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27/04/2012 04:34:53

74 autorizzazioni per aprire un albergo in Sicilia. 20 anni per un'opera pubblica

La prova eclatante di questo sistema si ha nel caso in cui si vogliano contare le autorizzazioni ed i certificati necessari per aprire un albergo o una struttura ricettiva nel territorio dell'isola. Ci vogliono 74 documenti.

Le fasi di realizzazione di una struttura da adibire a struttura ricettiva sono tre, divise in prima fase di realizzazione, terza fase che è quella di inizio attività.
Si parte, dunque, dalla progettazione con 35 documenti richiesti, dal certificato di destinazione urbanistica (ci mancherebbe) alla trascrizione Concessione edilizia alla Conservatorie delle ipoteche. Dentro c’è di tutto, passaggi in tutte le commissioni edilizie possibili, studi, calcoli, attestazioni, pareri, delibere. 
Poi si passa alla fase 2, quella della realizzazione e bisogna, punto primo, mandare una lettera di comunicazione inizio dei lavori al Comune. Bisogna depositare calcoli statici, fare comunicazione sul direttore dei lavori, nulla osta dei vigili del fuoco, collaudi, conformità, agibilità, accatastamenti, perizie: 21 passaggi ineludibili,
perché se ne manca uno tutto salta.
Arriva, però, il momento dell’avvio dell’attività. Mancano ancora 16 certificazioni.
Autorizzazione insegna e segnaletica stradale, 10 o 15 licenze (alcolici, pasti e bevande, servizio cortesia auto ai clienti, vendita tabacchi), autorizzazioni a pioggia (per far ballare, suonare, aprire qualche strada di accesso, usare apparecchi ricetrasmittenti).
E, per finire, atto n. 73, richiesta di assegnazione del codice sanitario e, atto n. 74, prova che i locali del pubblico esercizio per i non alloggiati sono situati in
luogo raggiungibile direttamente dall’esterno nel rispetto della normativa sulla sorveglianza.

Il presidente siciliano di Confindustria-alberghi, Sebastiano De Luca, spiega: «Se mi fermassi soltanto ad esperienze personali che ho vissuto e sto vivendo, potrei e dovrei raccontare di una pratica di ristrutturazione di un albergo che va avanti da otto anni. E dire "va avanti" è un eufemismo, perché di fatto procede al rallentatore e non è ancora stata fissata, tanto per esser chiari, la data della conferenza dei servizi. Sarà fissata, garantiscono gli uffici, quando non si sa. Un assurdo, se pensiamo che in quei 74 passaggi, poi, ci sono documenti che vanno fatti e rifatti anche due o tre volte per essere consegnati ad uffici che stanno uno accanto all’altro. Pura follia, per non parlare di quando l’interlocutore è la Regione. Lì, davvero, non si capisce nulla, i giri farraginosi diventano infinite anticamere, richieste assurde, funzionari che si impuntano su certi passaggi, su certi documenti, su certi iter. Così è chiaro che gli investitori che dovrebbero arrivare qua anche da fuori se ne stanno ben lontani».

Venti anni invece è il tempo medio per la realizzazione di un'opera pubblica in Sicilia, stando alle analisi delle medie degli ultimi anni. A Marsala nè la dimostrazione lampante l'ospedale di Via Salemi. Il primo stanziamento di fondi è del 1978, la sua apertura è avvenuta solamente nel 2009, e grazie ad un'ordinanza di sgombero del vecchio ospedale, firmata dal Sindaco di Marsala, Renzo Carini. Come si realizza un'opera pubblica strategica in Sicilia? Un anello autostradale ad esempio come quello che dovrebbe unire Mazara del Vallo all'aeroporto di Trapani...

S’inizia con la ricerca dei fondi, cui seguono la gara per la progettazione e quella per la realizzazione dei lavori. Un percorso piuttosto complicato e che varia a seconda se i fondi utilizzati sono per esempio quelli del Fas o Ue. Nel primo caso, è il Cipe a deliberare e possono trascorre anche diversi anni prima di arrivare al finanziamento. Se, invece, si ricorre alle risorse europee bisogna attendere la pubblicazione dei bandi che, spesso, vengono impugnati davanti al Tar.
Insomma, la realizzazione di un’opera pubblica è come una lunga corsa a ostacoli, dove ogni metro nasconde un’incognita e il più delle volte questa si traduce in un ritardo. All’interno tanti passaggi intermedi, un percorso a step che dal bando di gara per i progettisti alla posa della prima pietra può far trascorrere anche sette anni. I tempi per le grandi opere sono: almeno cinque anni per chiudere la fase delle gare, con gli inevitabili ricorsi. Una strada lunga 60 mesi per individuare
progettista e impresa. Il via con il bando per la progettazione, vinto sulla base di un progetto preliminare.
Da qui parte un conto alla rovescia che può variare dai sei mesi a un anno per la presentazione del progetto definitivo. Tutto questo al netto dei ricorsi
La guerra a colpi di carte bollate con gli studi di progettazione esclusi può allungare i tempi fino a due anni, con le verifiche nella sostanza e nella forma. Rischi che si corrono anche nella gara d’appalto per i lavori, con un allungamento dei tempi fino alla presentazione del progetto esecutivo da parte dell’impresa aggiudicataria. Quasi due anni scivolano via per altri controlli (su tutti Genio civile e vigili del fuoco) e così, prima di iniziare i lavori, risulta spesso necessario un adeguamento del progetto in base ai costi, nel frattempo lievitati.
L’apertura del cantiere alza il sipario su altre incognite: il rispetto della tabella di marcia fissata, lo Stato avanzamento lavori (Sal), la spada di Damocle delle penalità a carico dell’impresa per i ritardi. E’ la fase più delicata, in cui spesso le imprese si rendono conto di non poter reggere il ribasso presentato in gara d’appalto e corrono il rischio di passare la mano.
Al rischio economico si aggiunge quello delle infiltrazioni mafiose, come nel caso dei lavori per il passante ferroviario di Palermo che potrebbero portare al blocco dei 280 milioni di fondi Ue. 



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