Quantcast
×
 
 
13/01/2017 06:30:00

Scandalo Anfe. Così funziona la maxi truffa sulla formazione a Trapani. Nomi e retroscena

 Era passato praticamente indenne dai terremoti che hanno sconquassato la formazione in Sicilia negli ultimi anni. Le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto il Ciapi e Francantonio Genovese, quelle della Corte dei conti che hanno inguaiato funzionari regionali e uomini del sistema della formazione. Ieri il suo impero è crollato. Paolo Genco, da Salemi, conosceva tutti all'assessorato per la Formazione, a Palermo. Era uno dei leader della formazione in Sicilia, a capo dell'Anfe, un ente di formazione che conta 700 dipendenti in tutta l'Isola, e gestisce corsi di formazione per 20 milioni di euro l'anno sin dai tempi di Cuffaro, passando per l'Avviso 20 di Lombardo, fino ai giorni nostri. Ieri però il nucleo polizia tributaria della Guardia di Finanza di Trapani ha arrestato Genco, e un piccolo imprenditore Baldassere Di Giovanni, per una truffa milionaria sui corsi di formazione.

La formazione in Sicilia è uno dei settori più sovvenzionati. Ogni anno arrivano sull'isola circa 250 milioni di euro e su questi fondi ci si butta a capofitto. Sono due i modi più usati per rubare soldi nella formazione. Uno è quello di organizzare corsi fantasma, con alunni inesistenti. L'altro è quello di emettere fatture false o gonfiate per spese poi rimborsate dalla Regione Siciliana. E questo secondo metodo è stato quello utilizzato da Genco – secondo la Guardia di Finanza . Paolo Genco e di Baldassare Di Giovanni entrambi di Palermo, sono ritenuti responsabili dell’indebita percezione dal 2010 al 2013 di contributi pubblici a carico della Regione Siciliana e dell’Unione Europea per oltre 53 milioni di euro. Il provvedimento, che ha disposto anche il sequestro di ben 41 beni immobili per un valore di circa 2 milioni di euro, rappresenta l’epilogo di una lunga e delicata attività d’indagine svolta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trapani nel settore dei finanziamenti pubblici destinati alla “formazione professionale”.
L'Anfe è uno degli enti più blasonati in Sicilia, presso cui convergono risorse cospicue, circa 17 milioni di euro l'anno solo per la formazione professionale- spiega il Tenente Colonnello Michele Ciarla che ha coordinato l'inchiesta. L'indagine ha consentito di scoprire non che i corsi di formazione non si tenevano ma che i costi per i rimborsi venivano gonfiati. Abbiamo stimato fatture inesistenti per 2 milioni di euro, che hanno inficiato tutto il contributo nel corso di 3 anni per 53 milioni di euro”.
I soldi venivano reinvestiti nell'acquisto di immobili, poi. “La formazione è un settore in cui siamo molto attenti – continua Ciarla - perchè i contributi che arrivano su questo settore in Sicilia sono tantissimi, circa 250 milioni di euro l'anno, quindi si presta sia come bacino, che come sistemi clientelari e voto di scambio, che come strumento per arraffare risorse”.

Così la Guardia di Finanza ha spiegato come avveniva il raggiro:

In sintesi, dalle investigazioni svolte dai finanzieri mediante numerosi e variegati mezzi di ricerca della prova è emerso che il responsabile dell’ente di formazione siciliano, in accordo con DI GIOVANNI Baldassare, titolare della “General Informatic Center” e della “ Coreplast”, apparenti fornitori dell’A.N.F.E., aveva rendicontato all’ente erogatore (mediante la produzione di false fatture di acquisto) costi per beni e servizi mai effettivamente forniti. La notevole massa di danaro utilizzata per giustificare il pagamento delle fittizie fatture di acquisto, ritornava poi nella disponibilità di Genco Paolo che reinvestiva tali proventi nell'acquisto di numerosi immobili (molti dei quali oggi sottoposti a sequestro), formalmente intestati in parte ad una società immobiliare, denominata “La Fortezza” (amministrata dal Di Giovanni), e in parte ad una dipendente dell’A.N.F.E., anch’essa coinvolta nella frode. Alcuni dei suddetti immobili venivano, inoltre, locati per finalità formative allo stesso A.N.F.E. con duplice illecito guadagno per i due sodali.
Inoltre, al fine di consentire alla “General Informatic Center” di aggiudicarsi tutti i contratti di fornitura di beni e servizi, facendo apparire che la selezione era avvenuta sulla base del criterio dell’offerta più conveniente, l’A.N.F.E. aveva simulato indagini di mercato dirette alla selezione dei fornitori di materiale informatico (quando sin dall’inizio l’intendimento esclusivo era quello di avvalersi della sola società del Di Giovanni) e quindi formato falsi preventivi di spesa, del tutto antieconomici, riconducibili ad altre società risultate però ignare o addirittura inesistenti.


Genco, originario di Salemi, è stato  protagonista anche di grandi operazioni di acquisizioni di enti. Recentemente era entrato in forte contrasto con la Regione perché dalla nuova graduatoria dei corsi di formazione erano stati esclusi diversi progetti dell'Anfe. Una circostanza che ha portato l'Ncd all'Ars a minacciare di uscire dalla maggioranza. Genco aveva minacciato ricorsi se non si fossero rivisti i criteri di selezione.
Con l'Anfe era pronto a inserirsi nell'affare degli sportelli funzionali per i quali sono stati stanziati al Governo circa 100 milioni di euro.
Il suo potere va oltre la formazione, e si inserisce anche nel mondo dei sindacati. Era diventato presidente di Forma Sicilia, un cartello di grandi enti che coinvolge ex Ial, ex Cisl, ex Cefop, Enfap, ex Uil, e altre sigle cattoliche.

INTERCETTAZIONI E INDAGATI. L'indagine   è scattata un paio di anni addietro a Catania, dopo un esposto di un paio di corsisti che denunciarono il fatto di non avere ricevuto l’indennità di frequenza e di essere stati utilizzati in pratica come lavoratori in nero in uno  stage presso il gruppo commerciale Aligroup. Dovevano prestare attività lavorativa come banconisti per un paio di ore, si ritrovarono invece a dovere rispettare in pieno l’orario di lavoro previsto per i dipendenti assunti. Da Catania l’indagine arrivò dapprima alla Procura di Enna perché i corsi finiti sotto inchiesta si erano svolti in questa città, e poi le carte arrivarono a Trapani giacché la “cassa” dell’Anfe era gestita presso una banca trapanese. I finanzieri, dopo i primi interrogatori, ascoltarono Di Giovanni discutere con una dipendente della sua società, la General Informatic Center: “il problema scaturisce dal fatto del magazzino perché loro (i finanzieri ndr) dicono tu hai fatto un milione di fatture l’anno, questo magazzino ce lo avevi, non ce lo avevi, come stavi messo?”.

L' Anfe pagava con bonifici la fornitura, a sua volta le società di Di Giovanni pagavano in contanti i fornitori inesistenti, e i soldi finivano nuovamente nella disponibilità, stavolta personale di Genco. I soldi venivano spesi per acquistare beni immobili da parte della compagna di Genco, Tiziana Paola Monachella, responsabile Anfe di Castelvetrano (mentre la figlia di Genco,  Maria, è responsabile provinciale...) Quando i due si lasciano, lei chiede, come "ricompensa" per aver fatto la prestanome, l'intestazione di una casa a mare....

I finanzieri poi si sono messi a cercare il “magazzino” da dove nel 2012 all’Anfe sarebbero stati forniti 90 computer e 206 pc nel 2013: hanno trovato bolle di trasporto riferite addirittura a automezzi che dalla Puglia, dove risultavano collocati, non si erano mai mossi, e fatture di negozi di giocattoli e che di informatica non si occupavano affatto. Con Monachella sono indagati Aloisia Miceli e Rosario Di Francesco.

 

CROCETTA.  “Ennesimo scandalo nella formazione professionale. Quando qualche anno fa insieme a Nelli Scilabra, avevo individuato il marciume che sta dentro la formazione professionale, siamo stati attaccati da tanti, e tali attacchi sono stati particolarmente veementi nei confronti di una giovane che ha avuto, insieme a me, il coraggio di indignarsi, di non accettare un sistema”. Lo dice in una nota il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta. “Quando nei mesi scorsi con l'assessore alla Formazione, Bruno Marziano, abbiamo posto il problema dell'obbligo degli enti ad assumere il personale esistente, ci sono stati e anche adesso ci sono, i ricorsi degli enti che hanno bloccato l'avvio dei corsi e l'impiego dei lavoratori, i contrasti della vecchia politica e anche, purtroppo, di quella che pretenderebbe di essere nuova che invece di difendere lavoratori ha difeso gli enti. Ora un nuovo scandalo che rischia di essere pagato ancora dai lavoratori che – continua il presidente - invito a una maggiore consapevolezza e coesione con un governo che vuole garantire i loro posti di lavoro, ma non vuole lo scempio di denaro pubblico che verrebbe sottratto ai cittadini. Quando diciamo che i lavoratori della formazione inseriti nell'albo devono essere assunti prioritariamente, ci sono delle ragioni. Alcuni enti vogliono continuare la politica clientelare che piace molto alla vecchia politica, ma, sapendo che poi bisogna assicurare l'impiego ai lavoratori inseriti nell'albo, è necessario incrementare le risorse. In pratica l'obiettivo è di assumere nuovi dipendenti con i corsi finanziati e chiedere ulteriori risorse per assumere i lavoratori iscritti all'albo. Non permetteremo questa politica.  Il settore è stato per anni una prateria indisturbata di interessi illegali, e lo dimostrano le inchieste, numerose, che hanno già coinvolto altri enti come il Ciapi, lo Ial e tanti altri. Spesso dietro alcuni enti c'erano politici, parenti, loro congiunti o amici politici. Quel tipo di formazione ha compromesso il futuro dei giovani siciliani, tant'è vero che appena siamo intervenuti e abbiamo indirizzato alcune di quelle risorse su Garanzia e Piano giovani, decine di migliaia di giovani sono stati assunti. Chi ha distrutto la formazione in Sicilia è la  vecchia politica, che non ha garantito un livello adeguato di istruzione ai ragazzi e alle ragazze di Sicilia, che gli permettesse poi di trovare un lavoro. Adesso la formazione deve ripartire, assicurando un futuro ai lavoratori del settore, ma anche ai giovani che devono qualificarsi nel lavoro. Ho già convocato incontro con l'assessore e il direttore della formazione per decidere il da farsi tenendo presente che – conclude Crocetta - vogliamo salvaguardare i lavoratori e non gli interessi degli enti”.

 

CORRAO. “Dal presidente Crocetta due pesi e due misure. Ringrazia gli inquirenti per l’inchiesta sulla formazione che vede coinvolto uno degli enti che la stessa Regione Siciliana finanzia con una barca di soldi, dall’altro però fa orecchie da mercante sull’operato delle sue alte e fedeli dirigenti Monterosso e Corsello, ambedue a processo e il per il quale sarebbe opportuno costituirsi parte civile. Non capiamo cosa aspetti la Regione Siciliana ad intraprendere una massiccia operazione di accertamento delle responsabilità all’interno del dipartimento Formazione, che per anni ha contribuito a rendere il settore della formazione siciliana il più truffato d’Europa”. L’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao interviene in questi termini relativamente alla presunta truffa dei fondi per la formazione professionale all’Anfe. “Ora Crocetta esprime soddisfazione - dice Corrao - ma soddisfazione su cosa, dove sono stati i controlli? Come è possibile che la Regione non sapesse nulla del modo in cui venivano gestiti i fondi da quello che era considerato da tutti il re della formazione in Sicilia? Possibile che non abbia mai pensato di porre sotto la lente d’ingrandimento un ente che percepiva dai 15 ai 20 milioni di fondi ogni anno? Cosa ha fatto la Regione per prevenire le truffe nel mondo della formazione? Eppure bastava, per esempio, anche solo ascoltare i tanti dipendenti dell’Anfe che denunciavano di non essere stati pagati da mesi o analizzare i prezzi fuori mercato con cui l’ente di formazione acquistava beni e servizi usando il denaro pubblico. Quello della formazione è un settore martoriato dalle truffe e dalla mala politica, dove le vere vittime sono i dipendenti non pagati. Ora in 700 rischiano il posto di lavoro e restano al palo i giovani ai quali sarebbero dovuti andare i fondi per la formazione, per esempio i ragazzi in età molto giovane. Ricordiamo anche le altre indagini, per esempio sul sistema dei finti corsi di formazione che coinvolse Mister preferenze del PD in Sicilia Francantonio Genovese e l’altro deputato PD Riggio nel cosiddetto sistema Giacchetto che ci ha costretto - conclude Corrao - a restituire milioni di euro all’Europa”.