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15/09/2013 06:55:00

Il Prefetto del Popolo. Intervista a Fulvio Sodano

Nel 2007 il giornalista Marco Rizzo intervistò l'ex prefetto di Trapani, Fulvio Sodano. Sulla sua vicenda, la sua cacciata da Trapani, il suo lavoro nel contrasto alla criminalità organizzata.

Per otto anni si è tentato di dare la cittadinanza onoraria a Sodano, rimandata sempre. Dopo ben otto anni dalla richiesta - era il 2005 - è stata approvata la concessione della cittadinanza onoraria all'ex prefetto Fulvio Sodano. Ma è stato lui stesso, stanco delle polemiche che ci sono state in tutto questo periodo, a rifiutare. Lo ha fatto un minuto dopo l'approvazione dell'atto in consiglio comunale con 21 voti favorevoli e 4 consiglieri del Pdl che si sono astenuti dal voto.

 

“Sono stato allontanato perché non sono voluto stare al gioco del sistema di potere vigente, schierandomi dalla parte del popolo”.

Fulvio Sodano è immobilizzato su una sedia a rotelle dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica. Ma nonostante la mancanza di autosufficienza, la lucidità, la forza e il coraggio del “Prefetto del popolo” non mancano di dimostrarsi, facendolo ergere come un gigante carismatico. Un uomo costretto a parlare tramite un computer, affiancato dalla moglie, altro esempio di coraggio e forza d’animo, ma che tramite le parole così difficili da esprimere vuole farsi giustizia. Dopo avere rappresentato il governo nella problematica provincia di Trapani dal dicembre 2000 al luglio 2003, la vicenda del suo trasferimento è balzata agli onori della cronaca dopo la struggente intervista rilasciata ad AnnoZero nell’ottobre 2006. Nel colloquio con il giornalista, Sodano aveva accusato l’allora sottosegretario agli Interni, il Senatore Antonio D’Alì (esponente di spicco di Forza Italia e oggi presidente della Provincia di Trapani) di averne ordinato il trasferimento per volontà della mafia locale. E oggi, a questa vicenda (approdata in Tribunale per una causa per diffamazione intentata da D’Alì) si è aggiunta una “guerra” con il sindaco di Trapani Girolamo Fazio.

Eccellenza, quali sono i ricordi più belli della sua esperienza a Trapani?

“Il continuo rapporto con la gente comune e l’essere riuscito a riaffermare la presenza dello Stato nel territorio. Al riguardo le racconto un episodio che può sembrare banale ma che la dice lunga sul rapporto tra cittadini ed istituzioni e sul modo di approcciarsi di queste ultime. Il mio primo giorno di servizio a Trapani ho notato che fuori dal palazzo del governo non sventolava il tricolore, tra l’indifferenza generale. Pensi che la gente non sapeva dove si trovasse la prefettura. A mia moglie , che l’indomani mi era venuta a trovare e che invano aveva chiesto la strada ho dovuto dire di chiedere del palazzo della Provincia [a due passi dalla sede della prefettura, NdR]. Come inizio non era male.”

Che idea si è fatto della città e dei suoi abitanti?

“Quando ero a Trapani era una città spaccata a metà. C’erano quelli che comunque appartenevano a qualcuno cui era tutto dovuto e subito e gli altri, i paria, di cui nessuno si occupava.
La gente comune era tenuta in nessun conto. La città era poi inospitale nonostante la sua vocazione turistica. I turisti dovevano andare via dopo una breve visita. Un centro storico meraviglioso veniva tenuto nel degrado più assoluto. Insomma, c’era da rimboccarsi le maniche, di tentare di riavvicinare la gente alle istituzioni e creare progetti condivisi per determinare uno sviluppo confacente alle caratteristiche della città. Quello che non mancava era la presenza asfissiante della mafia. Mancava quasi del tutto la criminalità comune e la microcriminalità tanto che addirittura mi sono augurato qualche problema di ordine pubblico in più.”

Ma tra questa spaccatura, c’è una parte del mondo politico locale che si impegnava per fare la differenza?

“La politica era monopolio di qualcuno che faceva il buono e cattivo tempo.”

A destra come a sinistra?

“La sinistra era poco organizzata e non godeva della fiducia degli elettori. Di converso ho trovato molti sindaci ed amministratori locali che avevano a cuore la sorte delle loro comunità e con cui ho avuto oltre che fattiva collaborazione rapporti interpersonali molto intensi.”

Durante l’intervista ad Anno Zero, lei ha raccontato di essere stato “rimproverato” da D’Alì quando nel percorso della visita del presidente della Repubblica in città non ha incluso l’escursione alle Saline, di proprietà della famiglia del Senatore. Ma ci sono state altre occasioni di scontro prima?

“Sin dall’inizio D’Alì ha tentato di soggiogarmi psicologicamente. Appena nominato sottosegretario mi invitò a pranzo e tra il più e il meno mi disse che da lui dipendeva la nomina e il trasferimento del prefetto e del questore della città. Niente male come primo approccio.”

Aveva mai dato motivo a D’Alì per doversi esprimere in quel modo?

“Mi voleva solo avvisare, ma io non ci sono stato. Nella mia vita ho fatto un solo giuramento, a cui ho cercato di essere sempre fedele. Ho giurato fedeltà alla Repubblica. I miei veri datori di lavoro sono sempre stati i cittadini. Sa a Trapani come mi appellavano? Il “Prefetto del popolo”. E ne sono orgoglioso.”

Passiamo alla vicenda dei lavori al porto. Con gli arresti dell’inchiesta “Mafia e appalti” imprenditori, uomini delle istituzioni e politici sono finiti in manette per avere favorito o posseduto imprese in realtà nelle mani della mafia. Durante la selezione delle imprese da coinvolgere nei lavori al porto in vista dell’America’s Cup del 2005, lei ha sostenuto il coinvolgimento della Calcestruzzi Ericina. Si tratta di un’impresa che era stata affrancata pochi anni prima dal controllo del boss Virga e dei suoi figli e poi sotto la gestione dello Stato (nonostante il tentativo della mafia di rimpossessarsene grazie a un funzionario connivente). Secondo una dichiarazione del senatore, il suo appoggio alla Ericina “alterava il libero mercato”. Secondo lei, l’infiltrazione mafiosa nelle imprese di costruzioni e forniture, è ancora significativa?

“La dichiarazione di D’Alì si commenta da sola. Io volevo fare della Ericina l’emblema della lotta dello Stato contro Cosa Nostra. Ciò dava fastidio a molti.
Io spero che la recente ventata di legalità che ha pervaso le associazioni degli industriali serva anche al territorio del trapanese.”

Perché molti trapanesi si disinteressano alla sua vicenda? Ignoranza? Apatia? Disinteresse?

“È per la cultura a cui facevo riferimento prima. Molta gente ama il quieto vivere e non si schiera apertamente per la solita atavica concezione. Credo però che, anche se intimamente, molti comincino a capire. Io però non colpevolizzo la gente ma chi la vuole tenere nell’ignoranza.”

Suo malgrado, il suo impegno, la sua denuncia e la sua forza l’hanno resa un simbolo. Ne è consapevole?

“Tutto avrei voluto tranne che diventare un simbolo. Io sono consapevole di avere fatto solo il mio dovere e solo per quello non si può diventare simbolo. Io ho parlato non tanto per me ma per dare coraggio agli onesti. Certo poi individualmente mi inorgoglisce il fatto che molti giovani prendendomi ad esempio comincino a pretendere i loro diritti anche a costo di doversi inimicare i potenti di turno.”

Cosa si augura per il futuro?

“Che finalmente si volti pagina.”

Nota: Il senatore D’Alì ha scelto di non commentare, per non entrare in polemica con il prefetto, preferendo attendere l’esito della magistratura civile prima di esprimere ogni commento.

 

Marco Rizzo

http://thewarbulletin.com/2008/04/21/un-gigante-su-una-carrozzella/