Quantcast
×
 
 
07/07/2010 06:04:52

Chiarire la sorte dei detenuti: il Consiglio d'Europa chiama l'Italia

Con due lettere inviate lo scorso 2 luglio al Ministro degli Esteri, Franco Frattini, e al Ministro degli Interni, Roberto Maroni - il cui testo è stato reso noto solo oggi - Hammarberg ha chiesto al governo italiano di "collaborare al fine di chiarire con urgenza la situazione con il governo libico".

Da parte loro, i due ministri italiani hanno fatto sapere che stanno mediando: "In queste ore è in corso una delicata mediazione sotto la nostra egida, mediazione che stiamo finalizzando, per poter arrivare all'identificazione dei cittadini eritrei" e "poter loro offrire un'occupazione, nella stessa Libia, contro il rischio e la paura del rimpatrio". Frattini ha anche annunciato da Mosca che "la Libia ha già dato segnali di importante disponibilità. Non escludo che sia permesso ad un rappresentante diplomatico italiano di accompagnare le autorità libiche e di visitare il campo dove questi eritrei sono custoditi".

"Vogliamo contribuire alla soluzione della vicenda - ha continuano Frattini - in uno spirito di amicizia. Lo abbiamo fatto contribuendo alla liberazione di un cittadino svizzero evitando una grande crisi Europa Libia sui visti a causa di un contenzioso con la Svizzera. Ma lo abbiamo fatto senza puntare il dito, senza approcci invasivi, rispettando l'autonomia di uno Stato, e i risultato è arrivato". Quanto alla chiusura in Libia dell'ufficio Onu per i rifugiati (Unhcr), il ministro ha ricordato che "è un problema che sollevammo e la risposta fu 'ci lavoriamo'. "Oggi l'ufficio esiste, vi è un reggente perchè il titolare è stato sostituito: attendiamo che torni a funzionare a pieno regime, ma un inizio di ripresa delle attività c'è già stato".

Dal 30 giugno i 250 eritrei si trovano nelle celle del centro di detenzione di Al Braq, a 80 chilometri da Sebah, nel Sud della Libia, dove sono stati trasferiti dal centro di detenzione per migranti di Misurata. Il gruppo era stato deportato su tre camion container come "punizione" a seguito di una rivolta scoppiata il giorno prima fra coloro che non hanno voluto dare le proprie generalità a diplomatici del loro Paese per paura di essere rimpatriati a forza.

Secondo i numerosi rapporti ricevuti dal commissario Hammarberg prima del trasferimento degli eritrei da un campo di detenzione all'altro, "il gruppo sarebbe stato sottoposto a maltrattamenti da parte della polizia libica, e molte delle persone detenute sarebbero rimaste gravemente ferite". Sempre in base ai rapporti ricevuti - scrive Hammarberg nella lettera a Frattini e Maroni - tra i migranti, che rischierebbero ora l'espulsione verso l'Eritrea o il Sudan, vi sarebbero anche dei richiedenti asilo, e il gruppo includerebbe anche persone che sono state ricondotte in Libia dopo essere state intercettate in mare mentre cercavano di raggiungere l'Italia".

"Data la recente decisione delle autorità libiche di porre fine alle attività dell'Unhcr nel Paese, è divenuto estremamente difficile avere conferme sull'accuratezza di questi rapporti", scrive il commissario che, vista la "serietà delle accuse", domanda all'Italia di collaborare al fine di "chiarire con urgenza la situazione con il governo libico".