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16/10/2024 06:00:00

Processo Anno Zero: chi sono gli undici scarcerati, fedelissimi di Matteo Messina Denaro

Undici fedelissimi di Matteo Messina Denaro, tra cui due uomini precedentemente detenuti in regime di 41 bis, sono stati liberati a causa della scadenza dei termini di custodia cautelare. Il processo è quello scaturito dall'operazione antimafia "Anno Zero", risalente al 2018, nel quale la Corte d'Appello di Palermo ha emesso nuove sentenze che portano a significative riduzioni di pena e alla scarcerazione di tutti gli imputati, nonostante le condanne. 

Le condanne e la scarcerazione - La nuova sentenza è stata emessa dalla Corte di Appello di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta, e riguarda alcuni personaggi di spicco del clan Messina Denaro. Le pene ridotte, frutto di un processo d'appello riaperto dopo la decisione della Corte di Cassazione, che aveva annullato alcune sentenze ritenendo non valide alcune aggravanti, sono le seguenti:

Gli undici scarcerati - Nicola Accardo (detenuto al 41 bis) condannato a 10 anni; Antonino Triolo, 8 anni; Giuseppe Tilotta, 8 anni; Bartolomeo Tilotta, 1 anno e 10 mesi; Giuseppe Paolo Bongiorno, 6 anni; Angelo Greco, 6 anni; Vincenzo La Cascia (ex custode dei terreni della famiglia Messina Denaro e detenuto al 41 bis), 9 anni e 8 mesi; Raffaele Urso, 11 anni e 2 mesi; Andrea Valenti, 7 anni e 6 mesi; Filippo Dell'Aquila, 8 anni e 8 mesi; Calogero Guarino, 8 anni.

L'unico assolto è Giuseppe Rizzuto, scagionato dall'accusa di favoreggiamento. Tutti gli imputati sono stati scarcerati per la scadenza dei termini di fase, ovvero il periodo massimo entro il quale il processo d'appello avrebbe dovuto concludersi.

L'operazione "Anno Zero" - Il processo trae origine dall'operazione "Anno Zero", un'importante offensiva antimafia condotta nel 2018 dai carabinieri del ROS, dalla DIA e dalla squadra mobile, volta a smantellare la rete di fiancheggiatori e sostenitori di Matteo Messina Denaro, il superlatitante capo di Cosa Nostra. L'operazione portò all'arresto di numerosi membri del clan, inclusi i cognati del boss, Rosario Allegra e Gaspare Como. Allegra, detenuto in carcere, è deceduto successivamente, mentre Como è stato scarcerato anch'esso nel corso del procedimento. Gli investigatori riuscirono a intercettare conversazioni cruciali tra i membri del clan, rivelando l’attività di protezione e supporto logistico che permetteva a Messina Denaro di continuare la sua latitanza. Tra le varie intercettazioni, una conversazione tra Accardo e Triolo del 2016 faceva riferimento alla presenza del boss in Calabria, confermando i movimenti del superlatitante in diverse regioni.

Le intercettazioni e il riciclaggio - Tra gli episodi chiave emersi nel corso dell'indagine, vi sono le intercettazioni risalenti all’estate del 2014, in cui Raffaele Urso e Rosario Allegra furono ripresi mentre si incontravano in una casa di campagna a Campobello di Mazara. Allegra, in quell'occasione, chiese a Urso di intervenire in una disputa familiare, esprimendo la sua riluttanza a disturbare Messina Denaro, al quale si riferiva come "u siccu". Nel 2016, ulteriori intercettazioni tra Nicola Accardo e Antonino Triolo confermarono il coinvolgimento della rete di fiancheggiatori nel proteggere e mantenere i contatti con Messina Denaro, che sembrava nascondersi in Calabria in quel periodo.

Il verdetto - Nonostante il peso delle accuse, molte delle aggravanti inizialmente contestate non hanno retto in appello. L'accusa di riciclaggio di denaro, insieme ad alcune imputazioni di estorsione, sono state depotenziate o annullate, portando a una riduzione delle pene. Questo, unito alla lunga durata del processo e al superamento dei termini di custodia cautelare, ha permesso la scarcerazione di tutti gli imputati. Con le scarcerazioni, rimane ora l'incognita di come si evolverà la situazione per gli imputati, alcuni dei quali potrebbero presentare ricorso in Cassazione per tentare di annullare ulteriormente le condanne residue.