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25/07/2019 06:00:00

Cosa Nostra trapanese e Messina Denaro continuano ad influenzare l'economia del territorio

Le forti potenzialità di sviluppo del territorio trapanese trovano difficoltà ad esprimersi pienamente, a causa della pressione della criminalità organizzata e del radicamento di una mentalità mafiosa che, con i suoi meccanismi operativi, è difficile da superare e non può, comunque, essere contrastata solo per mezzo dell’azione investigativa delle forze dell’ordine”, così si legge nella 2^ relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia presentata nei giorni scorsi in parlamento, riguardo al territorio della provincia di Trapani e della influenza che questo subisce dalle organizzazioni criminali che si sviluppano con maggiore facilità nell’ambito di situazioni socio-economiche depresse, peraltro aggravate da croniche carenze infrastrutturali, come quelle legate al settore aeroportuale.

Il contesto socio-economico - Il contesto criminale della provincia continua ad essere caratterizzato dalla presenza pervasiva di Cosa nostra, la quale, oltre a monopolizzare la gestione delle più remunerative attività illegali, condiziona pesantemente il contesto socio-economico. Fortemente radicata sul territorio e disciplinata da regole vincolanti, la consorteria non presenta segnali di cambiamento organizzativi, strutturali o di leadership. La stessa continua, infatti, a mantenere la tradizionale struttura organizzativa unitaria e gerarchica. Nel dettaglio, per quanto concerne la relativa articolazione, il territorio della provincia risulta sempre suddiviso in quattro mandamenti: quello di Alcamo con tre famiglie, quello di Castelvetrano con sei famiglie, quelli di Mazara del Vallo e di Trapani, entrambi con quattro.

I quattro mandamenti - Le posizioni di vertice all’interno dei mandamenti di Trapani, di Alcamo e di Castelvetrano: i primi due continuano, infatti, a fare riferimento a noti esponenti di storiche famiglie mafiose condannati all’ergastolo, mentre il terzo al latitante Matteo M. Denaro. Più dinamico, invece, lo scenario del mandamento di Mazara del Vallo, una delle articolazioni criminali storicamente di maggior peso negli equilibri di Cosa nostra, nonché tra le più decisive per l’affermazione, in seno alla citata organizzazione, della leadership corleonese.

Nel 2° semestre del 2018 gli investigatori segnalano le scarcerazioni del fratello e di un cognato di Matteo Messina Denaro, e un’operazione che a vario titolo vede indagati 22 persone per associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi ed intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalle modalità mafiose. Tra i destinatari del provvedimento restrittivo figurano il latitante Matteo Messina Denaro due suoi cognati – uno dei quali investito del ruolo di reggente del mandamento di Castelvetrano, – il capo del mandamento di Mazara del Vallo e quello della famiglia di Partanna.

Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993, è ancora il principale latitante di Cosa nostra. Alleato con i Corleonesi, ne ha favorito la scalata al potere, condividendo, con il padre Francesco e la propria famiglia - di sangue e di appartenenza mafiosa - l’idea stragista. Al di là della carica formale ricoperta in Cosa nostra quale capo mandamento di Castelvetrano e rappresentante provinciale di Trapani, lo stesso impersona ancora la figura criminale più carismatica, in libertà, dell’organizzazione mafiosa trapanese. Il latitante continua, inoltre, ad essere il principale punto di riferimento, per il tramite dei familiari, per le questioni di maggiore interesse dell’organizzazione, per dirimere controversie, ricomporre dissidi, stemperare critiche, moderare perplessità e ambizioni o per nominare i vertici delle diverse articolazioni mafiose della provincia.

Al pari di altri sodalizi criminali siciliani, anche in Cosa nostra trapanese si colgono elementi di criticità dovuti, tra l’altro, alla crisi di liquidità e alla difficile comunicazione interna tra gli affiliati. In particolar modo, la consorteria mafiosa trapanese risulta sempre più indebolita a causa dell’incessante attività di contrasto degli apparati investigativi: la stessa è ovviamente finalizzata anche alla cattura del latitante, anche attraverso l’erosione dell’ampia rete di protezione di cui lo stesso gode da decenni, che passa dai numerosi arresti e dai consistenti provvedimenti di sequestro e confisca patrimoniali, che colpiscono i molteplici prestanome e fiancheggiatori, compresi gli imprenditori collusi con Cosa nostra trapanese.

Malcontento e insofferenza degli affiliati alla leadership di Messina Denaro - Per quanto l’organizzazione mafiosa trapanese sia caratterizzata da una diffusa e sentita fedeltà nei confronti della figura del latitante del Belice, recenti indagini hanno documentato anche dei segnali di malcontento. E ciò sia da parte di alcuni affiliati insofferenti nei riguardi di un’egemonia troppo prolungata ed ingombrante, sia da parte di altri sodali che, invece, all’opposto, lamentano una gestione di comando troppo impegnata a curare una sempre più problematica latitanza, a discapito di una presenza e di un’attività di direzione sul territorio più pregnanti. A titolo di esempio, si richiama ancora la citata, recente indagine “Anno zero”, dell’aprile 2018 che ha rivelato, in seno al mandamento di Castelvetrano, l’esistenza di una contrapposizione tra alcuni esponenti della famiglia di Campobello di Mazara e quella di Castelvetrano sulla spartizione di proventi illeciti: per superare tali criticità, si è resa necessaria la presa di posizione del cognato di Messina Denaro, forte dell’investitura al vertice del mandamento ricevuta dal latitante.  Dalle indagini continua ad emergere come Messina Denaro privilegi, nella scelta dei soggetti da porre nei ruoli di vertice dell’organizzazione mafiosa, appartenenti alla propria cerchia familiare o comunque persone di fiducia a lui vicine. Per averne protetto la latitanza, nel corso degli anni sono stati arrestati: la sorella, il fratello, cognati, cugini, nipoti, nonché una nutrita cerchia di fidatissimi fiancheggiatori, prestanome ed affiliati.

Le attività imprenditoriali di Cosa Nostra trapanese - Una caratteristica non nuova, atteso che, storicamente, la mafia trapanese si caratterizza per una forte propensione imprenditoriale, concretizzatasi nel controllo di settori importanti dell’economia locale, quali l’edilizia, la produzione di conglomerati bituminosi e cementizi, il movimento terra, l’attività estrattiva. Correlati ai citati settori sono poi gli appalti pubblici, che costituiscono da sempre una primaria fonte di finanziamento di Cosa nostra, capace di condizionare anche le fasi successive all’aggiudicazione, attraverso i subappalti, le forniture, i noli e l’imposizione di manodopera. Accanto ai citati ambiti tradizionali, Cosa nostra trapanese ha saputo infiltrarsi anche nella grande distribuzione alimentare, nell’ambito turistico alberghiero, nei lavori connessi alla realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili218, nelle scommesse e nel gioco on line, nella grande industria manifatturiera e negli investimenti immobiliari, realizzati anche attraverso la partecipazione alle aste giudiziarie. Da rilevare, poi, il forte interesse ad accedere ai finanziamenti pubblici, siano essi regionali, statali, che comunitari.

A tal proposito si cita l’arresto eseguito dalla Polizia di Stato nelle campagne trapanesi, ad ottobre 2018. Significativa, nel merito, l’operazione “Eris” che sarà successivamente meglio argomentata. Al riguardo si rammenta che comunque, già nel semestre precedente, in data 13 marzo 2018, la DIA e l’Arma dei carabinieri, a conclusione di due parallele attività d’indagine, con l’operazione “Pionica”, avevano dato esecuzione congiunta ad una confisca disposta nei confronti, tra l’altro, di un noto imprenditore alcamese operante nel settore dell’energia eolica: il patrimonio dello stesso era già stato sequestrato dalla DIA ed è stato stimato del valore di oltre 1 miliardo di euro.

Prestanomi, sequestri milionari e latitanza del boss - Basti pensare al valore miliardario dei patrimoni sequestrati e confiscati nel corso degli anni ai tanti prestanome o soggetti in accertati rapporti con il latitante. Tale dato fornisce una chiara indicazione del potere di penetrazione economica e dell’affarismo di cui il soggetto criminale è stato capace nel tempo: dall’edilizia al settore delle energie rinnovabili, dalla grande distribuzione al comparto turistico-alberghiero, fino alle opere d’arte. Una latitanza così lunga, che si protrae dal 1993, così come era già accaduto per il padre, è stata resa possibile, oltre che attraverso un’estesa rete di complici e di favoreggiatori, per mezzo di una cospicua disponibilità di mezzi e di risorse economico-finanziarie.

Cosa nostra trapanese mostra una notevole capacità di adattamento in relazione alle esigenze e alle opportunità affaristiche. Dalle recenti indagine è emerso che, oltre che nei tradizionali ambiti economici, si è significativamente infiltrata nei settori della raccolta delle scommesse e dei giochi on line, anche grazie al capillare controllo del territorio e al consueto ricorso all’intimidazione. A tal proposito si evidenzia che in data 19 aprile 2018, nell’ambito della citata operazione “Anno zero”, è stato sottoposto a fermo un giovane imprenditore di Castelvetrano, operante nel settore.

Confisca beni Patti - Il 24 novembre è stato eseguito il sequestro, con contestuale confisca, per un valore complessivo di circa 1,5 miliardi di euro, nei confronti degli eredi dell’imprenditore di Castelvetrano, Carmelo Patti, deceduto nel 2016. Un patrimonio particolarmente rilevante costituito, tra l’altro, da 25 società di capitali (attive nel cablaggio di componenti elettrici per autovetture, nel comparto turistico-alberghiero, nel campo finanziario e nel settore immobiliare), da 3 resort in Sicilia e Calabria, da 1 Golf Club a Castel Gandolfo (RM), da un’imbarcazione in legno di 21 metri e da oltre 200 immobili e 400 ettari di terreno tra Sicilia, Calabria, Campania e Lombardia. Le indagini hanno dimostrato che l’ascesa economica del destinatario del provvedimento era stata agevolata dal sistematico ricorso a meccanismi fraudolenti, nonché dai suoi legami con appartenenti alla famiglia mafiosa di Castelvetrano; rapporti questi confermati anche dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Da rilevare, inoltre, che un suo stretto collaboratore, con importanti cariche in molte società del gruppo e persona di piena fiducia, era un congiunto del latitante MESSINA DENARO.

Il condizionamento delle amministrazioni e il controllo dello spaccio di droga da parte di Cosa Nostra - Per quanto nel semestre non siano intervenuti provvedimenti di scioglimento di Enti locali o vi sia stato l’insediamento di nuove Commissioni d’accesso, non può essere trascurata, in prospettiva, la capacità delle consorterie trapanesi di condizionare gli apparati burocratici e amministrativi locali. Sul territorio provinciale continuano a destare un certo allarme sociale anche i reati predatori e lo spaccio locale di stupefacenti, gestito anche da piccoli gruppi criminali. Riguardo gli stupefacenti, nel caso di traffici internazionali, la gestione è ad appannaggio diretto di Cosa nostra.

Gruppi criminali stranieri  in provincia e immigrazione clandestina - Nella provincia si segnala la presenza di alcuni gruppi delinquenziali stranieri, specie di origine nordafricana, impegnati, spesso in collaborazione con cittadini italiani, nelle attività illecite connesse al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed al contrabbando di tabacchi lavorati esteri. Dalle recenti attività investigative non è emerso il palese e diretto coinvolgimento di esponenti della criminalità mafiosa locale. Ciononostante, non si può trascurare la possibilità che anche tali business criminali possano attirare l’attenzione delle consorterie mafiose, specie nelle fasi successive agli sbarchi, nell’ambito della gestione dell’accoglienza e del trasferimento dei migranti. Infine, per quanto non si abbiano, allo stato, specifiche evidenze di contatti in essere, è utile ricordare come una delle cinque storiche famiglie mafiose operanti a New York sia originaria di Castellammare del Golfo. Ciò, nella considerazione che alcune dinamiche evidenziatesi in pregresse indagini che hanno toccato la vicina Palermo, hanno fatto emergere collegamenti di Cosa nostra con le omologhe consorterie criminali statunitensi.