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03/04/2013 05:41:10

Vito Nicastri, sequestro da record: 1,3 miliardi di euro. Colpo al cuore all'area grigia

 Imprenditori che gestiscono e tutelano il patrimonio del boss di Castelvetrano. Il lavoro degli inquirenti, oggi ulteriormente confermato, merita il plauso di tutte le forze politiche e sociali. Vito Nicastri, l'imprenditore d'assalto che vantava rapporti ottimi con la politica locale ed in particolar modo con l'ex Presidente della Provincia ed attuale deputato regionale dell'UDC Mimmo Turano è stato uno dei collettori tra politica, imprenditoria e Cosa Nostra". Sono parole di Massimo Candela, segretario provinciale di Sel
 

11,10 - Ecco il comunicato stampa  della Direzione Investigativa Antimafia:

 

La Direzione Investigativa Antimafiaha ultimato l’esecuzione del provvedimento di confisca di beni, emesso, ai sensi della normativa antimafia, dal Tribunale di Trapani-Sezione Misure di Prevenzione (Presidente dott. Piero GRILLO) che ha riguardato il patrimonio di Vito NICASTRI, 57enne alcamese, affermato imprenditore nel settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, segnatamente fotovoltaico ed eolico.

La misura di prevenzione patrimoniale e personale scaturisce dalla proposta d’iniziativa del Direttore della D.I.A. che, attraverso articolate indagini economico-patrimoniali nei confronti dell’imprenditore alcamese, ha consentito di ricostruire il fitto reticolo patrimoniale degli ultimi trent’anni e di rilevare, altresì, l’esistenza di una consistente sperequazione tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati.

L’attività imprenditoriale del NICASTRI è quella di imprenditore specializzato nello “sviluppo” di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, che consiste nella realizzazione e nella successiva vendita, chiavi in mano, di parchi eolici/fotovoltaici, con ricavi milionari.

 Le indagini si sono sviluppate anche attraverso una approfondita ricognizione dei procedimenti penali e dei numerosi eventi ritenuti rilevanti che hanno interessato il NICASTRI, i quali confermano relazioni con numerosi esponenti mafiosi, con elementi legati a cosa nostra, ovvero con personaggi che a loro volta sono entrati in contatto con pregiudicati, anche della criminalità organizzata.

E’ stata rilevata, infatti, in tutte le vicende nelle quali è stato coinvolto, una "vicinanza" del NICASTRI a noti esponenti mafiosi, che qualifica la condotta dello stesso, anche alla luce di numerosi pronunciamenti giurisprudenziali della Corte Suprema, sintomatica di una contiguità consapevole e costante agli interessi della associazione mafiosa, o di una disponibilità a rendersi all'occorrenza partecipe di condotte agevolatrici della predetta organizzazione.

La valenza assunta dall’imprenditore trapanese nell’ambito di “cosa nostra” trova riscontro anche nell’interessamento alle vicende imprenditoriali del Nicastri dei noti boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, come rilevano i “pizzini” rinvenuti in occasione del loro arresto.

Il NICASTRI, nei cui confronti sono stati riscontrati, in passato,  interessi anche all’estero, è stato pure coinvolto in alcune operazioni di polizia fra cui quella  denominata “Eolo”, che ha svelato il coinvolgimento di cosa nostra nel lucroso affare della realizzazione delle centrali eoliche nella provincia di Trapani.

Ha intrattenuto rapporti con soggetti della consorteria mafiosa del trapanese, molti dei quali ritenuti vicini a Matteo Messina Denaro.

Nel corso delle indagini sono state rilevate, altresì, relazioni con le consorterie criminali operanti nel messinese, nel catanese ed anche con la ‘ndrangheta calabrese, in particolare con le ‘ndrine di Platì, San Luca ed Africo del reggino, aspetti questi che caratterizzano in modo significativo il contesto in cui l’aggressione patrimoniale odierna si inserisce.

Il provvedimento di confisca oggi concluso, in assoluto il più consistente mai operato in Italia in applicazione della normativa antimafia come novellata dalle note leggi inserite nel “codice antimafia”, segue l’aggressione ad altri milionari patrimoni, sequestrati e confiscati a noti imprenditori nel campo della grande distribuzione, del ciclo del cemento e della sanità e, di fatto, sottrae smisurati capitali e credibilità a cosa nostra, incidendo in modo significativo anche nella gestione economica del  Matteo Messina DENARO, che di quel territorio è considerato il dominus.

La confisca record dei beni a Nicastri si aggiunge agli ultimi sequestri operati dalla DIA nel territorio trapanese, che mirano costantemente all’erosione del potere economico mafioso nell’area di influenza del noto latitante Matteo MESSINA DENARO.

L’odierno provvedimento contiene anche l’applicazione della misura di prevenzione personale nei confronti di Nicastri Vito, ai sensi dell’art.1 e segg. Della Legge 575/1965, la sorveglianza speciale con obbligo di dimora nel comune di residenza (Alcamo), per la durata di anni tre, sostenuta, altresì, anche dalla Procura della Repubblica di Trapani e dalla DDA di Palermo.

 Il Tribunale di Trapani ha disposto la confisca della totalità delle quote sociali e dei beni aziendali delle società, nonché dei beni mobili, immobili e delle disponibilità bancarie riconducibili al NICASTRI ed al suo nucleo familiare, di seguito indicate:

 

a)       43tra società e partecipazioni societarie;

b)      98 beni immobili (palazzine, ville, magazzini e terreni);

c)        7 beni mobili registrati (autovetture, motocicli ed imbarcazioni);

d)      66 disponibilità finanziarie (rapporti di conto corrente, polizze ramo vita, depositi titoli, carte di credito, carte prepagate e fondi di investimento).

 

Il valore complessivo dei beni confiscati  ammonta a  oltre 1 miliardo e 300 milioni di euro

 

10,40 - "L’odierna confisca – commenta il Presidente del Consiglio Provinciale di Trapani, Peppe Poma –  suggella il maxi sequestro già operato nel 2010 ai danni dello stesso imprenditore alcamese il cui patrimonio passa quindi nella definitiva disponibilità dello Stato.  

Conferma, se ce ne fosse stato bisogno, l’esistenza delle attività illecite riguardanti il settore delle energie rinnovabili che sembra costituisca uno dei più attuali e principali business delle organizzazioni criminali e mafiose che lo utilizzano anche, come confermato dagli emersi rapporti con varie società straniere, per riciclare notevoli quantità di denaro sporco accumulate grazie alle loro attività delinquenziali. E’ più che giusto pertanto – ha concluso Peppe Poma - ribadire il massimo ringraziamento a quanti, appartenenti alle forze dell’ordine e all’apparato giudiziario, quotidianamente si spendono, con la massima abnegazione e con ottimi risultati, per contrastare la mafia ed i suoi referenti economico-finanziari".

09,50 - Nel corso dell'operazione "Broken Wing", fu svelato dalla Guardia di Finanza, la scorsa estate, come Nicastri e i suoi sodali chiedevano  "70.000 euro per 7 pratiche", in pratica una tangente di 10.000 euro a pratica, agli imprenditori che volevano avviare un impianto eolico o fotovoltaico.

 Cliccate qui per leggere il nostro articolo.

08:45 - La mega confisca di beni riguarda la Sicilia occidentale, la Lombardia, il Lazio e la Calabria. 

I Nicastri, coinvolto, dicono gli investigatori, in numerose vicende, anche di rilievo penale, si sarebbe “relazionato costantemente con esponenti di Cosa nostra”.

08,30 - "E' stato frutto di un lavoro certosino eseguito con grande professionalità" è il commento di Arturo De Felice, direttore della Direzione Investigativa Antimafia.

07,30 - E' ancora Vito Nicastri, l'uomo definito il "re del vento" qualche tempo fa dal Financial Times, il protagonista di un'imponente operazione della Direzione Investigativa Antimafia. 

C’è l’ombra del numero uno di Cosa Nostra ancora in libertà, Matteo Messina Denaro, su un patrimonio di un miliardo e 300 milioni di euro confiscato dalla Dia, la Direzione investigativa antimafia, al cosiddetto «re dell’eolico».

Per Nicastri, imprenditore siciliano di 57 anni, scatta un obbligo di soggiorno nel suo comune di residenza, Alcamo.

Il tribunale misure di prevenzione di Trapani ha disposto una confisca senza precedenti per il signore del vento: ammonta a un miliardo e 300 milioni di euro, tanto valgono le 43 società di capitali che Nicastri utilizzava per gestire i suoi affari nel settore dell'eolico e del fotovoltaico. E' stata una proposta della Dia, diretta da Arturo De Felice, a far scattare il provvedimento, firmato la settimana scorsa dal collegio presieduto da Piero Grillo.

E’ la più cospicua confisca di beni mai effettuata in Italia, come spiega  De Felice, l’ex questore di Ancona dallo scorso anno al vertice dell’ufficio. «Un modo per colpire al cuore l’aria grigia di Cosa Nostra, spiegano negli uffici Dia di Palermo, coordinati per questa mega-confisca dalla procura di Trapani e dai magistrati della Direzione antimafia di Palermo. Scattano così i sigilli per 43 tra società e partecipazioni societarie legate al settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, 98 beni immobili fra ville e palazzine, terreni e magazzini, 7 fra autovetture, motocicli e imbarcazioni e 66 cosiddette «disponibilità finanziarie» fra conti correnti, depositi titoli, fondi di investimento e così via.

 La Dia ha messo sotto i raggi X l’escalation di Nicastri, un elettricista accusato di essere diventato un imprenditore di grandi dimensioni «grazie alla contiguità consapevole e costante agli interessi della criminalità organizzata» e in virtù di «una tumultuosa dinamica di affari e rapporti intrattenuti anche con società lussemburghesi, danesi e spagnole». Ma tutto ciò reso possibile per «la vicinanza ai più noti esponenti mafiosi» che gli avrebbero fatto assumere «per il settore specifico una posizione leader i diverse regioni, in Lombardia, Lazio e Calabria oltre che in Sicilia occidentale».

 Un reticolo patrimoniale ricostruito, attraverso articolate indagini economico-patrimoniali, dal direttore della Dia che ha formulato la misura di prevenzione patrimoniale e personale sottolineando «l’esistenza di una consistente sperequazione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati da Nicastri».

Svolta a suo carico una approfondita ricognizione dei procedimenti penali e dei numerosi eventi legati alla realizzazione e alla successiva vendita, «chiavi in mano», di parchi eolici e fotovoltaici, con ricavi milionari. Accertato, secondo l’accusa, anche l’interessamento alle vicende imprenditoriali dei boss palermitani Salvatore e Sandro Lo Piccolo, stando ai «pizzini» rinvenuti in occasione del loro arresto.

Nicastri era finito già in  manette questa estate nell'ambito dell'operazione "Broken wings". "Il settore dell'eolico e' quello potenzialmente suscettibile di inquinamento da parte della criminalita' organizzata ed e' largamente soggetto ad influenze illecite. Per questo motivo occorre prestare la massima vigilanza" aveva dichiarato il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo.

NIcastri non aveva rivali nel campo dell'energia pulita. E oggi si scopre perché. Le indagini del centro operativo Dia di Palermo, coordinato dal colonnello Giuseppe D'Agata, svelano che Nicastri avrebbe potuto contare sulla protezione di Cosa nostra. Gli investigatori parlano di "contiguità", che si sarebbe tradotta in:
"Comunanza di interessi, una lunga attività di fiancheggiamento e di scambio di reciproci favori, una rapporto fondato sulla fiducia e sui vicendevoli vantaggi che ne possono derivare". In ogni piazza d'investimento Nicastri avrebbe trovato un partner criminale: da Matteo Messina Denaro, nella provincia di Trapani; a Salvatore Lo Piccolo nel Palermitano; agli 'ndranghetisti di Platì, Africo e San Luca. Non è mai emerso nulla di decisivo che potesse far scattare un arresto per l'imprenditore. Adesso, però, tanti piccoli tasselli di molte indagini hanno portato alla confisca di un impero economico.