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13/05/2017 06:00:00

Mafia a Marsala. Così i boss parlavano di agguati e omicidi: "Gli facciamo la pelliccia"

 Si sono tenuti gli interrogatori di garanzia per le persone arrestate nell'ambito dell'operazione antimafia "Visir", quella che, mercoledì, ha portato al fermo dei componenti della famiglia mafiosa di Marsala che agivano sul versante Strasatti - Petrosino. "Tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere - racconta l'avvocato Luigi Pipitone, che assiste buona parte dell quattordici persone fermate dai Carabinieri - e non poteva essere altrimenti, dato che, materialmente, non abbiamo avuto tempo e modo di studiare l'articolato provvedimento che ha portato al loro fermo". Altri legali: Stefano Pellegrino, Paolo Paladino e Diego Tranchida. 

Una precisazione da fare: a differenza di quello che è stato detto in conferenza stampa e scritto anche da noi, l'estorsione tentata all'imprenditore Billeci di Partinico non riguarda i lavori di Porta Mazara - Piazza Matteotti, ma di Porticella - Piazza Marconi. 

Dalle carte emerge inoltre che la famiglia mafiosa di Marsala era pronta a “voler fare la pelliccia” a un commerciante di frutta. Cioè aveva in programma almeno due omicidi, più l’organizzazione di una spedizione armata in autostrada. 

Le intercettazioni tra alcuni affiliati puntano i riflettori sui progetti di violenza del clan. “Gli volevano fare la pelliccia”, dice il 23 aprile 2015 il 26enne Alessandro D’Aguanno al padre Vincenzo, entrambi fermati.Parlano del piano per eliminare un commerciante di frutta. “Le ultime battute del dialogo tra padre e figlio – si legge nel decreto – ribadivano ulteriormente che era Vincenzo Rallo (un altro dei fermati, ndr) titolare del potere decisionale e che gli esecutori materiali designati a portare a termine l’omicidio erano u picuraru, quello mezzo handicappato e u picuraru l’altro”. Il piano sfuma per la sbadataggine di uno dei killer che, ubriaco al night, si fa sfuggire qualche parola di troppo. Fino a far avvertire la vittima.

Entrando nello specifico, la vittima designata era Vincenzo Danilo Pellegrino, un imprenditore in affari con Vincenzo e Alessandro D'Aguanno, padre e figlio. Comprava meloni dai D'Aguanno e li rivendeva. Un imprenditore che di se stesso diceva: “... io sono ovunque, te ne accorgi? Tipo Dio... non appena ti alzi gli occhi...vedi a Gesù Cristo... io sono come Dio... e allora, qua non esce un melone giallo se non lo decido io, ti dico solo questo...”. Era anche ex amico di Giovanni Della Chiave, condannato a 26 anni di reclusione per l'omicidio di Antonino Via, commesso in un supermercato ucciso dai rapinatori nel 2007. Un profilo criminale di cui lo stesso Vincenzo D'Aguanno era a conoscenza, tanto che lo piazzava tra gli uomini fidati di Vito Rallo. Evidente alla fine lo stesso Pellegrino doveva avere commesso degli errori se D'Aguanno jr era al corrente del progetto di eliminarlo. Così lo raccontava al padre: “Gli volevano fare la pelliccia a Pellegrino... per Pasqua... nel frattempo non si ubriaca questo, il figlio dello zio Pietro al night? Ed ha parlato con un mazarese, e sono venuti mazaresi qua per avvertire al Pellegrino”. “Ordine di chi?”, chiedeva il padre. Risposta: “... di quello là sopra... sono i killer loro”. Era tutto pronto, ma la soffiata salvò la vita a Pellegrino.

Un’altra esecuzione era fissata il 23 maggio 2015. Ne parlano Vincenzo D’Aguanno e Michele Lombardo, intercettati: “Compà, ti raccomando, questo è un omicidio”. D’Aguanno e Lombardo avrebbero potuto contare sull’aiuto di Andrea Alagna, anche lui tra i fermati e di due complici palermitani. Il 23 maggio i carabinieri eseguono una doppia perquisizione a Palermo e a Mazara Del Vallo: non trovano armi ma D’Aguanno, intercettato col figlio, si assicura che Alessandro si sia liberato di “qualcosa”. Due settimane dopo il controllo dei carabinieri, D’Aguanno e Lombardo tornano a parlare di “fucili nascosti nei tubi”.

Ancora prima, il 12 dicembre 2014, D’Aguanno e compagni dovevano schierare un gruppo d’assalto per una spedizione in autostrada. Una colonna di macchine avrebbe dovuto bloccare l’auto della vittima, probabilmente un soggetto che minacciava il cognato di D’Aguanno e pretendeva da lui 300mila euro.