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31/01/2021 06:00:00

Due parole semplici a Padre Bruno sull'aborto

di Massimo Jevolella

Gentile Padre Bruno, signor parroco di Birgi, le chiedo scusa se mi permetto di replicare con alcune osservazioni alla clamorosa invettiva sul tema dell'aborto, che lei ha pubblicato su You Tube in occasione della Giornata della Memoria.

Voglio essere semplice e breve, mettendo ben da parte ogni minima pretesa di affrontare difficili argomenti di bioetica o addirittura di teologia. Perché, ecco, in sostanza le devo confessare che il suo discorso mi ha sconcertato la mente e mi ha gelato il sangue. Che sgomento, e che tristezza, nel sentir paragonare i criteri selettivi del dottor Mengele – l'orrendo nazista criminale di guerra – con quelli della legge 194 del 1978: una normativa approvata dal Parlamento di una nazione democratica, e poi confermata da un'ampia maggioranza del popolo italiano nel referendum del 1981. Non potevo credere al mio udito mentre ascoltavo le sue parole, e ho dovuto riascoltare il discorso un'altra volta per accertarmi di non aver capito male.

Vede, Padre Bruno, le dirò in tutta franchezza quello che sento, e quel poco che con certezza so, sul tema dell'aborto. La prima cosa è che l'aborto volontario è sempre e comunque una tristissima e dolorosissima opzione, un passo che si dovrebbe evitare a tutti i costi. Lo sanno bene tutte le donne che vi sono state costrette, o che comunque lo hanno scelto come extrema ratio per porre rimedio a situazioni insostenibili della loro vita. E infatti è proprio questo il criterio fondamentale che ispira la nostra legge: la necessità di incanalare in una sicura prassi sanitaria la scelta triste e dolorosa delle donne che hanno dovuto arrendersi al principio della extrema ratio.

Superfluo sarebbe ricordare, poi, alcuni dati di fatto estremamente noti e chiari. Il primo è che la pratica abortiva è sempre esistita in ogni angolo del mondo e in ogni epoca della storia, e che la legge 194 ha posto rimedio in Italia alle tragedie che un tempo si verificavano in seguito agli interventi delle famigerate “mammane”, o ad altri metodi abortivi che non di rado provocavano non solo la morte del feto, ma anche quella della madre. Senza parlare della discriminante sociale, ossia del fatto che, prima del 1978, solo le donne abbienti potevano permettersi il lusso di abortire in sicurezza: bastava loro prendere un aereo e recarsi a Londra o in qualche altra città straniera dove l'aborto era legale. E il problema era risolto.

Il secondo dato è che, di fatto, negli anni successivi all'entrata in vigore della 194 il numero degli aborti in Italia non è aumentato rispetto ai tempi precedenti, ma addirittura è diminuito. E questo anche grazie all'affermarsi delle pratiche anticoncezionali, e alla maggiore consapevolezza delle nuove generazioni in fatto di vita sessuale. Come dire, in altre parole, che il vero rimedio per tutta questa problematica non è affatto quello che ancora ostinatamente alcuni – come lei, suppongo – sostengono, ossia la “vita santa” di chi concepisce l'unione sessuale tra uomo e donna solo come atto di procreazione nell'ambito del matrimonio. Caro Don Bruno, le cose non funzionano così nella vita reale! Nella vita reale, per evitare il rischio di situazioni che potrebbero condurre all'aborto, le uniche cose che funzionano sono una chiara e sana educazione sessuale, e un buon uso delle pratiche anticoncezionali.

Il resto è tutto sogno e fantasia, mi creda Don Bruno. Occorre prendere atto della realtà di questa vita, per non cadere in preda agli ardori fantastici, come quelli che portarono Don Chisciotte a scambiare i mulini a vento per malvagi giganti e i greggi di pecore per eserciti nemici. Su quella strada, purtroppo, si può finire anche per vedere dei dottor Mengele anche là dove in realtà ci sono solo delle povere donne che, o per evitare di mettere al mondo creature affette da gravissime patologie, o per una delle infinite ragioni che portano gli esseri umani, nessuno escluso, a commettere delle imprudenze nella vita, o a finire vittime di violenza, si trovano all'improvviso a dover prendere una decisione che per loro è sempre drammatica e dolorosa.

La misericordia, don Bruno. La santa misericordia. Chiedo scusa, ma deve essere un povero peccatore come me a ricordarla a lei che è il pastore di un gregge?



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