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24/06/2015 20:55:00

Grazie Laura!

 di Dino Agate -  Laura Antonelli é morta a 73 anni. In un anonimo appartamento di Ladispoli, dove si era rifugiata da anni, l'ha trovata morta la badante. Quando ancora donne settantenni, imbellettate, si fanno osservare per le vie e nei locali, lei, che aveva avuto bellezza da vendere, ha reso l'anima a Dio, dopo gli ultimi decenni passati come peggio non si può. Il suo più caro amico, che le era rimasto vicino dopo la fuga di tutti gli altri, Lino Banfi, ha dichiarato: "E' morta di solitudine". I suoi guai cominciarono nel 1991, quando tentò di allontanare i primi segni della vecchiaia, le maledette rughe che affliggono chi é vissuto di bellezza, e si sottopose ad un intervento di chirurgia plastica non riuscito. Dalla sala operatoria venne fuori un volto orribile a guardarsi. Pure lo stesso anno cominciò la disavventura giudiziaria, con la scoperta di una trentina di grammi di droga nel suo appartamento durante una festa. Fu accusata di spaccio. Occorsero numerosi gradi di giudizio, e nove anni di tempo, perché l'accusa fosse derubricata in uso personale di sostanze stupefacenti. L'ambiente in cui viveva non era dei più francescani, e lei ci cadde dentro fatalmente.
Figlia di istriani, nata a Pola nel 1941, profuga con i genitori per effetto della guerra persa, pervenuta prima a Napoli e poi a Roma, qua insegnò educazione fisica e si fece notare per alcune apparizioni in fotoromanzi e filmucci. Il grande salto lo fece nel 1971, recitando con Lando Buzzanca ne "Il merlo maschio". Aveva trent'anni e una femminilità prorompente. Tutta donna dalla testa ai piedi, il suo sguardo, le sue movenze facevano a pugni con il razionalismo sociale allora imperante. Di fronte alle manifestazioni dei giovani che chiedevano la libertà al potere, e praticavano il sesso come un diversivo durante il percorso dell'azione, Laura rappresentò l'altra Italia, quella tradizionale e passionale, viziosa e passionale. Per fortuna che c'é stata, e non abbiamo perso il sapore dolce dell'approccio virtuale e fisico al corpo femminile, nella efficacissima rappresentazione che ne fece Samperi nel film "Malizia". Abbiamo potuto osservarla, nella sua parte di domestica che si toglieva le calze di seta o saliva sulla scale per pulire in alto, da due punti di vista: da quello del padrone di casa con la libidine montante, o da quello del giovane figlio che aspirava alla grande prova. Lei riusciva a suscitare le ancestrali passioni che hanno mosso l'uomo verso la donna da che mondo é mondo.
Lo spettatore restava ammutolito e fremente, nel buio della sala e anche dopo l'uscita, dubbioso se fosse quel tipo di approccio amoroso il traguardo da raggiungere, piuttosto che l'amore libero ed esperienziale di quel tempo, in cui masse di radical chic si riconoscevano nel motto femminista:"La vagina é mia e me la gestisco io", come se si trattasse di una casa, un fondo, un immobile da far fruttare, ed invece é sempre stata l'origine della specie, il sentimento più delicato ed al tempo stesso estremo. Per i sessantottini e loro epigoni, la malizia, la passione, la libidine venivano rinsecchiti in abbracci senza fantasia tra una riunione con il Libretto rosso di Mao in mano e una sfilata dietro uomini e donne - sandwich con cartelli inneggianti al nuovo sole dell'avvenire in salsa nazional - popolare.
Ci voleva lei, Laura Antonelli, a tenerci coi piedi per terra. Il suo ricordo, una volta che l'abbiamo vista, non ci ha lasciato più, ed abbiamo potuto sopportare l'ingaglioffimento culturale - ideologico degli anni Settanta e Ottanta.
Meno male che abbiamo conosciuto Laura. Grazie a Dio!

leonardoagate1@gmail.com



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