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27/03/2016 12:00:00

"La "Sicilia fatale" di Amelia Crisantino

Amelia Crisantino, ricercatrice e storica siciliana, ha pubblicato, per le Torri del vento Edizioni, un agile libretto di sintesi di avvenimenti e personaggi della nostra Sicilia, dall'antichità a oggi.


Sono stati molti i personaggi di origine non siciliana, politici e condottieri, che qua sono venuti ed hanno operato in posti di potere. Alcuni di loro avevano buone intenzioni ed erano anche intelligenti, ma l'esito della loro opera é stato quasi sempre negativo. L'isola si é dimostrata fatale, quasi che un destino millenario, e tuttora imperante, li abbia condizionati.


Fin dall'antichità, questa nostra terra fu ambita da gente che veniva da fuori. Qualche secolo prima che arrivassero i romani e la rendessero provincia del loro impero, i greci ne furono affascinati dalla centralità nel Mediterraneo e dalla possibilità di potervi trasferire le loro genti e i loro commerci. Sorsero le colonie greche, ma tutte restarono autonome e non aspirarono mai ad una federazione di comunità retta da un potere centrale. La Sicilia greca fu la fotocopia della parcellizzazione del potere in Grecia, con l'aggravante che ad occidente c'erano le comunità e i centri di poteri opposti, i cartaginesi.


Venuti infine i romani, l'unità politica della Sicilia si ottenne, con un'aggregazione che sapeva di sfruttamento. L'isola divenne il granaio di Roma e terra di rapina dei latifondisti e dei governatori romani. Dopo la fine dell'impero romano d'occidente e la vicenda dell'invasione dei vandali, sotto gli arabi ci fu un periodo, di un paio di secoli, di miglioramento socio - economico, grazie al risveglio dei commerci ed al frazionamento dei latifondi in piccole aziende, che crearono le colture intensive.


Ma con la cacciata degli arabi e con l'arrivo dei normanni, l'isola fu riportata indietro alla sua funzione di granaio. Si ricreò il latifondo, in mano ai baroni. Quando l'Italia e l'Europa assaporavano i benefici del risveglio economico nelle nascenti comunità cittadine e borghesi, la Sicilia normanna, poi sveva e poi spagnola, costituiva i feudi, che sono perdurati fino all'inizio della seconda metà del novecento. L'economia dell'Europa aveva fatto passi da gigante nelle manifatture e nei commerci. Da noi l'unico prodotto che per secoli si esportò fu il grano, infine nell'ottocento affiancato dallo zolfo e dal vino. Tutte materie prime, che venivano vendute nell'isola a prezzi competitivi e, trasformati altrove, facevano la ricchezza degli esportatori, che peraltro erano stranieri.


Nell'ultimo dopoguerra, con lo scorporo del latifondo e la creazione delle piccole proprietà contadine, le cose sono cambiate dal punto di vista economico, ma l'arcaica mentalità siciliana, plasmata di vassallaggio, non é ancora competitiva con le iniziative che si realizzato in regioni che hanno avuto una storia diversa.

Dino Agate