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07/10/2013 06:25:00

All'Hotel "Giardino di Costanza" di Mazara c'è un buco di 42 milioni di euro...../1

 C’è un buco da 42 milioni di euro al Giardino di Costanza. La società proprietaria della struttura turistica d’eccellenza di Mazara del Vallo, costruita grazie a 6 milioni di euro di aiuti pubblici, è fallita E rischiano il posto più di 70 lavoratori. In vista dell’asta pubblica con la quale il Tribunale di Marsala tenterà di dare in gestione l’albergo (prezzo annuo fissato: 250.000 euro, da pagare in anticipo) in tanti fiutano l’affare, a cominciare dagli stessi ex proprietari, che possono contare anche sulla vicinanza di Carmelo Patti, l’imprenditore di Castelvetrano oggi al centro della richiesta di sequestro di beni più alta mai fatta in Italia: cinque miliardi di euro. Ecco la storia. 

Il Giardino di Costanza è il fiore all’occhiello dell’accoglienza turistica in provincia di Trapani. Un complesso vicino Mazara del Vallo, con centro termale, che fino a poco tempo fa era nel prestigioso circuito internazionale Kempiski. Sorge in un baglio dell’Ottocento con 99 stanze, Si paga 3.400 euro a notte per una suite. La struttura contiene due penthouse suite con piscina privata, due ristoranti, un centro congressi da 260 posti e la beauty farm più grande della Sicilia e tra le maggiori d`Europa: 2.100 metri quadri, progettata da Reza Rahmanian, l’architetto con studio a Londra che ha firmato il centro benessere del Royal Mirage di Dubai.

Costruito nel 2004 grazie a 6 milioni di euro di contributi comunitari a fondo perduto, il “Giardino di Costanza” è di proprietà della Mediterranea Spa, presieduta da Giovanni Savalle, e dichiarata fallita dal tribunale di Marsala l’anno scorso con un ammontare di debiti per 42 milioni di euro.

Attualmente l’hotel è gestito, su mandato del Tribunale di Marsala, da una società milanese, la Geco, che fa capo al manager Matteo Bizzi e al gruppo Domina. L’amministratore Andrea Verde - italiano d’origine, francese d’adozione, tessera radicale in tasca - racconta: “Abbiamo fatto i salti mortali. Abbiamo preso in gestione l’albergo da Aprile fino al 31 Ottobre per 60.000 euro. Non c’era un cliente, chiaramente. E nessuno voleva lavorare con noi. Con grandi sacrifici, io ad esempio ho rinunciato al mio compenso, siamo riusciti a pareggiare entrate ed uscite, mantenendo lo stesso livello di personale”.
Prima invece la struttura perdeva, mediamente, 300.000 euro a stagione. Come è stato possibile? Spiegano gli investigatori della Guardia di Finanza che negli ultimi tre mesi hanno per due volte fatto visita al complesso: “Il metodo è ormai consueto, è quello di costruire intorno alla società che è destinataria di un importante contributo comunitario una serie di società parallele, di scatole cinesi. Così, nel caso della Mediterranea Spa, la cura del giardino è affidata ad una società, che ogni mese fattura migliaia di euro; un’altra società è proprietaria dei mezzi per il trasporto dei turisti, un’altra ancora addirittura delle statue e dei mobili di pregio; stessa cosa per le forniture alimentari o le pulizie. In questo modo l’hotel veniva continuamente spremuto di spese, verso società riconducibili in qualche modo sempre alle stesse persone. Un metodo semplice da raccontare, ancora più semplice da realizzare, ma difficilissimo da scovare: in casi come questi le società spesso hanno sede all’estero, o sono di proprietà di altre società, le indagini sono lunghe e complesse, e il reato si prescrive in tempi brevi”.   Savalle si è sempre difeso: “I fondi sono stati regolarmente spesi. La Procura di Marsala indaga su fatti del 2007 e i fondi in discussione sono quelli previsti dal patto territoriale Trapani Sud, pari a 6,5 milioni di euro, che sono stati regolarmente spesi dalla società Mediterranea spa per la costruzione dell’hotel”.

La Procura di Marsala - le indagini sono coordinate dal sostituto Dino Petralia - ha cercato di fare luce su un groviglio di società, che comprende oltre a Mediterranea, Sicily House e Sviluppo Italia,  Solymar, Sicilcostruzioni.  Il controllo delle società coinvolte è riconducibile al gruppo Savalle - Norrito. La truffa sarebbe stata compiuta ai danni di finanziamenti concessi nell’ambito del Por Sicilia.

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