Quantcast
×
 
 
07/04/2020 06:00:00

Sicilia, i “gattopardi” negli enti pubblici e l’anticorruzione di facciata

Dopo l’antimafia di facciata, c’è “l’anticorruzione di facciata”. Non usa mezzi termini il procuratore della Corte dei Conti per la Sicilia, Gianluca Albo, nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2020. Un’inaugurazione diversa, senza cerimonie pubbliche, a causa dell’Emergenza Coronavirus. Albo ha scelto di pubblicare la sua relazione. Una relazione che contiene giudizi netti e pesanti su come le pubbliche amministrazioni stiano gestendo la lotta alla corruzione.

In Sicilia, scrive il Procuratore Albo, “L’Amministrazione non può essere vittima di se stessa per buonismo e reciproca, complice, comprensione tra organi di indirizzo politico e organi di gestione, e non può reagire alla corruzione e alla mala gestio affidandosi alla retorica di stile o confidando nell'intervento giudiziario per deresponsabilizzarsi”.
Sull’Isola, continua Albo, "si è ben lontani da una presa di coscienza del ruolo primario affidato alla stessa Amministrazione nel contrasto alla corruzione" e "la tendenza delle amministrazioni è di rimuovere l'obbligo anticorruzione concreto preferendo, sovente, l'anticorruzione di facciata, quest'ultima affidata alla convegnistica di settore, dichiarazioni di intenti e sterili invettive intrise di logica gattopardesca".

All’anticorruzione di facciata Albo arriva, nella sua relazione, dopo aver citato il caso Montante e l’antimafia di facciata dell’ex numero uno di Sicindustria.
"La definizione, in primo grado, del cosiddetto processo Montante - sostiene Albo - ha dato un importante segnale di reazione dello Stato al sistema dell'antimafia di facciata che si era insidiosamente accreditata nelle istituzioni che spesso ingenuamente, ma non sempre ingenuamente, si erano fatte 'coccolarè da tensioni metagiuridiche sapientemente camuffate dalla, purtroppo diffusa, cultura dei simboli e delle solenni affermazioni di principio".


La Corte dei Conti in Sicilia ha il suo bel da fare,
in sostanza, nell’attenzionare ciò che succede nelle pubbliche amministrazioni e non solo. Nel 2019 il conto delle condanne con rito ordinario ammonta, sempre in Sicilia, a 14,21 milioni di euro. Quelle comminate a seguito di richieste di risarcimento per reati amministrativi sono 64,82 milioni di euro. Con un incidenza dunque del 22%. Percentuale che sale al 56% se si considerano anche le sentenze emesse con rito abbreviato. Ammontano a 2,85 milioni di euro le somme che sono state recuperate per cassa per reati amministrativi di cui è occupata la Corte dei conti nel 2019.


Il procuratore si sofferma poi sullo stato di salute della Corte dei Conti siciliana, sulla capacità di azione, e denuncia la carenza di magistrati contabili sull’isola.

"Ad oggi - scrive nella relazione Albo - il numero di magistrati in servizio presso la Procura regionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana non può considerarsi ancora adeguato a far fronte ai notori e gravi fenomeni di 'mala gestio' che connotano le numerose ed eterogenee amministrazioni siciliane". Per quanto riguarda il personale amministrativo Albo evidenzia "anche quest'anno la carenza di funzionari di area 3, profilo necessario per assicurare qualitativamente l'attività di supporto ai magistrati".


Nonostante questo la Corte dei Conti ha ottenuto ottimi risultati.
Ma non può essere delegato tutto alla magistratura. E sul contrasto ai metodi corruttivi Albo si concentra anche sulla burocrazia siciliana, tutto parte da lì. “Risulta ancora distante dai moderni canoni di buona amministrazione e da risultati efficaci di sana gestione finanziaria, l’arcaico sistema di vigilanza della burocrazia regionale sugli enti regionali, ove la vigilanza formale della Regione finisce per legittimare il consolidamento di prassi arbitrarie e privilegi autogestiti dagli enti che compongono la galassia degli enti vigilati dalla Regione”.