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11/06/2016 12:20:00

Trattativa, Martelli: "Il 41 bis scritto da me e D'Ambrosio fu rimosso perché troppo duro"

“La misura del 41 bis la scrivemmo Loris D’Ambrosio ed io. C’erano posizioni contrarie in Parlamento, i due partiti maggiori erano contrari al decreto dell’8 giugno”. Lo ha detto l’ex ministro Claudio Martelli proseguendo la sua deposizione al processo trattativa su Stato e mafia a Palermo. Martelli sottolinea soprattutto “le difficoltà” incontrate. “Qualche giorno prima del varo del decreto dell’8 giugno – racconta – chiesi un incontro con un esponente della Corte Costituzionale, dissi di dare carattere di temporaneità del 41 bis che di fatto è biennale. In quanto era giustificata da una particolare emergenza. Questa preoccupazione era arrivata dagli uffici della Presidenza della Repubblica agli uffici del ministro della giustizia. Per questo motivo andai anche da Scalfaro per discuterne e per dire che era costituzionale Quando avviene? Il sei o il sette giugno”. Poi, Martelli ricorda anche che dopo il suo addio al Ministero della Giustizia, “la strategia antimafia che era stata impostata” dall’ex Guardasigilli “è stata sostanzialmente abbandonata nei suoi presupposti, come il fatto di mettere i mafiosi più pericolosi al regime del 41 bis favorendo la loro collaborazione con lo Stato attraverso una legislazione premiale”, come spiega Martelli, parlando in particolare del mancato rinnovo di oltre 300 decreti di 41 bis nel 1993. “Ho visto giorno dopo giorno smantellare una serie di iniziative, di atti – ha detto – che erano stati messi in in campo che avevano dimostrato la loro efficacia tanto da portare all’arresto di Riina”. “Io e Scotti fummo rimossi perché avevamo esagerato” nella lotta alla mafia, “stavamo sulle scatole a tanti”. Lo ha detto l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli, proseguendo la sua deposizione al processo sulla trattativa Stato-mafia a Palermo. Martelli spiega proprio con il suo impegno antimafia la rimozione dal Ministero della Giustizia, così come la rimozione di Vincenzo Scotti dal Viminale, nel luglio del 1992. “Io mi impuntai – dice Martelli – non volevo lasciare il Ministero della Giustizia”. E di Scotti dice: “Ha rotto le scatole perché aveva sciolto troppi comuni per mafia”. Per l’accusa la rimozione di Scotti, con l’avvento di Nicola Mancino al Viminale, il primo luglio 1992, sarebbe proprio da legare alla trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Proseguendo la deposizione, l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli, ricorda poi di avere ricevuto una telefonata dall’allora Premier Giuliano Amato che lo voleva incontrare. “Mi disse che lui era solo un ambasciatore e mi disse che Craxi non voleva che io restassi alla Giustizia e che propose di mandarmi alla Difesa. Io tornai al partito e diedi battaglia. Amato mi disse che avrebbe riferito a Craxi – ricorda – Qualche giorno dopo mi chiamò e mi disse che Craxi aveva valutato le mie considerazioni e che potevo rimanere alla Giustizia”. Spiega ancora che l’avversione nei suoi confronti “Era di una parte della Dc, ma anche della sinistra DC, poi Forlani, Andreotti, e Scalfaro preferivano Amato”. 

CIANCIMINO.  "Oggi vado dai pm di Palermo e gli do una polpettina", così diceva in un'intercettazione telefonica nel 2009 Massimo Ciancimino al giornalista Lirio Abbate.
L'intercettazione, depositata nel processo Borsellino quater che si tiene a Caltanissetta, è stata contestata al testimone-imputato questa mattina al processo sulla trattativa Stato-mafia dal difensore del generale Mario Mori, l'avvocato Basilio Milio. Ciancimino ha detto di non ricordare queste affermazioni.
Milio ha letto diverse dichiarazioni fatte da Ciancimino in cui si parla di "polpette" e "polpettine" da dare anche ai giornalisti.