Ritrovato il corpo di Melania La Mantia
Il cadavere si trovava nel laghetto della cava ‘La bianca’ dove da subito si erano concentrate le ricerche. La giovane, in servizio presso il 46/o reggimento Trasmissioni dell’Esercito, a Palermo, era un appassionata di paracadutismo sportivo e stava effettuando dei lanci privati, fuori dal servizio, per il conseguimento del brevetto di paracadutismo civile.
Le ricerche della giovane sono iniziate da subito, da quando lei non aveva più fatto ritorno al punto di raccolta, e si sono concentrate su un preciso punto vicino alla pista di atterraggio del p
iccolo aeroporto ravennate.
Da giorni i vigili del fuoco ravennati, coadiuvati da sommozzatori e militari provenienti anche da Firenze e Milano, scandagliavano il piccolo lago artificiale centimetro dopo centimetro con sonar ed altri mezzi sofisticati. Solo ieri era stata recuperata una maglietta verde ma non era stata attribuita al corpo della ragazza. I genitori hanno sperato fino all’ultimo di poter ritrovare loro figlia. Oggi nel primo pomeriggio il recupero del corpo, proprio lì dove da giorni si concentravano le ricerche.
In realtà non si sapeva esattamente dove fosse finita Giovanna Melania, soldatessa siciliana con la passione del paracadutismo, dopo quell’ultimo lancio in compagnia di alcuni amici. Il vento li aveva separati e dispersi nella caduta. Si erano persi di vista, contando comunque di radunarsi di nuovo, dopo aver toccato terra. Ma di Melania, da allora, non si era avuto più nessuna traccia.
L’altro ieri c’era stato un sussulto, quando era affiorata una maglietta militare di colore verde, ma si era poi appurato che l’indumento non apparteneva alla ragazza scomparsa.
Ieri sera un’altra notizia presto smentita: il ritrovamento del paradute. Si trattava invece solo di groviglio di cavi. Niente a che vedere con la tragedia di Melania.
Sembrava impossibile che fosse sparita nel nulla; sembrava impossibile che il corpo non si trovasse più, nonostante le ricerche accanite, per giorni, di decine di volontari e sommozzatori dei vigili del fuoco, provenienti non solo da Ravenna, ma anche da Firenze, Bologna, Ferrara e Forlì, perfino da Milano.
A rendere difficili le ricerche era soprattutto l’assoluta impossibilità di vedere qualcosa nelle acque torbide della cava. I sommozzatori sono stati costretti ad effettuare una ricerca praticamente a tentoni, raschiando il fondo con le mani o con dei rampini. Sono stati utilizzati anche sonar e rivelatori. Ma niente, fino ad oggi niente. In un crescendo contrapposto di disperazione ed al tempo stesso di speranza (c’era infatti anche chi cominciava a pensare che la ragazza potesse essersi allontanata volontariamente, oppure si fosse rifugiata da qualche parte in stato di shock, o avesse perso la memoria, e non riuscisse a comunicare con amici e parenti). Poche ore fa c’è stata invece la scoperta del cadavere, che ha posto fine ad ogni residuo filo di speranza. Il corpo si trovava ad una decina di metri di profondità. Ora sarà l’autopsia a chiarire le cause del decesso (se si sia trattato, cioè, di un malore durante il lancio, oppure l’effetto di un impatto troppo violento con il suolo – in questo caso l’acqua – o se la morte sia sopraggiunta per annegamento della soldatessa, trascinata sul fondo dal suo stesso paracadute).
La vicenda ha sollevato profonda emozione ed una grande partecipazione, non solo da parte dell’ambiente dei paracadutisti e da parte di amici e commilitoni della ragazza. Moltissime persone hanno inviato messaggi ai giornali ed ai siti d’informazione, compreso il nostro. Su Facebook si era formato un gruppo “Troviamo Melania”, per incoraggiare le ricerche, che era arrivato a 4mila iscritti.
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