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02/12/2011 11:14:27

Il momento della pietas

Sono una decina i suicidi narrati dalla Bibbia e per nessuno vi è una condanna. Anzi un suicida, per l'esattezza Sansone, viene perfino ricordato dal Nuovo Testamento tra i padri della fede. Non deve stupire quindi che nella Bibbia si ritrovino parole come queste: «Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno che una malattia cronica» (Siracide 30,17). Nel libro di Giobbe si legge di uomini che «aspettano la morte», «che la cercano più di un tesoro», «che gioiscono quando la trovano» (Giobbe 3,21-22), e non per condannare questi uomini, perché chi viene condannato è piuttosto chi sostiene con arroganza e intransigenza la prospettiva contraria come i cosiddetti amici di Giobbe cioè i dogmatici Elifaz, Bildad, Zofar, Elihu. Certo, tutti sanno che dalla Bibbia emerge soprattutto il messaggio della sensatezza e della sacralità della vita, quello secondo cui la nostra vita è «nelle mani di Dio» (Salmo 16,5), in Dio è «la sorgente della vita» (Salmo 36,10) ed esiste quindi una sorta di rifugio imprendibile dentro cui la nostra energia spirituale più preziosa, detta tradizionalmente anima, non corre pericolo: «Non abbiate paura di coloro che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima» (Matteo 10,28).
Alla luce di questi dati emerge che il compito dei cristiani oggi non è di emettere condanne qualificando negativamente le sofferte scelte di chi si suicida. È piuttosto di vivere la fede nella dimensione spirituale dentro cui l'anima vive al sicuro, anche quando il corpo tradisce. È da questa prospettiva spirituale che io giungo a valutare negativamente il suicidio, e a lottare perché la fiducia verso la vita non venga mai meno, ma si possa assaporare ogni istante l'energia vitale che ci è stata data (se da un Dio personale o dall'impersonalità del processo cosmico, a questo riguardo è una questione secondaria).
Concludendo l'articolo sul compagno di tante battaglie, ieri Valentino Parlato scriveva della necessità di «affrontare l'attuale, e storica, crisi della sinistra, per ridare alle donne e agli uomini la speranza di un cambiamento, di una uscita dall'attuale stato di mortificazione degli esseri umani». Ottimo obiettivo, ma per raggiungerlo io non conosco modo migliore di ospitare fino all'ultimo dentro di sé un sentimento di gratitudine verso la vita in tutte le sue manifestazioni, quel medesimo sentimento che ha portato Violeta Parra a comporre e a cantare la sua bellissima canzone Gracias a
la vida. 

Vito Mancuso  in “la Repubblica” del 1° dicembre 2011 - www.chiesavaldesetrapani.com