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14/02/2016 08:00:00

Sanremo, canzoni e non solo. La "grammatica" musicale

Che cos’è la letteratura?

L’insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano comunque. Questa la definizione che ho scelto tra le diverse, ma simili, che si possono trovare nei vocabolari italiani.

Esiste anche la letteratura musicale? I testi delle canzoni possono essere definiti poesie?

Con la prima domanda m’è andata bene, ho trovato la risposta bella e fatta. Per quanto riguarda le altre due, provate a chiedermi: cosa faccio nella vita? Me la complico. Come penso di venirne fuori ancora non lo so di preciso, ad ogni modo, ci provo. Tutto sommato la seconda domanda non è così difficoltosa, se la letteratura è l’insieme delle opere affidate alla scrittura… allora possiamo tranquillamente dire che tutte le opere letterarie che hanno ispirato componimenti musicali possono intendersi come tali, a cominciare dal melodramma o la romanza etc. la sto pigliando troppo alla larga, vero? Parliamo subito di Sanremo e non ci giriamo troppo intorno. E anzi, per dimostrarvi che non sono in difficoltà e so perfettamente quello che devo dire, affermo subito che i testi delle canzoni non sono poesie. Oh! L’ho detto. Tranquilli, ora lo motivo. Quando si scrive il testo di una canzone si deve tenere conto di una certa organizzazione grammaticale, diversa da quelle poetica, bisogna pensare al rapporto tra parole e musica, agli accenti linguistici e agli accenti musicali. La lingua italiana è prevalentemente composta da parole piane che litigano con le esigenze musicali, tant’è che spesso per fare quadrare i tempi si trovano inversioni del pronome personale (quante scuse ho inventato io Ramazzotti) o lo stesso Battiato che mette l’accento finale alla vecchia bretonè. Non si salva neppure il professore Roberto Vecchioni, facendo attenzione al testo di Chiamami ancora amore, vincitore di un Sanremo, si scorgono delle sgrammaticature (che i bimbi stavano; che gli avrei regalato; che questa maledetta notte… etc.)che, sicuramente, lui per primo correggerebbe nei temi dei suoi studenti. Ma la canzone segue altre leggi, in ultima analisi si può dire che il testo di una canzone è un mix di parlato, poesia e contenuto. Eccoci dunque al contenuto. Ascoltando alcune canzoni ho come la sensazione che il testo sia stato estratto a sorte dal contenitore dei luoghi comuni e cliché, così a casaccio, bisognava riempire un ritornello orecchiabile con qualcosa di già trito e ritrito. Allora che ben venga il nonsense, almeno non mi devo sforzare per capire il significato e mi concentro sulla musica. In altre parole, quello che non sopporto è la banalità. Meglio un trottolino amoroso e tu tu, ta ta ta, come a dire: non mi veniva niente di meglio e dovevo consegnare il testo. Questa è onestà intellettuale! Poi c’è anche l’altro estremo, quello dello shivaismo tantrico di stile dionisiaco, che tu non capisci ma dici: cavolo è uno che ha studiato. C’è sempre un gruppo di ricercatori, da qualche parte del mondo, che studia fenomeni singolari, in questo caso è stato appurato quali caratteristiche deve avere un brano per diventare un tormentone: 1) ripetitività di certe strutture musicali, come per esempio i ritornelli; 2) semplicità musicale; 3) incongruità tra testo e musica o ritmo e metrica. Ecco da dove hanno copiato, quelli di Sanremo, i prerequisiti per la selezione dei testi. Sto scherzando, suvvia! Semplifichiamo ogni cosa dicendo allora che, a noi fruitori finali tocca un solo compito: godere della musica, diventare noi cassa armonica facendo spazio alle risonanze, senza apporre ostacoli, esattamente come succede con tutti gli strumenti che hanno una cassa armonica rigorosamente vuota, chissà, potrebbe essere questa la condizione ottimale. Avrà vinto il meno peggio!


Katia Regina