alle ultime elezioni comunali, Giuseppe Riserbato fu il solo ad avere il coraggio di credere ancora nella forza delle democrazia.

Fu l’unico candidato a presentare una lista e un programma.

I suoi concittadini capirono, e lo elessero, superando il quorum abbondantemente.

L’idea guida del programma di Riserbato puntava su una seconda fondazione del paese di Vita, sia sul piano urbanistico sia sul quello demografico.

Qualcuno lo bollò come utopistico.

Ma ad un sindaco che non osa pensare in grande cosa resta? Solo l’ordinaria amministrazione con la firma di qualche certificato. Abbastanza frustrante.

Brutto mestiere quello del sindaco di questi tempi, e nei piccoli centri ancora peggio.

Risorse finanziarie sempre più ridotte. Bilanci complicati da chiudere. Assunzioni bloccate. Ma anche per l’ordinaria amministrazione si cammina ad ostacoli.

Prendiamo ad esempio I finanziamenti per i “cantieri scuola” di una volta. Sebbene fossero criticati, erano utili almeno per realizzare alcuni interventi di manutenzione. Oggi nemmeno questo. Sono stati decurtati del 50%. E di buche ne puoi rattoppare solo la metà. Le altre rimangono per lanciare imprecazioni contro chi, se non contro il sindaco di turno?

A Vita, poi, persino la polizia municipale, da quando nel febbraio del 2016 è andato in pensione l’ultimo vigile urbano in servizio, non esiste più.

E tuttavia rimane sempre il sindaco il punto di riferimento della gente, in tutti i comuni. Spesso assumendo l’ingrato ruolo di parafulmine alla inadempienze governative sia nazionali, sia regionali.

Se a tutto questo si aggiunge il triste fenomeno dello spopolamento, diventato ormai endemico da un ventennio a questa parte in gran parte dei piccoli comuni, il quadro si fa ancora di più a tinte fosche.

Di questi malanni il comune di Vita, al pari degli altri, soffre da diversi lustri ormai.

Dopo avere superato il picco dei seimila abitanti ai primi del 1900, la curva demografica si è via via abbassata fino a raggiungere il dato allarmante delle 1800 anime di questi giorni, quasi mille unità in meno in dieci anni.

Oggi non c’è però un viceré spagnolo che concede lo “jus populandi” ( la licenza a popolare una zona) , come accadde proprio al suo fondatore, il barone Vito Sicomo di Calatafimi agli inizi del 1600.

Ad aggravare la situazione, le ferite ancora aperte dopo il sisma di 53 anni fa..

E’ sufficiente risalire le scalinate che s’inerpicano dal corso principale verso la zona della vecchia madrice (anch’essa costruita da Sicomo) per rendersi conto dello stato di abbandono di quasi tutto il centro storico, preda ormai di erbacce, piccioni e ratti.

Anche per Vita vale ciò che si è detto per gli altri comuni della cosiddetta Valle del Belice colpiti dalla catastrofe del ’68: non tutte le rovine furono causate dal sisma, e a alla furia del natura naturale si aggiunse dopo anche quella umana!

Parafrasando la locuzione latina di una delle più celebri pasquinate della Roma del 1600 “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini” (Quello che non hanno fatto i barbari, fecero i Barberini), possiamo dire senza timori di essere smentiti, che, specialmente nei comuni a parziale trasferimento, ciò che non distrusse il terremoto, lo distrussero gli uomini, accecati dall’ignoranza e dalla cupidigia.

A conferma di quando scriviamo, si pensi alle rispettive chiese madri di Vita e di Salemi. Stesso discorso per tantissime abitazioni civili abbattute per fare sorgere ville in lotti privati o addirittura nei comuni viciniori. Ovviamente con i soldi pubblici.

Con il triste risultato di avere tanti centri storici abbandonati e affidati all’eterno fluire del tempo.

Non fa eccezione quello di Vita, dove permangono ampie aree spopolate, occupate soltanto dai ruderi degli edifici semidistrutti ricoperti da ortiche e piante fico selvatico.

Si tratta delle aree di risulta acquisite al patrimonio comunale, in seguito al possibilità data ai proprietari delle case segnate in rosso di ricostruire nella nuova zona urbana, situata più a valle, in direzione del Bosco della Baronia.

Se a tutto ciò aggiungiamo il completo disimpegno statale, che si limita oggi ad erogare gli ultimi risibili finanziamenti spesso con biblici ritardi, il quadro diventa ancora più drammatico. E non è azzardato dire che si è arrivati ad un punto di non ritorno. O si cambia rotta o è la fine.

Della situazione ne è stato cosciente il sindaco Giuseppe Riserbato fin dalla sua candidatura. Oggi è il tempo di accelerare. E’ urgente imprimere una sterzata, Con ii fatti e non a parole.

Il primo risultato si è avuto in questi giorni che dovrebbe segnare il punto di partenza per incidere una svolta decisiva.

E’ stato siglato un accordo di collaborazione tra il sindaco Riserbato e Liborio Furco, presidente del Gal Elimos, che prevede ( citiamo testualmente) “la rigenerazione urbana del Borgo trapanese distrutto dal terremoto del 1968”.

A metà strada tra Salemi e Calatafimi, il borgo fondato nel ‘600 dal barone Vito Sicomo, è collocato tra colline ricche di storia, lussureggianti di vigneti, animate da greggi e mandrie al pascolo, ma circondato anche da verdeggianti boschi tanto da far pensare ad un paesaggio su alpino.

Una cornice naturale che ben si confà al programma che si vorrebbe attuare, pensato per una crescita economica basata sullo sviluppo delle risorse locali.

Una rivoluzione copernicana.

Non più effimeri “benefattori” calati dall’alto e venuti da fuori ( come un tale Zonin di qualche anno addietro, tanto per citarne uno), ma il coinvolgimento di soggetti autoctoni, del posto, interessati ad essere loro i protagonisti di una rinascita economica e sociale del territorio.

Una scelta obbligata, per certi versi, pena la morte per consunzione.

A cominciare dal recupero di gran parte del tessuto urbano, attraverso interventi di ricostruzione, ristrutturazione e messa in sicurezza di gran parte degli immobili di proprietà del Comune da destinare ad unità abitative, ma anche ad attività produttive e commerciali.

“Grazie al GAL Elimos -spiega Il Sindaco - la nostra Amministrazione potrà ottenere, senza alcun impegno di spesa, la collaborazione tecnica necessaria per elaborare un articolato e complesso programma di rigenerazione del centro storico. Il programma è ancora da definire nei dettagli ma abbiamo già focalizzato l’attenzione su interventi capaci di valorizzazione la qualità delle relazioni sociali, del benessere individuale e collettivo che i piccoli borghi come il nostro riescono ancora a garantire ai propri abitanti”.

Il progetto prevede, come dicevamo, anche il ripopolamento del centro storico.

Come? Con la ricerca di una partnership interessata a finanziare la ristrutturazione di 250 immobili di proprietà del Comune di Vita da destinare, come sta scritto nell’accordo, a residenze con classe energetiche elevatissime ed a sedi di attività produttive.

Sono previste anche iniziative di carattere sociale finalizzate a creare attrattività per nuovi abitanti, visitatori e viaggiatori.

Le idee da mettere in cantiere sono numerose e stimolanti.

Come ad esempio quella del cosiddetto albergo diffuso che, come si sa, si tratta generalmente di un'impresa ricettiva alberghiera situata in un borgo, formata da più case, preesistenti e vicine fra loro, ma con una gestione unitaria e in grado di fornire servizi alberghieri a tutti gli ospiti.

Un sistema ormai diffuso ovunque, anche in Sicilia. Molte di queste, chiamiamole locande, sono nate proprio con l’intento di riportare alla vita strutture abbandonate per rivitalizzare il tessuto sociale e le tipicità locali che altrimenti andrebbero perdute.

Ma anche le residenze per gli anziani, il turismo equestre, la rivalutazione degli antichi mestieri artigianali avvalendosi dei nuovi meccanismi di comunicazione sul web.

“Il programma per la rigenerazione urbana di Vita – ha precisato il Presidente del GAL Elimos Liborio Furco - è pensato come un nuovo modello di crescita basato su strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo. Soltanto coinvolgendo i possibili portatori d’interesse potremo formulare programmi e definire interventi che mirino alla sostenibilità della qualità della vita individuale ed al benessere dell’intera comunità di Vita.”

La filosofia dell’accordo tra il Comune e il Gal si fonda su alcuni punti fermi che in sintesi riepiloghiamo.

Prima di ogni cosa, occorre acquisire la consapevolezza del grande valore di ciò che il territorio possiede.

Riscoprire con occhi diversi le bellezze paesaggistiche del territorio, valorizzare i prodotti della nostra terra e dei nostri allevatori, guadare con una visione nuova il fascino storico dei luoghi che ci circondano.

Tutto ciò presuppone la messa al bando di ogni sterile individualismo e la comprensione che una zona si “vende” al mercato turistico-alimentare e gastronomico nella sua interezza e tipicità e non con offerte frastagliate come è stato fatto episodicamente fino ad oggi.

Franco Ciro Lo Re

Nella foto da destra: il segretario del Comune Elia Maggio, l’assessore Antonella Vaccara, il sindaco Giuseppe Riserbato, il presidente del Gal Liborio Furco, il presidente del Consiglio comunale Diego Genua. Alle spalle il ritratto di Vito Sicomo, fondatore di Vita.



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