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28/01/2019 06:00:00

I figli dei boss di una volta e noi orfani della mafia che fu...

 Diverse cose sono successe, significative, sul fronte della lotta alla mafia, negli ultimi giorni. La più importante, per l’eco avuta, è l’operazione antimafia con cui sono stati arrestati i nipoti di boss da novanta della mafia che fu, Michele Greco, il “Papa”, e Salvatore Lo Piccolo.

Volevano riorganizzare la cupola, anche loro.E anche loro sono stati subito presi, sti ragazzotti qua, in un’azione di contrasto ormai efficace e che non permette a nessuno dei mafiosi di tentare di rialzare la testa. La fotografia di questi due rampolli di Cosa nostra, guasconi, violenti e tronfi, ci permette inoltre di tornare su un vecchio ritornello dell’antimafia dominante: i figli dei mafiosi oggi studiano nelle migliori università e si muovono per fare affari sporchi nell'alta finanza. Falso. I figli e i nipoti dei mafiosi, fanno i mafiosi. Perché altro non gli è stato insegnato. Si, ci sarà qualcuno che ha fatto un master in alta finanza per continuare a “mafiare” in Borsa, ma in realtà sulla base della mia esperienza sul campo, ci credo poco. I figli dei mafiosi non studiano, cercano la strada facile della violenza, dell'estorsione e della truffa.

Anche perché se studiassero, forse non sarebbero mafiosi. A proposito: io di figli di mafiosi che hanno continuato l’epopea criminale di famiglia studiando alla Bocconi o in un qualche college non ne conosco. Conosco invece figli di mafiosi che hanno studiato e studiato tanto, per riscattarsi dalla loro famiglia, separarsi dalla storia criminale dei loro padri. Il tutto, in silenzio, con sacerificio, senza cercare facili riflettori dell’antimafia, o inventarsi vittime della mafia. Un giorno, chissà, qualcuno dovrebbe raccontarle queste storie: figli di mafiosi che hanno detto no alla mafia.

Le altre notizie: un’operazione antimafia a Viterbo e un’altra ad Aosta. Le mafie al nord, dunque, che si infltrano, come ci raccontiamo in mille convegni. Falso. Le mafie al nord non sono infiltrate: ci sono, e da tempo. Ora si vedono, ma sono lì da un pezzo. Ed è l’ora di prendere atto che la Sicilia è, dal punto di vista della criminalità organizzata, la terra meglio presidiata d’Europa, per l'efficacia della reazione di magistratura e forze di polizia ogni volta che un mafioso tenta di rialzare la testa. Altrove, invece, no. 

Il fatto è che noi pensiamo sempre che la mafia si sia “inabissata”. Il ragionamento che si fa è questo: prima c’erano i Corleonesi, Totò Riina e dintorni, con la loro violenza, adesso la mafia si è inabissata, fa strategie più sottili, è più accorta. Falso.
E’ proprio il contrario: la mafia è stata sempre inabissata, accorta, i boss hanno sempre costruito relazioni con la migliore classe dirigente, la bella borghesia, i partiti, le grandi imprese, soprattutto quelle del Nord.  Poi sono arrivati i Corleonesi: loro sono stati una parentesi di feroce violenza all’interno di Cosa nostra. Quasi un esperimento in laboratorio, Finita l’era dei Corleonesi, grazie alla reazione dello Stato, la mafia è tornata quella che era: camaleontica, indecifrabile, sommersa.
Se questo è il tema, come affrontarlo? Chi è al governo, in questo momento, oltre l’arma del populismo giudiziario e delle manette facili per tutti, non ha grandi idee. Forse perché non ha grandi intelligenze. Siamo tutti orfani della mafia che fu, e non abbiamo idea di come affrontare le relazioni tra mafia e classe dirigente. 

Dai vertici della Dia insistono: questo è l’anno buono per prendere Matteo Messina Denaro. Se non è morto, prima o poi lo prenderanno, certo. Ma questa rischia di essere una non notizia. Prenderemo Messina Denaro come si prende un fuggitivo, ma nel frattempo la mafia si è già spostata altrove, e noi ancora non lo capiamo.

Giacomo Di Girolamo



Editoriali | 2024-03-26 06:00:00
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