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11/12/2020 06:00:00

Covid-19, ci sarà una quarta ondata di origine negazionista?

 Lo so, siamo stanchi di questa parentesi che non si chiude mai. Il Covid-19 è diventato il protagonista principale di giornali e tv. Ormai tutto gira intorno al coronavirus e siamo sfiniti da questa crisi così prolungata.

Secondo l’OMS, Il 60% degli europei sarebbe stato colpito dalla cosiddetta Pandemic Fatigue.

Si tratta di una reazione naturale di fronte ad una situazione di cui non si intravede la fine.

E’ un malessere profondo che deriva dal non percepire più il controllo sulla propria vita.

Allora la minaccia diventa familiare, ci si abitua, si normalizza il pericolo e si abbassa la guardia, sviluppando meccanismi di difesa come la negazione e la razionalizzazione.

 

L’informazione poi è troppa (infodemia) e spesso farcita da fake news. Si esulta (troppo) se la curva oggi scende, così come ci si deprime (troppo) se domani la curva sale. Eppure era stato detto più volte, durante la prima ondata, che l’andamento andrebbe valutato almeno di settimana in settimana.

 

E “le tre T” che avrebbero dovuto proteggerci, che fine hanno fatto?

 

La prima era la T di Tracciare.

Gli italiani ci hanno messo sei mesi per arrivare a sei milioni di download dell’app Immuni.

Per l’app IO invece, quella che serve ad ottenere il cashback e lo sconto del 10% sulla spesa, la stessa cifra di download si è ottenuta in poche ore.

La prima ci avrebbe permesso di tracciare i contagi, la seconda ci promette risparmi sugli acquisti.

Gli italiani hanno puntato su questi ultimi.

La seconda T era Testare.

Tamponi molecolari che mancano, risultati che tardano, test antigenici poco attendibili. Ma anche “tamponi d’oro” e truffe, per non farsi mancare nulla.

E la terza T era Trattare.

Soprattutto a livello domiciliare, per non intasare i pronto soccorso. Ma anche qui, operatori allo sbaraglio e telefoni che squillano a vuoto. Persino assembramenti davanti agli studi dei medici di famiglia per le ricette dei soliti farmaci.

 

E poi ci sono i negazionisti.

 

Ormai tanti concordano sul fatto che il web abbia dato parola agli imbecilli, come aveva detto Umberto Eco. Verissimo.

Ma l’ha data anche a quelli che esprimono un disagio. E l’effetto, il più delle volte non è stata una benefica catarsi, perché i social ne hanno amplificato il principale meccanismo di difesa: la negazione. Che, insieme alla rimozione e alla razionalizzazione, sono le colonne portanti di quello che ormai è conosciuto come il “negazionismo”. Con la nascita di simpatici epiteti contro chi è invece consapevole dell’emergenza sanitaria mondiale: “pandementi”, “covidioti” ed altre amenità.

 

Il problema è che con i negazionisti ed i complottisti non si può ragionare, perché la realtà non viene affrontata in termini razionali ma emotivi.

E allora bisognerebbe avere, cosa impossibile sui social, lo stesso approccio che ha uno psicoterapeuta con il proprio paziente, ovvero comprendere il disturbo sottostante al sintomo.

Il punto però è che chi ce l’ha non lo considera affatto un sintomo, ma un’ancora di salvezza.

Insomma, per impedire che il negazionista vada alla deriva, sopraffatto dal cosiddetto pensiero intollerabile, occorre dargli un’alternativa. Collettivamente.

Ma per farlo bisognerebbe pianificare una sensibilizzazione capillare molto diversa dalla semplice campagna d’informazione sull’argomento.

E non c’è tempo.

 

Non c’è tempo soprattutto per impedire che la deriva negazionista possa rappresentare un freno alle vaccinazioni.

Se il vaccino sarà disponibile per i meno fragili soltanto all’inizio dell’estate 2021, molte persone potrebbero rifiutarsi di farlo, aiutate dal fatto che magari la curva dei contagi si è abbassata proprio come è accaduto nel giugno scorso.

E dato che in una pandemia un vaccino funziona soltanto se a farlo è la quasi totalità della popolazione, ad una terza ondata post natalizia (che diversi scienziati danno ormai per certa) potrebbe seguirne una quarta (di matrice negazionista) nell’autunno del 2021.

Ecco perché forse, non si può combattere il Covid se non si riesce ad arginare l’effetto negazionista, considerandolo per quello che è. Il sintomo di un altro “virus”, che stavolta non ci si può permettere di isolare in ritardo.

 

Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”, spiegava Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, raccontando la peste del 1630.

Oggi abbiamo tutti gli strumenti per evitare che si ripetano le stesse cose. Ma sembra che facciamo fatica ad utilizzarli.

 

Egidio Morici



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