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30/12/2020 06:00:00

Il Natale che ci piace: storie di generosità a Marsala

di Marco Marino

Secondo gli ultimi dati del Censis, l’Italia è un Paese sempre più povero, insicuro e abbrutito. Il Coronavirus, quest’anno, non ha portato allo stremo soltanto il sistema sanitario nazionale, ma ha soprattutto corroso gli animi, rendendoci estremamente diffidenti, indebolendo le nostre speranze.

È in queste situazioni che sentiamo la necessità di contraddire quei dati, di dimostrare che l’Italia è un Paese diverso, che le città in cui viviamo non sono il riflesso del clima di sospetto e paura di cui sentiamo parlare in giro come condizione ineludibile. È in queste situazioni che avvertiamo il bisogno di raccontare storie, talvolta sotterranee, di prossimità e generosità.

E lo facciamo a partire dalla realtà a noi più vicina, Marsala. Con tre racconti che non devono essere gridati o sbandierati con comunicati stampa e cerimonie per trasmettere tutta la loro forza.

Per rintracciare il primo, basta superare l’ingresso della Libreria Giunti al Punto di via XI Maggio. Sono anni che la libreria pratica una silenziosa attività di beneficenza. Ogni estate, nel mese di agosto, attraverso l’iniziativa «Aiutaci a crescere: regalaci un libro» e la collaborazione dell’associazione Lisola, riesce a donare centinaia di libri al reparto pediatrico dell’ospedale della città. L’anno scorso 716 libri, nel 2020 sono arrivati a 951. Il metodo è semplicissimo: qualsiasi lettore può aggiungere alla sua spesa un libro da regalare, scrivendo un breve pensiero per i destinatari.

Non si circoscrive, però, a questa singola occasione il piano di promozione della lettura della libreria Giunti al Punto. Infatti, una parte importante del suo impegno si è concentrata sulle biblioteche scolastiche: dal 2016 al 2020 sono stati donati oltre 3000 libri alle scuole del territorio, tramite la biblioteca comunale che li ha distribuiti per i vari istituti.

Continuiamo il nostro viaggio, adesso. Stavolta la storia che vogliamo raccontare comprende un intero quartiere, il quartiere di Sappusi, e il suo cuore pulsante, il Centro Sociale. La rete di enti e associazioni che gravita attorno al Centro è formata dal presidio di Libera, gli Amici del Terzo Mondo, l'associazione Arché e l'Ufficio di Servizi Sociali per i minori del dipartimento del Ministero della Giustizia. Che quotidianamente, per tutto l’anno, si spendono per gli ultimi e i dimenticati.

Sono state moltissime le iniziative che hanno promosso. Innanzitutto, durante i mesi del primo lockdown, hanno aiutato le famiglie in difficoltà del quartiere, sostenendole con pacchi spesa di beni di prima necessità. E la loro azione non s’è certo arrestata con l’arrivo di questi difficili giorni di festa: hanno continuato a preparare dei consistenti pacchi natalizi, accompagnandoli a ceste di doni per i più piccoli. Frutto dell’altruismo dei tanti che nel mese di dicembre hanno donato alimenti, giocattoli e materiale di cancelleria per la scuola.

Al Centro è stata istituita, inoltre, una settimana di raccolta per le famiglie dei pescatori di origine straniera sequestrati in Libia, e oggi finalmente liberi. Pochi giorni fa, a Mazara del Vallo tutto è stato consegnato alle dieci famiglie dei pescatori tunisini, senegalesi e indonesiani.

Infine, per l’ultimo racconto, non dobbiamo spostarci troppo dal Centro Sociale. I protagonisti sono i volontari dell’Avo (Associazione Volontari Ospedalieri) che prima di Natale, con molta discrezione, hanno riempito l’albero della Chiesa Madonna della Sapienza, a Sappusi, con tantissimi regali per i bambini del quartiere. In particolare, quattro grandi pacchi erano rivolti alla prima infanzia e gli altri erano indirizzati ai bambi fino agli otto anni. Bisogna sottolineare due cose: è bello pensare che, nonostante i reparti ospedalieri siano chiusi, l’opera dell’Avo non si fermi, anzi confluisca in nuove forme di beneficenza; ed è giusto dire che l’albero della Chiesa, all’arrivo dei pacchi dell’Avo, era già pieno di presenti e doni, segno inequivocabile che la generosità in città non è affatto un sentimento rimosso.

Sono storie, dicevamo, che non hanno bisogno di essere gridate e sbandierate. Però è fondamentale che vengano ricordate, diffuse e replicate, perché ognuno di noi possa sentirsi parte di quell’idea di comunità e di fraternità che anima il nostro sguardo sul futuro.