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14/07/2020 06:00:00

Andata o ritorno? La storia di un figlio raccontata da Fabio Geda

di Marco Marino

Ci capita spesso di scrivere delle ultime novità editoriali, dei libri che stanno per uscire o di quelli che già affollano gli ingressi delle librerie, pronti per essere velocemente acquistati e riposti in borsa. Vogliamo puntualizzare subito una cosa: il libro di cui parliamo oggi non è una semplice novità editoriale. Non è un libro che si acquista di fretta perché non si ha qualcosa da leggere in spiaggia. Il libro di cui ci occupiamo è un appuntamento irrinunciabile con la storia - quella storia che forse andrebbe scritta con la "s" maiuscola. E' un racconto straordinario che molti aspettavano da tempo, si intitola Storia di un figlio. Andata e ritorno (Baldini+Castoldi) e i suoi autori sono Enaiatollah Akbari e Fabio Geda. Gli stessi Enaiatollah Akbari e Fabio Geda che dieci anni fa hanno firmato un libro che ha segnato la coscienza di tante generazioni di ragazze e di ragazzi, l'ormai famosissimo Nel mare ci sono i coccodrilli: la storia del viaggio del piccolo Enaiatollah, costretto a lasciare il suo paese per promettersi un futuro. Quella storia - anche qui si dovrebbe usare la maiuscola - presentava dei rimossi, dei luoghi della memoria ancora inesplorati, soglie che ancora non si erano volute varcare.

Storia di un figlio prova a raccontare quei rimossi, ad addentrarsi in quei luoghi inesplorati, a superare quelle soglie. Esce giovedì 16 in libreria, noi intanto abbiamo voluto farci anticipare qualcosa da Fabio Geda.

Dieci anni dopo Nel mare ci sono i coccodrilli avete voluto riannodare le trame della vostra storia e continuare a raccontarla. Vorrei cominciare da qui: perché, da cosa siete stati spinti?

Per anni mi hanno chiesto se mai avremmo fatto un altro libro, io ed Enaiatollah, e ho sempre detto di no. Per me non era nemmeno lontanamente pensabile scrivere un altro libro senza che questo partisse da un’esigenza di Enaiatollah. Il primo progetto, infatti, nasceva dalla mia esperienza di educatore: ho lavorato con Enaiatollah esattamente come lavoravo con i miei ragazzi in comunità-alloggio, cioè mai forzando la loro memoria, mai forzando la condivisione, la concessione, mai forzando i tempi. Nel mare ci sono i coccodrilli prende forma dalle molte domande che io ho fatto a Enaiatollah, è vero, ma bisogna precisare: sono le domande che io ho fatto a lui su quegli aspetti della sua storia che era disponibile a condividere, perché era già in atto un grande processo di elaborazione. C’erano altri aspetti della sua storia che lui non aveva ancora elaborato, e nel momento in cui volevo chiedergli qualcosa a riguardo, vedevo che faticava a parlarmene. Quando me ne accorgevo, facevo un passo indietro. Perché per me, prima di tutto, prima di qualsiasi cosa, prima della drammaturgia, prima del libro, prima delle esigenze narrative, c’era il rispetto dei suoi tempi e della sua storia.

E invece poi che è successo? Cosa vi ha fatto cambiare idea?

Lo scorso anno, proprio all’inizio 2019, mi è capitato di dirgli: sai, l’anno prossimo Nel mare ci sono i coccodrilli fa dieci anni, sarebbe bello festeggiare in qualche modo. E lui, dal nulla, se n’è uscito dicendo: e se lo festeggiassimo scrivendo un altro libro insieme? Io sono caduto dal pero, mai più immaginavo potesse succedere, per lui significava ritornare a pensare quegli anni terribili. Allora siamo ripartiti da zero, abbiamo ripercorso lo stesso lavoro fatto prima, non per farne semplicemente un sequel. Il punto di partenza è stato questo: a distanza di anni, ci sono cose che non abbiamo raccontato nel primo libro, che afferiscono a quegli anni lì, e che ora ti sentiresti di raccontare? Una delle prime cose che è emersa è ciò che era successo alla sua famiglia. Nel momento in cui io l’avevo incontrato la prima volta, Enaiatollah aveva da poco ritrovato sua madre, buona parte della storia nemmeno la conosceva, mentre oggi sì. E così che è nato Storia di un figlio, in maniera estremamente dialogica, stando dietro al personalissimo e intimissimo processo di rielaborazione della vita di un uomo.

Il sottotiolo di Storia di un figlio è "Andata e ritorno". Mi tornava in mente quel famoso passo di Novalis: «Dove stiamo dunque andando? Sempre verso casa». Ma oggi qual è la vera casa di Enaiatollah, l'Italia o l'Afghanistan?

Quel sottotitolo, in verità, vuole proprio essere una domanda. Noi vogliamo che il lettore leggendo il libro si chieda, del viaggio di Enaiatollah, qual è l’andata e qual è il ritorno. Lo si potrebbe leggere così: l’andata è stata Nel mare ci sono i coccodrilli e il ritorno adesso è lui che torna in patria, in Afghanistan, alla scoperta delle sue radici. Ma è pure vero che in questo libro c’è un’andata verso quella che una volta era casa sua e un ritorno a quella che è oggi la sua casa. Proprio le ultime pagine del libro si soffermano su questo sentimento che accomuna Enaiatollah a tantissimi migranti, sentirsi scissi tra due case, tra due mondi, tra due culture. Non scisso nel senso che ciò che emerge è la frattura, la separazione, la distanza. Scisso nel senso che ciò che emerge è la ricchezza e la profondità. Mi spiego: Enaiatollah dice di essere italo-afgano. Non sarà mai italiano, non sarà mai più soltanto afgano. È germinato, è sorto un nuovo essere umano. E in ogni migrante germina e sorge un nuovo essere umano, che deve essere rispettato nella sua unicità. Cosa che invece molto spesso, nella polemica politica e nella discussione spicciola da bar, non si fa, andando a tagliare tutto con l’accetta.

Lei ha dato forma al racconto di Enaiatollah. Una mia curiosità: mentre scriveva ciò che Enaiatollah le raccontava, chi era il suo lettore ideale, la persona cui indirizzava la sua scrittura?

Col primo libro avevo un solo lettore ed era Enaiatollah. Con questo libro, invece, i lettori sono diventati due: il primo è rimasto sempre Enaiatollah e il secondo sono diventati i tantissimi ragazzi di ogni età, che nelle scuole di tutt’Italia, in questi dieci anni, hanno letto Nel mare ci sono i coccodrilli. Buona parte delle questioni che stanno alla base di Storia di un figlio sono le domande che i ragazzi hanno fatto a me e a Enaiatollah sulla sua storia, sulla sua famiglia, che era successo a suo fratello, a sua sorella, se aveva più rivisto sua madre.

Ha accennato ai tanti lettori che in questi anni hanno letto Nel mare ci sono i coccodrilli: secondo lei, rispetto a dieci anni fa, come sono cambiati? Si approcceranno in modo diverso a Storia di un figlio?

Credo di sì, credo che i lettori di questo libro, come i primi lettori di Nel mare ci sono i coccodrilli, lo leggeranno in modo molto diverso rispetto a dieci anni fa. La consapevolezza e la coscienza del tema della migrazione si sono profondamente evolute in questo arco di tempo. Dieci anni fa noi andavamo in giro a parlare della storia di Enaiatollah a un pubblico che l’accoglieva anche con piacevole stupore, di chi non sapeva che ci fosse gente che faceva dei viaggi in mare per salvare la propria vita. Dieci anni fa non era scoppiata la vera crisi dei migranti, poi passata alla storia con quel lessico da guerra con cui una certa politica e un certo giornalismo ce l’ha venduta: «l’invasione» dovevano ancora arrivare. Negli anni, mi sono spesso sentito dire da molti lettori, ragazzi e non solo: ho letto questo libro e ho trascorso ore insieme a Enaiatollah, lungo tutto il suo viaggio, adesso che è entrato dentro di me e io ho abitato la sua storia, ecco, il mio sguardo su quelle persone non è più lo stesso. Mi confessavano un cambiamento. Poi che quel cambiamento sia durato dieci minuti, che sia durato un anno o se sia stato un cambiamento stabile, non lo so, non posso dirlo, però sicuramente sul breve periodo, sul medio-lungo periodo, una storia può cambiarti gli occhi. Può cambiarti il modo con cui guardi il mondo.

 Qual è il mondo che oggi accoglie Storia di un figlio?

Storia di un figlio esce in un momento storico in cui la polarizzazione su questi temi è molto più estrema di prima. Quindi sono sicuro che, da un lato, incontreremo diverse persone impegnate su questi fronti ma contemporaneamente ci troveremo davanti a persone accese sul fronte opposto. E questo sarà interessante. Oggi c’è chi ha fatto sue le parole di Don Milani: «Se c’è chi divide il mondo in italiani e stranieri, io mi sento in diritto di dividere il mondo in privilegiati e oppressi, e di dire che gli oppressi sono la mia patria e gli altri sono i miei stranieri». Per loro questo libro rafforzerà una condizione. Ma il nostro intento non è fare la predica ai convertiti, ci interessa soprattutto seminare il dubbio, stimolare lo sguardo di chi invece crede che nessuno debba spostarsi dal suo paese, che l’essere umano che sta per morire in mare deve essere lasciato morire in mare, di chi si arrende alla logica dei muri e dei confini per proteggere il proprio orticello. Staremo a vedere!