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14/01/2018 06:00:00

"How I ended this summer", splendida partitura a due nel gelo dell'Artico

 Fa ancora freddo, molto freddo alle latitudini del vostro “Stalker”.

E, col freddo, sale una certa voglia di cinema misterioso ed affascinante, fatto con poche cose e di grandi prove attoriali, per tensioni narrate e su simbologie appena abbozzate; di isole, perché nessun luogo come quello dell’isola racconta meglio la condizione umana del nostro tempo. Mentre la lettura della sfera naturale è (o sembra) completa e non c’è un solo metro quadrato del pianeta con cui non si possa comunicare/interagire/assuefare, nel momento stesso in cui – proprio per tale noia istigata – ci si abbandona a realtà virtuali o a fantasie neuroniche, ecco che l’anima della vitalità (dell’uomo come del pianeta) si riprende la sua rivincita. Drammaticamente.

Questo intrigante film del regista russo Aleksej Popogrebskij, si inserisce alla perfezione all’interno della ‘nuova ondata’ del cinema post-ideologico che è montata – travolgendo, alla fine, le fragili difese di un sistema socioculturale oramai irrimediabilmente imploso – da un decennio a questa parte, in quello che fu l’impero sovietico.

Dal cinema della vertigine e della ipercreatività di una Renata Litvinova (di cui spero, prima della chiusa di questa seconda e corposa stagione, “Stalker” cercherà di proporvi qualche ‘cult’ inedito in Italia) a “Belye nochi pochtalona Alekseya Tryapitsyna” di Andrej Konchalovskij, da “Target” di Alexander Zeldovich ad “Under electric clouds” di Aleksej German, da “Ovsyanki” di Akleksej Fedorchenko fino al lavoro autoriale sia di un maestro di cinema come Sokurov (vetta irta ed assoluta!) che di un geniale allievo come Zvyagintsev (collina da cui si domina un paesaggio artistico invidiabile!), tutto può servire da traccia per ulteriori approfondimenti in tal senso. Per questa domenica, accontentiamoci di un gioiello misconosciuto che tanto dà per quanto richiede – in attenzione e sensibilità – allo spettatore.

Buona visione, ed al prossimo film…

 

Marco Bagarella

 

 

 

Dicono del film

 

Sul fragile traliccio di una trama che si può raccontare in poche parole e due soli attori, Aleksey Popogrebsky avvince poeticamente con un film privo di azione e quasi muto, tranne la trasmissione degli aridi dati numerici, che, se il paesaggio non fosse il protagonista eternizzato in impercettibili mutamenti, potrebbe interessare solo gli addetti ai lavori della scienza meteorologica. Impercettibili mutamenti, ma, nel ciclo dell’alternarsi delle stagioni, il Polo esplode in matasse furibonde di ghiacci che il vento solleva ad altezze in cui l’occhio umano si perde; niente alberi né movimenti selvaggi di foglie e di rami; i tralicci resistono all’urto delle tramontane selvagge; si salvano le case degli addetti al lavoro, fabbricate per garantire la vita di quelli che altrimenti impazzirebbero nella solitudine a due.

(Marcello Del Campo)

Splendida partitura a due nei gelidi paesaggi artici. La stazione metereologica dove è ambientata non è che un pretesto per metterci a confronto con un lascito devastante del passato, che ha contaminato la terra e gli animi. Profondamente russo, profondamente universale.

(Momasu)

 

 

 

Il film in streaming gratuito

 

https://openload.co/f/F3Z-7H7ryB0

 

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