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27/01/2012 06:05:13

Martino Morsello, il re dei forconi, sotto processo per falso, truffa, bancarotta fraudolenta

L’idea gli è venuta tre anni fa, dice. Per risolvere la crisi degli agricoltori trapanesi era necessario che i contadini si dotassero di una propria moneta. Magari chiamandola come lui: un “morsello”. Noi gli dedicammo anche una delle nostre vignette, con la sua effige. Oggi, che è al comando del “Movimento dei Forconi”, la storia della Sicilia che deve battere moneta la riprende, è un pezzo forte del suo repertorio. Martino Morsello, classe 1954, da Marsala: agricoltore che agricoltore non è, fa l’antipolitica dopo aver militato in tutti i partiti, accusa le banche di averlo fatto fallire, ma è imputato per bancarotta fraudolenta. Si dichiara imprenditore vittima dell’usura, ma fa un mestiere opposto e tra i più agognati in Sicilia: l’impiegato comunale.

Quella dei “forconi” è solo l’ultima invenzione. Prima c’era Scilipoti, l’Mpa di Lombardo, e prima ancora il socialismo rampante degli anni ‘80 che ha visto Morsello a Marsala più volte assessore e consigliere comunale.

Da alcuni anni a questa parte Morsello è difensore dei deboli e degli oppressi, degli imprenditori falliti e delle vittime della cattiva giustizia. Inonda le redazioni dei giornali di mail, raccoglie firme per l’abolizione della Serit come per la defiscalizzazione della benzina o la reintroduzione della leva obbligatoria. Minaccia chiunque gli sbarri il passo con un’arma letale: lo sciopero della fame. Prima di quello di questi giorni (“Vado avanti a flebo da giovedì” dice), l’ultimo lo fece nel 2008: era candidato alle elezioni regionali con Raffaele Lombardo, e faceva una rovina perchè gli coprivano i manifesti. La fame levò forse dei chili di troppo, ma non portò voti: ne raccolse appena 181.

 

E se uno sciopero non basta, ecco la moglie Vita Marrone che accorre ad “affamarsi” con lui. Ed ecco la figlia, Antonella, instacabile promoter delle ragioni del padre, capace pure di cambiare la storia, ad esempio quando scrive e fa scrivere a giornalisti superificali e disinformati che "Nei primissimi anni Novanta, collaborando con Paolo Borsellino, Martino riesce a far sciogliere la giunta comunale di Marsala per infiltrazioni mafiose. Ciò che accadde dopo è facilmente intuibile: la Ittica Meditarranea Srl, azienda agricola e di piscicoltura, è bersaglio delle ingerenze di criminalità e di rami “deviati” delle istituzioni".

Quante bugie. Primo: il Comune di Marsala non è mai stato sciolto per mafia. Se in questa criptica ricostruzione dei Morsello's ci si riferisce ai primi anni '90  ed alle dimissioni dei consiglieri comunali, queste furono fatte per favorire l'elezione del Sindaco con il sistema allora appena introdotto del maggioritario.

Secondo. Sull'amicizia tra Martino Morsello e Paolo Borsellino non possiamo avere elementi (e i morti, si sa, non possono replicare) ma sicuramente è da ignoranti scrivere che spetti ad un Procuratore della Repubblica lo scioglimento di un Comune per mafia, atto che spetta nel nostro ordinamento solo al Ministero dell'Interno.

Terzo. Quali vendette mafiose. L'azienda Ittica Mediterranea fallì perchè non pagava i fornitori e i dipendenti.

La famiglia di Morsello è molto unita soprattutto per contrastare l’opera del tribunale di Marsala nella vicenda che riguarda la bancarotta fraudolenta dell’azienda di Martino Morsello, l’Ittica Mediterranea. La vicenda l'abbiamo raccontata in un'inchiesta di tre anni fa. Potete leggerla per intero cliccando qui.

Per farla breve, Morsello mette su la sua azienda di allevamento di pesci grazie a copiosi contributi comunitari. Nel 1999 un virus colpisce i pesci e blocca la produzione. “Ci siamo indebitati con le banche a dismisura - racconta lui in ogni intervista - e poi il tribunale di Marsala ci ha fatto fallire”.

L’azienda, con sede a Petrosino, viene dichiarata fallita il 6 Giugno del 2003.

Dichiarato il fallimento, Morsello mette in campo - secondo gli investigatori - tutta una serie di stratagemmi giuridici per complicare la vita ai giudici. Ad esempio, stipula un contratto d’affitto d’azienda tra la sua società ed un’altra, Acquacoltura Mediterranea, che risulta di proprietà della moglie e del figlio. Da qui l’imputazione di bancarotta fraudolenta. L’Acquacoltura Mediterranea, che ha in custodia il pesce vivo, da allevare (per poi venderlo e pagare i creditori) dopo alcuni mesi lo fa morire. Fallisce anche l’Acquacoltura Mediterranea. Comincia lo show di Morsello. Denuncia al Tribunale di Caltanissetta curatore e giudice delegato, scrive a Presidente del Consiglio, Camera, Senato. Scrive al Prefetto, e addirittura alle associazioni antiracket perché sostiene che per pagare le spese che non gli sono state riconosciute si è dovuto indebitare addirittura con gli usurai. Addirittura convoca delle assemblee di “imprenditori falliti” per impedire la vendita fallimentare dei suoi beni (ed infatti, le aste vanno deserte).

Ingigantisce una vicenda che è molto semplice, e neanche tanto originale. Un’impresa, Itttica Mediterranea è fallita. Creditori sono le aziende fornitrici, ma anche tantissimi lavoratori. Sul fallimento c’è in corso un giudizio di bancarotta fraudolenta. Acquacoltura Mediterranea, la seconda azienda della famiglia Morsello, che ha “ereditato” dalla prima azienda la custodia dei pesci, è fallita anch’essa. Per inciso, l’azienda è stata messa due volte in vendita, e due volte tutto si è risolto in un nulla di fatto. Anche perchè, negli anni, puntualmente, alla vigilia di ogni tentativo di vendita, è stata danneggiata da una serie di incendi di chiara natura dolosa.

Ma, al di là della bancarotta, in tribunale Morsello rischia di tornarci spesso. Perchè è stato rinviato a giudizio anche per un’altra vicenda: il suo lavoro di impiegato al Comune di Petrosino. Morsello è imputato di truffa continuata e falso. Anche qui non si tratta di una vicenda originale: assenteismo. Nel 2008 avrebbe finto più volte di essere in ufficio, quando in realtà era altrove. Ai giudici che alla prossima udienza, il 10 Aprile nel 2012, lo ascolteranno, magari potrà raccontare che era in giro. Ad appuntire i forconi, per preparare la rivoluzione.