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22/02/2020 06:00:00

Antiracket, a Trapani il convegno "La cultura strumento di lotta contro la mafia"

“Nel tempio della cultura la scuola, non si può non parlare della cultura della legalità” così affermava il 26 gennaio del 1989 Paolo Borsellino, seduto a fianco del professor Vincenzo Guidotto, durante un incontro con gli studenti di un istituto tecnico di Bassano de Grappa.

L’Aula Magna del Polo Universitario è colma di studenti di alcuni istituti superiori di Trapani in occasione del convegno “La Cultura strumento di lotta contro la mafia” organizzato dalla Associazione Antiracket e Antiusura Trapani. Oggi, al lavoro svolto dalla magistratura e dalle forze dell’ordine si affianca quello delle scuole con la partecipazione a iniziative come il “Progetto Educhiamo alla Legalità” che rappresenta a livello nazionale un’azione positiva di sensibilizzazione e di crescita della coscienza sociale. Eppure nelle scuole che hanno organizzato attività di formazione riguardanti direttamente o indirettamente il tema della criminalità organizzata rivolte ai propri allievi, rimane ancora bassa la percentuale delle attività che hanno insistito specificamente sulla lotta alla criminalità organizzata nel territorio di riferimento.

Purtroppo non posso ringraziare dirigenti e insegnanti che non hanno aderito all’iniziativa” e così esordisce il professor Vincenzo Guidotto, oggi il Presidente dell’Associazione Antiracket e Antiusura Trapani, in apertura “Questa è una critica doverosa – continua - perché laddove non c’è critica quando si parla di mafia allora c’è ipocrisia. Io mi auguro che le scuole che non hanno aderito rispettino le disposizioni ministeriali in materia di educazione alla legalità finalizzata alla lotta alla mafia”.

Il ciclo di seminari sul racket e usura, nel tragico contesto del fenomeno mafioso, rientra nelle azioni previste dal protocollo di intesa stilato tra Associazione Antiracket e Antiusura Trapani e Ufficio Scolastico Provinciale in accordo con le linee di indirizzo di Fioroni del 2007, il cui paragrafo ‘Educazione alla legalità finalizzata alla lotta alla mafia’ è stato scritto proprio dal professor Vincenzo Guidotto.
La lotta alla mafia e alle altre forme di criminalità organizzata valica i confini regionali e per questo richiede in ambito scolastico un impegno prioritario da parte di tutto il corpo docenti. Non a caso il primo intervento è affidato a Maria Concetta Marino, nel direttivo dell’Associazione Antiracket e docente istituzionalmente vocata a specifica responsabilità educativa e promozionale in questo campo.

L’Associazione Antiracket e Antiusura predilige l’incontro con i giovani perché crediamo molto che loro possano cambiare le cose. Il futuro della legalità è nelle loro mani. - afferma Marino - Laddove il contrasto alla mafia rimane solo esclusivamente appannaggio delle forze dell’ordine e della magistratura, l’obiettivo di scardinare il sistema corrotto non si può raggiungere. Una strategia fondamentale è fornire ai ragazzi gli strumenti e la cultura attraverso il sistema scolastico. Perché la scuola in tutti i vari ordini ed anche l’università non fa altro che formare il cittadino non solo italiano ed europeo, ma in senso stretto colui che deve sviluppare attraverso la conoscenza e l’educazione quello spirito critico necessario a saper dire no alla mafia”.

Il suo ‘no alla mafia’ lo racconta Giovanni Burgarella, testimone di giustizia: “E’ di 7 anni fa l’ultimo regalo che mi ha fatto la mafia, quando mio fratello, tre anni meno di me, si è tolto la vita, perché era mio fratello e non ha più potuto trovare lavoro. Addirittura l’aveva trovato ma, l’ho saputo qualche giorno fa, hanno costretto l’imprenditore che aveva preso il documento per assumerlo a non farlo più lavorare”. Un inizio forte quello dello “storico” sindacalista della Cgil trapanese che ha raccontato nei particolari il sequestro subito nel 1980, le minacce alla famiglia, la scelta di denunciare i suoi aguzzini, il successivo attentato alla sua persona in cantiere camuffato da incidente, la lotta come sindacalista al lavoro nero, l’incendio della macchina, la vita sotto scorta. “La lotta alla mafia, la lotta alla illegalità si può fare in tante maniere: io l’ho fatta denunciando i fatti. Qualcuno mi domanda se ho avuto paura. Ma certo che ho avuto paura! Solo i cretini non hanno paura”. La voce a tratti tradisce emozione, ma il tono si fa fermo quando alla fine aggiunge “Dobbiamo denunciare, dobbiamo fare il nostro dovere, essere vicini alle istituzioni ma dobbiamo pretendere dalle istituzioni anche più impegno, maggiore controllo e presenza nel territorio”.

Territorio quello trapanese dove non si registrano episodi di racket, come precisato dal professor Enzo Guidotto, nella intervista video a seguire. Non perché il fenomeno sia inesistente in città e provincia, ma per mancanza di denunce. “Vi dovete ricordare che la mafia è nata qua” precisa Giovanni Leuci, primo Dirigente Polizia di Stato, rivolgendosi ai ragazzi “In via Argenteria ha sequestrato un sindacalista, a Pizzolungo ha ammazzato una mamma con dei bambini, ha rapito e ammazzato a Palma di Marausa un poliziotto penitenziario, a Lenzi un giornalista, a Valderice un magistrato. Quindi è qua la mafia non è il corona virus che è a Wuhan e ci mettiamo le mascherine a Birgi”.

E’ la mafia che non permette al territorio di crescere, che impone condizioni di lavoro irregolari e sostiene il flusso migratorio dei giovani. Uno studio del Censis stabilisce che senza il condizionamento mafioso degli imprenditori del meridione negli ultimi tempi il sistema economico del sud avrebbe potuto creare 180.000 posti di lavoro.

A Trapani la mafia cerca il consenso sociale, cercando di non fare racket o estorsione porta a porta. Storicamente la mafia a Trapani ha cercato di controllare l’economia lecita attraverso il controllo delle imprese edili, le forniture del calcestruzzo, l’assunzione dei professionisti, attraverso il controllo dei sindacati, delle forze dell’ordine e dei magistrati. E’ una mafia che vi sta seduta a fianco - continua Leuci -  E’ per questo che ne dovete avere paura. Ma la paura deve essere uno stimolo positivo. La paura deve darvi lo stimolo e il coraggio di affrontare quel male, quale che esso sia. Vincerlo non è una battaglia vostra, ma una battaglia di noi forze dell’ordine e dei magistrati.

Creare una coscienza collettiva antimafia è l’obiettivo di questi convegni nelle scuole e la sua formazione passa anche, e forse prima di tutto, per la narrazione della storia recente fatta di stragi e omicidi. Il primo intervento in questo senso è affidato a Roberta Gatani, figlia di Adele Borsellino e nipote di Paolo, rappresentante a Trapani del Movimento delle Agende Rosse creato da Salvatore Borsellino, fratello del magistrato.

Lo scopo primo di questo movimento è quello di fare luce su questo vuoto di verità enorme che c’è in questa strage di via d’Amelio - spiega la s.ra Gatani - Ad oggi sono passati 28 anni e si sa davvero poco. Si sa chi è l’esecutore materiale ma manca il mandante”. Ha quindi raccontato delle verità parziale basata sulle rivelazioni del pentito di mafia Spatuzza, della scomparsa della agendina rossa, della trattativa Stato-Mafia.

Per avere l’altra parte della verità che sicuramente è più importante occorrerebbe si facesse avanti un pentito di stato, quindi qualcuno che n quegli anni faceva parte delle istituzioni, sapeva quello che stava succedendo e abbia la volontà di venircelo a raccontare. Come coordinatrice del Movimento delle Agende Rosse e familiare di Paolo Borsellino vado avanti perché la verità si venga a sapere. E’ un nostro diritto. Nostro, intendo di tutti i cittadini”.

L’intervento di Roberta Gatani volge poi sulle attività di prevenzione e di promozione della legalità svolte nella “Casa di Paolo”, luogo che offre una alternativa all’educazione e alla cultura trasmessa all’interno di nuclei familiari contigui a contesti mafiosi. Fondata da Salvatore Borsellino ha “l’obiettivo di conservare l’ottimismo di Paolo Borsellino nelle nuove generazioni”.

L’Associazione Antiracket e Antiusura Trapani da febbraio 2019 ha coinvolto 15 gruppi di classi delle scuole di grado superiore di Trapani, Castellamare e Alcamo. Ad ogni classe è stata assegnata la lettura del libro Arance Rosse, racconto-dialogo tra un magistrato e una studentessa di Gianluca Prestigiacomo. Alcune copie saranno destinate alle biblioteche scolastiche, altre a studenti che si distinguono per sensibilità e attenzione verso questo problema.

La studentessa descritta nel libro è ispirata ad Alice Grassi, figlia di Libero Grassi ucciso da Cosa Nostra dopo essersi opposto a una richiesta di pizzo. Ha scelto di intervenire per ultima Alice Grassi “perché mi piace molto parlare con i ragazzi”. Prima di iniziare a raccontare, si accerta se i ragazzi conoscano il padre per averne parlato in classe o per il film tratto dalla storia, o se non lo conoscano affatto. “Abbiamo permesso fosse fatto un film su mio padre perché un giorno mio figlio che andava al liceo un giorno è tornato a casa e mi ha detto “mamma com’è possibile che i miei compagni non sanno chi è il nonno?”. Tra l’altro un liceo vicino al luogo dove è morto mio padre”. Inizia poi a raccontare chi era Libero Grassi, la denuncia l’isolamento sociale e l’abbandono delle istituzioni, arrivate a negare l’esistenza del pizzo come sistema consolidato a Palermo. Ma il suo intervento non è solo volto alla memoria, Alice Grassi tiene a trasmettere il concetto di sostegno a chi denuncia.

Apre al dibattito e ad uno studente che osserva come molti non denunciano per paura di ciò che può accadere dopo, rassicura: “Oggi chi denuncia è molto più sicuro. Innanzitutto perché non viene lasciato solo. In parecchie città sono presenti le associazioni antimafia per cui la gente viene accompagnata nella denuncia. Lo Stato ha creato strumenti come il fondo di solidarietà, intervenendo non solo in casi di omicidi ma anche per aiutare imprenditori in casi di racket.” Esiste anche una app, YouPol, che consente le segnalazioni direttamente alla polizia di Stato in tutta sicurezza, un nuovo modo per denunciare alle autorità competenti fatti di cui si è testimoni diretti o notizie di cui si ha conoscenza indirettamente. 

Anna Restivo