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26/11/2016 06:00:00

Il mio no alla riforma/3: Italicum pessima legge elettorale. Modifiche pasticciate...

 Ultimata la disamina (di certo non esaustiva) della Riforma Costituzionale e del metodo seguito per approvarla, uno sguardo alle possibili conseguenze che ne deriverebbero se dovesse passare. Largo, quindi, al “Convitato di pietra”: l’Italicum, la legge elettorale che “tutta l’Europa ci copierà”. Approvata in Aula a colpi di “fiducia”, dopo l’estromissione dei membri PD “dissenzienti” dalla Commissione Affari costituzionali (precedenti: legge Acerbo e legge-truffa): cosa dice l’Italicum? Non la coalizione, ma la lista che si piazza al primo posto, con almeno il 40% dei voti, conquista il 54% dei seggi (340 sui 630 disponibili). Se nessuna lista, però, raggiunge il 40%, si svolge un secondo turno di ballotaggio: la lista che risulterà vincente, s’accaparrerà il medesimo bottino. Per effetto di un premio di maggioranza spropositato, che lede il diritto all’eguaglianza del voto. Ancora: l’Italia sarà divisa in 100 collegi, ciascuno dei quali eleggerà da 3 a 9 deputati. Tutte le liste che oltrepassano la soglia del 3%, conquisteranno seggi. Il primo andrà al capolista, gli altri, se ve saranno, verranno assegnati in base alle preferenze. Ora, considerato che solo nei colleggi più grandi, uno o, al massimo, due partiti eleggeranno più di un deputato, quasi ovunque, a risultare eletti, saranno i soli capilista: scelti dai partiti e liberi presentarsi in più collegi. L’intreccio di capilista “bloccati” e candidature plurime, significa che il 60% dei deputati sarà appannaggio dei fedelissimi dei diversi partiti: 375 su 630. Aggiungendo ad essi i 100 senatori, avremo il seguente, splendido risultato: nel nuovo Parlamento – che eleggerà il Presidente della Repubblica, membri della Consulta e del CSM – troveranno posto circa 475 nominati e 242 eletti. E veniamo – finalmente – alle considerazioni finali.

E’ del tutto evidente che, il “combinato disposto” tra i due provvedimenti, mette nelle mani dell’uomo solo al comando le incerte sorti del Paese. Per farne che? Eseguire, senza intralci, i diktat della finanza internazionale. Al tempo dei “governi esecutivi”,infatti, gli Stati indebitati (Grecia, Italia, Spagna, Portogallo) spogliati della loro “sovranità”, devono ubbidire alle linee di politica economica elaborate dalle istituzioni internazionali – FMI, BCE, UE – a loro volta in balia delle vessazioni dei “mercati”(leggi: Lettera Trichet-Draghi, fiscal compact , costituzionalizzazione del “pareggio di bilancio”, Report J.P.Morgan).

La “piramide” s’è rovesciata: non sono più i popoli a permeare le istituzioni rappresentative. In ogni momento, il perimetro disegnato dalle costituzioni può essere travalicato se non è in linea con i “desiderata” dei poteri finanziari sovranazionali. Ecco perché, per chi scrive, il referendum è anche l’occasione per rilanciare i principi fondamentali della nostra Carta, per ridare linfa alla partecipazione dei cittadini, speranza di futuro alle nuove generazioni, senso al sacrificio dei centomila morti della Resistenza.

Leggiamo, attoniti, dati sconcertanti per una “Repubblica Democratica fondata sul lavoro”. ISTAT: disoccupazione al 40%, oltre 2 milioni i NEET, e, in Sicilia, 56% dei giovani senza lavoro, RAPPORTO CARITAS: 5 milioni sotto la soglia di povertà, 2 milioni tra i 18 e i 34 anni. Ai 1649 centri d’ascolto diocesiani,si sono rivolte 200.000 persone: al Sud, più italiani che stranieri. Fondazione Migrantes: nel 2015, dalla Sicilia 10.000 emigrati al Nord,in Germania e Gran Bretagna. Osservatorio Banche/Imprese: nell’isola, tessuto produttivo desertificato e fosche previsioni di ulterirore contrazione del PIL nelle provincie di Agrigento, Palermo e Trapani. E’ venuto il tempo di ricordare alle classi dirigenti che, nonostante l’art. 32 Cost. tuteli la salute come “fondamentale diritto dell’individuo”, nel 2015, 11 milioni di persone, in Italia, hanno dovuto rinunciare a curarsi. Che, nonostante l’art. 34 Cost. – “La scuola è aperta a tutti” – un ragazzo su quattro, nell’isola non va oltre la terza media. Che, in barba all’art. 53 Cost. – “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” – il 90% del gettito erariale è assicurato dai tributi pagati dai lavoratori dipendenti, l’evasione fiscale ammonta a 180 miliardi, la corruzione ce ne costa 70.

Ecco le ragioni per cui dico “NO” a ‘queste’, pasticciate modifiche della Parte II, sperando che una sonante vittoria, avvii una nuova stagione di lotta per l’applicazione della Parte I della Costituzione.

G. Nino Rosolia