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02/11/2018 06:00:00

Chi è Leo Sutera, il boss che poteva condurre alla cattura di Matteo Messina Denaro

E’ stato arrestato nei giorni scorsi “u profissuri”, Leo Sutera, boss di Sambuca di Sicilia e capo di Cosa nostra nell’agrigentino che, secondo alcuni magistrati della Procura di Palermo, era così vicino al boss di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, tanto che credevano potesse condurli alla sua cattura.

Proprio per questo, alcuni anni fa nell’occasione di un precedente arresto, la Procura guidata allora da Francesco Messineo si spaccò. C'erano, infatti, alcuni magistrati e tra questi il procuratore aggiunto Teresa Principato che erano convinti si potesse giungere al boss trapanese e non erano d'accordo con l’arresto di Sutera. 

Il nuovo fermo eseguito dagli uomini dello Sco e della Squadra mobile di Palermo e Agrigento, è stato emesso dalla Dda di Palermo e firmato dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Alessia Sinatra, Calogero Ferrara e Claudio Camilleri e giunge al termine di una lunga e complessa indagine che conferma come siano collegate tra di loro Cosa Nostra Palermo-Trapani-Agrigento e intorno alla figura del latitante di Castelvetrano.

Secondo i pm, Sutera in attesa di una nuova sentenza definitiva progettava di trasferirsi in Ungheria. Il boss di Sambuca oggi ha 68 anni, ha insegnato in un istituto professionale palermitano e con una sua dichiarazione spontanea ha detto al magistrato che il fatto di fuggire all’estero lo avrebbe detto a marzo del 2017 come sfogo mentre parlava con un ragazzo tunisino che lo accompagnava in udienza a Palermo e se voleva fuggire realmente, lo avrebbe fatto da tempo. 

Chi è Leo Sutera -  E' figlio di Leonardo Sutera, ucciso il 13 marzo 1985 in un suo terreno tra Sambuca di Sicilia e Santa Margherita Belice, fu lui, allora 35enne, a trovare il cadavere e dal padre ereditò la vecchia amicizia che aveva con il padre di Matteo Messina Denaro diventando, a sua volta, amico e sodale del superlatitante. Leo Sutera ha guidato, tra alti e bassi, la provincia mafiosa agrigentina. Con l’ascesa al potere di Giuseppe Falsone a capo provincia, il ruolo di Sutera venne ridimensionato anche se continuò a godere di un rispetto criminale da parte di tutti gli altri affiliati. E in questo senso è significativa la richiesta di intervento di Matteo Messina Denaroper risolvere una controversia sorta con il duo Falsone-Capizzi. Nel 2002 Sutera venne coinvolto nell’operazione “Cupola” quando vennero arrestati in un casolare di Santa Margherita Belice tutti i capi mandamento della Provincia che erano lì per eleggere Maurizio Di Gati quale nuovo capo; in quell’occasione Sutera, a causa di un problema fisico, fu sostituito da Pietro Campo ma rimase comunque coinvolto, poi arrestato e condannato. 
Nel 2016 gli furono sequestrati 400 mila euro, alcuni beni e una società, beni poi dissequestrati con provvedimento del Tribunale – sezione misure di prevenzione mentre dallo scorso anno è un sorvegliato speciale perché “socialmente pericoloso”.

I rapporti di Sutera con i boss palermitani, trapanesi e Messina Denaro - A giugno del 2012 carabinieri del Ros e poliziotti della Mobile seguono Cosimo Michele Sciarabba e Gaetano Maranzano, il primo era vicino ai mafiosi dei mandamenti di Misilmeri, Porta Nuova, Pagliarelli e Noce. Maranzano, invece, era considerato come il capo della famiglia mafiosa di Cruillas. I due, assieme ad un altro uomo giungono al quadrivio Campofiorito-Corleone, Contessa Entellina, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita Belice e da qui al bivio di contrada Miccina e poi a piedi fino ad un casolare in disuso dove incontrano Leo Sutera. Qualche giorno dopo il Ros filma Sutera nelle campagne di Sambuca che prelevò dal casolare un pizzino scritto, secondo gli investigatori, da Matteo Messina Denaro.
In un altro incontro con i boss palermitani sempre nel casolare di Miccina, Sutera li attende con Vito Campo che gli fa un report di un incontro inaspettato con una persona dal viso familiare: “... entro e chi c'è ?... la faccia era conosciuta... però un po' più asciutto... però era lui...”. Discussero di un lavoro che interessava il boss di Castelvetrano, che per prudenza aveva preferito non rivolgersi direttamente a Sutera “... dopo che sono salito che mi sono allontanato una ventina di metri... lui se ne è andato…”.

Gli affari di Sutera, “u patri ranni di Sambuca di Sicilia” – Così, “u patri ranni di Sambuca” lo definiva il suo autista da sempre senza patente. Il boss si occupava di appalti ed in particolare aveva messo le mani su due importanti subappalti, uno dei quali denominato “Il paese albergo” puntava ai finanziamenti destinati alla riqualificazione di Sambuca di Sicilia, dopo che due anni fa era stato proclamato come Il Borgo più bello d’Italia. Anche se sorvegliato speciale incontrava i boss di mezza Sicilia e con quelli trapanesi e palermitani programmava la ristrutturazione di Cosa nostra. Non si fidava di nessuno e dopo le diverse catture per mafia aveva preso le sue contromisure con un’attenzione maniacale verso le microspie e le intercettazioni. A casa sua a Sambuca di Sicilia, è stato trovato uno scanner collegato alle frequenze della Polizia e un frequenziometro, un apparecchio che rileva presenza di microspie.

Un passato da onnipotente - Oltre che ottimi rapporti con Matteo Messina Denaro, il boss di Sambuca aveva rapporti eccellenti con Leoluca Bagarella cognato di Totò Riina. Anche per questo era considerato il punto di riferimento dell’organizzazione criminale e di molti mafiosi del calibro di Antonino Di Marco, che ha chiesto a Nicola Parrino, arrestato nell’ambito dell’operazione “Grande passo“, se conoscesse qualche referente mafioso di spessore nella provincia agrigentina e in particola a Sambuca. Richiesta avanzata da Di Marco anche a Leoluca Di Miceli che ad un certo punto faceva notare la mancanza di potere in quel momento per via dell’arresto di Sutera.