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17/07/2019 06:00:00

Nicastri inguaia la Lega e Siri: ecco le prove della tangente data da Arata

 Da Vito Nicastri, il re dell’eolico di Alcamo, sospettato di legami con il superlatitante Matteo Messina Denaro, e che sta collaborando con i magistrati, sono arrivati “elementi utili” a sostenere l’accusa di corruzione contro il senatore ex sottosegretario leghista Armando Siri e l’imprenditore Paolo Arata, che di Nicastri è considerato socio occulto.

Dal carcere il boss dell’eolico ha iniziato a collaborare, convincendo la procura di Roma a chiedere un incidente probatorio sia per lui che per il figlio Manlio.

Si tratta - scrive il Corriere della Sera - di una mossa che svela l’intenzione dei pubblici ministeri di “cristallizzare” dichiarazioni che confermerebbero il quadro accusatorio.

E fa capire - prosegue il Corriere - come gli stessi pm ritengano di aver imboccato la pista giusta, contestando a Siri il reato di corruzione per avere “ricevuto indebitamente la promessa e/o dazione di 30.000 euro da parte di Arata”. Una tangente in cambio dell’“asservimento ad interessi privati” dell’allora sottosegretario al ministro delle Infrastrutture, il quale si sarebbe dato da fare “proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti l’inserimento in provvedimenti normativi” di “emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il cosiddetto minieolico”.

Repubblica ricorda come le pressioni di Siri sul ministero dello Sviluppo Economico per far inserire un emendamento prima nel decreto legislativo sugli incentivi per gli impianti, poi nella legge di bilancio, siano state confermate dai vertici del ministero.

Non solo: secondo i magistrati romani Arata ha sfruttato tutte le sue conoscenze nella politica (è stato anche ex deputato di Forza Italia) per cercare, in fase di formazione del governo gialloverde, di garantire all’amico leghista un ruolo di prestigio. A questi indizi, ora i pm voglio aggiungere le dichiarazioni dei due Nicastri. L’incidente probatorio, che prevede il contraddittorio, permetterà infatti di cristallizzare quelle dichiarazioni una volta per tutte. E di non doverli riconvocare, semmai sarà, a processo.

LA VICENDA.  Nicastri, «boss dell’eolico», imputato per mafia (c’è una richiesta di condanna a 12 anni di galera) e sospettato di legami con il superlatitante Matteo Messina Denaro, un anno fa era agli arresti domiciliari. Suo figlio Manlio invece era libero, e per conto del padre teneva i rapporti con l’esterno; dunque anche con Paolo Arata e il figlio Francesco, impegnati nello stesso ramo imprenditoriale e con buoni agganci a Roma. Soprattutto Arata sr., già deputato di Forza Italia, poi consulente della Lega per le questioni energetiche e in stretto raccordo con Siri, che riuscì a ottenere il posto di sottosegretario se non al ministero dello Sviluppo economico almeno in quello delle Infrastrutture.

Parlando al figlio Francesco e a Manlio Nicastri, Arata spiegava che l’emendamento che avevano tanto a cuore sarebbe passato, facendo capire che Siri si stava dando da fare per questo. In cambio di soldi, anche se era un amico, «ma gli amici vanno pagati...». In quei discorsi compaiono i riferimenti ai 30.000 contestati dai pm romani. Negati dagli indagati, Siri e Arata, ma — si intuisce ora — non da Nicastri. Che dopo il nuovo ordine d’arresto (il 12 giugno, insieme agli Arata) ha deciso di cambiare atteggiamento. E con i pm di Roma avrebbe ammesso che proprio dal suo socio occulto aveva saputo della promessa della tangente per Siri in cambio degli emendamenti che servivano a loro.