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02/02/2021 07:19:00

Mafia e Messina Denaro: 23 arresti tra Agrigento, Palermo e Trapani. Coinvolti avvocati e poliziotti

13,40 - C'è lui "u Siccu", Matteo Messina Denaro, in testa alla lista delle 23 persone che questa mattina sono state oggetto di un provvedimento di custodia cautelare nel corso dell'operazione antimafia "Xydi" che ha interessato le province di Agrigento, Palermo e Trapani. Al secondo posto c'è, invece, il boss Giuseppe Falsone di Campobello di Licata e già rinchiuso al 41 bis. Ma vediamo chi sono gli altri arrestati tra i quali un avvocato, Angela Porcello e due funzionari di polizia.

Gli arrestati sono accusati a vario titolo di far parte dell’associazione mafiosa cosa nostra, di aver commesso delitti contro l’incolumità individuale, la libertà personale e il patrimonio, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per realizzare profitti
e vantaggi ingiusti per sé e gli altri, e di intervenire sulle istituzioni e la pubblica amministrazione.

Ecco i nomi degli arrestati nell'operazione "Xydi": MESSINA DENARO Matteo, detto u Siccu, nato a Castelvetrano il 26 aprile 1962; FALSONE Giuseppe, nato a Campobello di Licata (AG) il 28.08.1970; BUGGEA Giancarlo, nato a Palermo il 14.12.1970; BONCORI Luigi, nato a Ravanusa (AG) il 12.04.1952; CARMINA Luigi, nato a Caltanissetta il 11.05.1965; CASTELLO Simone, nato a Villabate (PA) il 11.10.1949; CHIAZZA Antonino, nato ad Agrigento il 28.10.1969; CIGNA Diego Emanuele, nato a Canicattì (AG) il 31.10.1999; D’ANDREA Giuseppe, nato ad Agrigento il 17.10.1971; DI CARO Calogero, nato a Canicattì (AG) il 11.01.1946; FAZIO Pietro, nato a Canicattì (AG) il 12.05.1972; GAETANI Gianfranco Roberto, nato a Naro (AG) il 09.12.1967;

GALLEA Antonio nato a Canicattì (AG) il 26.04.1957; GIULIANA Giuseppe, nato in Francia il 15.11.1965; LOMBARDO Gaetano, nato a Ravanusa (AG) il 22.02.1956; LOMBARDO Gregorio, nato a Favara (AG) il 29.04.1954; OLIVERI Antonino, nato a Canicattì (AG) il 15.12.1984; PACECO Calogero, nato a Naro (AG) il 20.11.1964; PIRRERA Giuseppe, nato a Favara (AG) il 02.01.1959; PITRUZZELLA Filippo, nato a Campobello di Licata (AG) il 14.11.1960; PORCELLO Angela, nata ad Agrigento il 07.08.1970; RINALLO Santo Gioacchino, nato a Canicattì (AG) il 31.08.1960; SICILIA Giuseppe, nato ad Agrigento il 01.01.1979.

10,45  - Si chiama"Xydi" il blitz con il quale il Ros ha eseguito all'alba di oggi 23 fermi per mafia: ci sono anche un avvocato, un ispettore e assistente della polizia.

Per 2 anni i capimafia di diverse province siciliane si sono riuniti nello studio di un'avvocata di Canicattì che era la compagna di un imprenditore già condannato. Il suo studio era stato scelto come base logistica dei clan perché la legge limita le attività investigative negli uffici degli avvocati.

C'è nell'indagine anche un dialogo tra l’avvocata Angela Porcello, fra i fermati del blitz dei carabinieri del Ros, e il capomafia agrigentino Giuseppe Falsone, detenuto al 41 bis nel penitenziario di Novara.

Ecco le parole di Falsone che fa un’analogia tra la società e il carciofo: “Quando c’è miseria in un territorio può succedere di tutto, la Sicilia è una terra desolata, di miseria, si formeranno situazioni di piccolo banditismo che sarà micidiale”. Ed ecco il paragone: “… lei ha presente come si coltiva il carciofo, quando si tira con la zappa, spuntano i carduna, ogni carciofo spara quaranta carduna”. Ancora: “… quando non c’è buon senso e ragionevolezza, quando non c’è un punto di riferimento chi si deve prendere la briga… si indirizza la società ci vuole un minimo di organizzazione sociale, a noi ci hanno macellati, è vero che ci sono state cose brutte ma anche cose positive per la società, non si deve prendere solo il bello anche il brutto, la vita è complessa”.

 

07,00 -  Capimafia, avvocati, ma anche funzionari di polizia. C'è di tutto nell'operazione antimafia che ha portato all'arresto di 23 persone, nella notte, tra le province di Palermo, Agrigento e Trapani.  Destinatario del provvedimento è anche Matteo Messina Denaro, boss latitante dal 1993. 

Una mega indagine del Ros dei carabinieri che svela come i boss, anche se ristretti al 41 bis, riescano a comunicare con l’esterno, a riorganizzare i clan, a tramare, a passarsi messaggi anche tra di loro attraverso una penalista dell’Agrigentino, divenuta - secondo quanto emerso dalle indagini - organizzatrice del mandamento mafioso di Canicattì, che utilizzava anche il proprio studio legale per i summit.

L'indagine colpisce le famiglie mafiose agrigentine e trapanesi ed è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Gianluca De Leo.

L'inchiesta riguarda anche un ispettore e un assistente capo della Polizia, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti d'ufficio, e un avvocato. Gli indagati rispondono a vario titolo di mafia, estorsione, favoreggiamento aggravato.

Gli inquirenti hanno accertato che un avvocato, Angela Porcello, compagna di un mafioso, aveva assunto un ruolo di vertice in Cosa nostra organizzando i summit, svolgendo il ruolo di consigliera, suggeritrice e ispiratrice di molte attività dei clan. Rassicurati dall'avvocato sulla impossibilità di effettuare intercettazioni nel suo studio, i capi dei mandamenti di Canicattì, della famiglia di Ravanusa, Favara e Licata, un ex fedelissimo del boss Bernardo Provenzano di Villabate (Pa) e il nuovo capo della Stidda si ritrovavano secondo le indagini nello studio, per discutere di affari e vicende legate a Cosa nostra. Le centinaia di ore di intercettazione disposte dopo che, nel corso dell'inchiesta, i carabinieri hanno compreso la vera natura degli incontri, hanno consentito agli inquirenti di far luce sugli assetti dei clan, sulle dinamiche interne alle cosche e di coglierne in diretta, dalla viva voce di mafiosi di tutta la Sicilia, storie ed evoluzioni. Uno spaccato prezioso che ha portato all'identificazione di personaggi ignoti agli inquirenti e di boss antichi ancora operativi. 

Nel mandamento mafioso di Canicattì la Stidda torna a riorganizzarsi e ricompattarsi attorno alle figure di due ergastolani riusciti a ottenere la semilibertà. In particolare uno dei capimafia, Angelo Gallea, indicato come il mandante dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, avrebbe sfruttato i premi che in alcuni casi spettano anche ai condannati al carcere a vita, per tornare ad operare sul territorio e rivitalizzare la Stidda che sembrava ormai sconfitta.