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08/08/2017 08:16:00

Petrosino, se il funzionario del Comune non vuole pagare le bollette dell'acqua...

 Un importante funzionario comunale del settore tecnico che non intende pagare le bollette del servizio idrico integrato. Con il Comune di cui è dipendente costretto a notificagli un decreto ingiuntivo. Con conseguente causa civile perché il “moroso” non intende pagare.

Al centro della vicenda c’è l’ingegnere Pietro Giacalone, 59 anni, originario di Sciacca, ex responsabile dell’ufficio Urbanistica del Comune di Petrosino. Incarico che, anni fa, fu costretto a lasciare a causa di vari problemi giudiziari (abuso d’ufficio e altro).

A sospenderlo dal servizio fu l’ex sindaco Biagio Valenti. Qualche tempo dopo, la riammissione al lavoro, seppur con altro incarico, a seguito di una serie di assoluzioni. Alcune arrivate in primo grado, altre in appello (nel febbraio 2012, il Tribunale di Marsala l’aveva condannato a 10 mesi di reclusione, con interdizione per un anno dai pubblici uffici, per l’illegittimo rilascio, secondo l’accusa, di una licenza edilizia).

Adesso, invece, da una delibera della giunta municipale emerge, infatti, che Pietro Giacalone non avrebbe pagato, per diverso tempo, le bollette del servizio idrico integrato. E il “debito” con l’ente di cui è dipendente ha raggiunto una cifra non indifferente (circa 20 mila euro). Fu nel dicembre 2013 che il Comune gli inviò un’ingiunzione di pagamento. Lui, però, assistito dall’avvocato Cira Anna Rini, replicò con un atto di citazione proposto innanzi al Tribunale di Marsala nel febbraio 2014. L’amministrazione comunale nominò, come legale, l’avvocato Francesco Ruccione e con sentenza numero 777 del 2016 il Tribunale confermò l’ingiunzione di pagamento, riconoscendo all’ingegnere Giacalone di non pagare soltanto le quote relative al canone fognario e di depurazione. Ma il tecnico non si è arreso e ha proposto appello. Per questo, adesso, la giunta del sindaco Gaspare Giacalone, ha nuovamente nominato l’avvocato Ruccione. La battaglia, dunque, prosegue. Anche perché, si legge nella delibera, “un’eventuale soccombenza arrecherebbe un danno certo all’Ente di circa 20.000 euro”.