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30/04/2017 08:47:00

Stalker: il film da vedere questa settimana gratis on line è "La casa delle donne" (2003)

Il cinema è tante cose, ‘cose’ messe insieme, in attrito o in lieve contrasto, buttate le une sulle altre o sostanziate – strato per strato, scarto dopo scarto –, o magari istintivamente associate e tenute in equilibrio da quella sapida arte che è l’entusiasmo ‘del fare’.

Il progetto che ha portato, agli inizi degli anni duemila, un gruppo di attori provinciali pugliesi a rimettersi in gioco (dopo che le loro due compagnie teatrali, una delle quali stabile e parecchio conosciuta nell’ambiente barese, si erano sciolte poco felicemente), è uno strano miscuglio di romanzo – parola scritta, quindi –, teatro – parola recitata – e cinema – parola destrutturata –. Una gentile sortita, una scommessa per meglio dire, nata attorno alle pagine del romanzo di Maria Marcone, ed edito dalla Palomar, che in verità non aveva riscosso moltissima attenzione in un paese come il nostro, poco propenso alla lettura. E spesso anche misteriosamente sospettoso sulle pagine dei romanzi d’atmosfera legati a territori periferici, che hanno ossa e sangue fatti di odori e di colori particolari, riconducibili a confini (i famosi ‘limes del significante’) non solo fisici ma anche caratteriali, mentali. D’anime.

Ma fortuna ha deciso che la volontà realizzativa del regista Mimmo Mongelli, la forza espressiva di gente come Totò Onnis, Anna Roberti o Stefania Caito, e la testardaggine imprenditoriale della piccolissima casa di produzione Resh, dovevano incocciare quell’atmosfera di cambiamento epocale (per quanto possa esserlo l’alternanza al potere del Potere stesso), che si stava iniziando a respirare in Puglia nella prima metà del nuovo secolo/millennio. Una terra piena di contraddizioni che si fa contraddizione della propria natura, e si trasforma – lentamente e con la narrativa di parte che accompagna le ‘cavalcate politiche’ della sinistra in Italia – in ‘dizione contro’, in aggressivo e fascinante ribollimento di concetti. Narrazione nuova, tout court.

Che non si parla certo di come Nichi Vendola e la sua ‘Fabbrica’ (poi miseramente annerita dalle risate telefoniche sui fumi dell’Ilva di Taranto), abbiano spodestato un quasi monopolio democristiano e fondato il mirabile decennio della ‘Puglia felix’, in questi altalenanti 95 e passa minuti! Dio ce ne scampi gli occhi, orecchie ed encefalo! Qui si sostiene invece una lunga teoria – che trasforma l’ironia del romanzo della Marcone in una farsa che sfiora e mai centra il dramma –, di una rivoluzione del sesso, fatto di sessualità senza amore e di un amore tra donne che si aiutano odiandosi e si contrastano accettandosi a vicenda, alla fine vincente sul patriarcato ‘duro e puro’ di un Sud addormentato e allo stesso tempo rovente. Tale all’ora d’afa, magico tempo in cui tutto suda, si scompone, si ferma o si accoppia ansimando nel buio dei segreti indicibili. Quattro decenni di storia, dagli anni venti agli anni sessanta del secolo scorso, vedono i bambini nascere e crescere e gli adulti invecchiare, mentre sbocciano amori tormentati, sopraggiungono inattesi dolori, e  la rabbia e la tristezza aumentano con l’avanzare dell’età.

Ed avviene così che questo ‘racconto nell’ombra luminosa’ di un’intera regione (e forse non solo di quella), diventa un fiume di aneddoti, di personaggi, di tipologie, seguendo – come lo può un piccolissimo film, girato con i due soldi dell’indipendenza ed i quattro soldi di un finanziamento ministeriale –, quel modo di narrare che sta tra la nostra letteratura ottocentesca e, per dirla grossa, una storia alla “Casa degli spiriti” della Allende.

Gli attori, memori della lezione di un pugliese ‘arrivato’ come Sergio Rubini, pigiano sull’acceleratore di in un dialetto che oramai è molto cinematografico e riconosciuto dal grande pubblico, e tendono a farci sorridere con poco, anche con poveri spunti di cattiveria e di saggezza popolare. Le tre donne protagoniste tengono bene le fila di una compagnia di giovani pomodori, ancora non pronti per la conserva. E tutto torna in una sogno antico che ci dice come, generazione dopo generazione ed amplesso dopo amplesso, le donne abbiano conquistato – meritatamente – il palcoscenico della storia. Non ancora quella ‘Storia’ lì, quella dei libri e delle disamine cronachistiche, ma quella più sincera e, cinematograficamente parlando, stimolante dei nuclei familiari e dello spirito di una comunità.

Verrebbe da riportare le parole della scrittrice barese Maddalena Santoro, grande e dimenticata esponente della ‘belle epoque’ e del riscatto della classe media pugliese.

“Quando scrivo – ho detto – non ricordo in quale angolo della Terra sia nata, ed è vero. Ma è anche verissimo che scriverei forse peggio, forse meglio, non so: certo diversamente di come scrivo, se non portassi con me il caratteristico, suggestivo profumo della mia Puglia; se non sentissi vibrare con la mia anima, nella mia anima, il cuore forte e generoso dei miei fratelli”.

 

Buona visione, alla prossima domenica ed al prossimo film!

 

Marco Bagarella

 

Per vedere il film, cliccate su questo link:

https://www.youtube.com/watch?v=Jcm7uMhwGGo